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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc.4
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0341
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MISCELLANEA

ha il sorriso del bambino che si sollazza, sta già con
pensiero osservando gli effetti di quel suo intorbidare
la fonte dell’Amore di Elena.

A riconoscere Elena nella figura vestita, tutto può
concorrere senza contrasto: la sua bellezza, non infe-
riore a quella della Dea, il suo aspetto matronale di
sposa e il suo abbigliamento regale. Il cofanetto (se-
condo me una scatola da gioie ingrandita) che tiene
così gelosamente sotto il braccio sinistro può conte-
nere, invece che delle droghe magiche, qualche cosa
di più prezioso: delle gioie femminili, i suoi tesori.
I fiori che essa tiene nella destra, ma con non troppa
cura, possono aver relazione con la rosa sfogliata, che
giace sull’orlo del sarcofago e con la corona di fiorel-
lini che le cinge i capelli: sono i soliti ornamenti delle
donne di questa terra e delle spose in ispecie.

Nel paesaggio è rappresentata la stagione del-
l’amore, la primavera, come si vede in altre figura-
zioni tradizionali dell’arte, coi cacciatori e i due gio-
vani abbracciati; le farfalle che volano sui fiori, e i
conigli simbolo della fecondità. Forse è un voler in-
terpretare troppo pensando anche che i pastori allu-
dano alla condizione e alla patria di Paride ; ma è
probabile che abbiano relazione con la scena princi-
pale quelle due piccole vele, che con vento propizio
solcano il mare aU’orizzonte a destra.

E ora veniamo al sarcofago, dove, secondo me,
sarebbe continuato il racconto del mito di Elena, dove
sarebbero spiegate le tristi conseguenze dell’aver dato
ascolto alle parole di Venere. Tutta questa rappre-
sentazione probabilmente gli fu ordinata dal commit-
tente, ma Tiziano non riuscì a esprimere il concetto
che doveva sviluppare con quella evidenza che egli
supponeva.

La figura che campeggia su tutte l’altre è quel ca-
vallo che sta a sinistra, senza cavaliere, senza fini-
menti, dall’aspetto calmo, più di statua che di cosa
viva: esso, io credo, rappresenta il famoso cavallo
che fu causa della rovina di Troia e in cui era rinchiuso
con gli altri anche Menelao che andava alla ricerca
di Elena.

Anche Leone Vichi, in un articolo di giornale, vide
in questo cavallo, il cavallo di Troia, senza però ri-
connettere al mito di Elena le figure del quadro e le
altre del bassorilievo.

L’obbiezione, che può sorgere, delle proporzioni
troppo piccole del cavallo in rapporto con le altre
figure si può risolvere o con le esigenze dello spazio
ristretto o col desiderio di rendere il carattere dei bas-
sorilievi antichi, nei quali in genere le proporzioni fra
le figure non sono molto osservate. E questo desiderio
di voler rendere il carattere antico io credo di poter
scorgere anche nella nudità di tutte le figure e nella
anatomia muscolosa dell’uomo più vicino allo stemma.

E ora invece di occuparci delle rimanenti figure di
questa metà sinistra del bassorilievo, seguendo un or-

dine, che forse era anche nella mente dell’artista, pas-
siamo all’altra metà di destra, dove si vedono le figure,
che dopo il cavallo, attirano per la loro chiarezza
l’attenzione di chi guarda e che forma uno degli ar-
gomenti principali per la mia interpretazione, secondo
la quale esse rappresenterebbero una scena che, dopo
la distruzione di Troia, è la più grave conseguenza
dell’infedeltà di Elena al marito Menelao.

Sul primo piano, un uomo giovine giace riposando
sopra qualche cosa che pare un letto, e del quale
sembra di vedere le pieghe del lenzuolo. Quest’uomo
è rappresentato nel momento che è riscosso dal sonno
dalla destra di un uomo che, con un ginocchio a terra
e l’altro piegato gli sta sopra in atto di colpirlo con
un pugnale o coltellaccio che tiene nella sinistra alzata.

In un piano più addietro è una donna, di prospetto,
rivolta verso la scena, con le braccia espanse e quello
sinistro in parte nascosto da un corpo di forma geo-
metrica leggermente inclinato da sinistra a destra.
Nell’ombra, parallelo al corpo geometrico, sembra di
scorgerne un altro simile, in parte nascosto dal corpo
della figura che segue. Questa rappresenta un uomo,
di profilo col braccio sinistro in avanti in atto di ac-
correre verso la scena.

Qui sembra, con molta probabilità, che l’autore
abbia voluto rappresentare l’uccisione di Deifobo, il
terzo marito di Elena, dopo che le era morto Paride.

La notte che i Greci entrarono in Troia, Elena,
per non incorrere nell’ira di Menelao, pensò di chia-
mare il suo primo marito e Ulisse nella sua casa, dove
giaceva nel sonno Deifobo e aprì loro essa stessa la
porta. Menelao si vendicò su Deifobo mutilandolo
crudelmente in tutto il corpo. Cosi (laniatum corpore
toto) lo trovò Enea nel suo viaggio ai regni inferi e
meravigliato gli domandò notizie della sua morte.
{Eneide, VI, 520 e seg.). E Deifobo racconta egli stesso
che nella famosa notte della caduta di Troia:

. me confectum curis somnoque gravatimi
Infelix habuit thalamus pressitque iacentem
Dulcis et alta quies, piacidaeque simi/lima morti.

Egregia intere a coniux. . .

Intra teda vocat Menelaum et liniina pandit,

Inrumpunt thalamo : Comes additar una
Hortator scelerum Aeolides.

La corrispondenza fra il racconto del poeta e la
rappresentazione del pittore non si può desiderare più
esatta. Deifobo è la figura giacente nel letto nell’atto
che è riscosso dal suo sonno, la muscolosa figura che
gli sta sopra in atto di colpirlo è l’eroe Menelao che
sfoga su lui la sua vendetta, la donna di prospetto
nel secondo piano è Elena e Ulisse, 1’ « Aeolides », in-
trodotto dal poeta a fine scena, è la quarta figura ac-
corrente.

Il desiderio di dare al bassorilievo l’aspetto reale
cosi come se fosse veduto in rapporto con le figure
che siedono sulla vasca ha fatto collocare nell’ombra
e accennare appena le sue ultime figure. In mezzo
 
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