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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 9.1906

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Fasc. 6
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24151#0512
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CORRIERI

469

Stagi avevano eseguita la seconda metà del coro. Ma
Donato Benti lascia prova anche più sicura della sua
dimora a Pietrasanta. Vi è nel Duomo, presso la porta
d’ingresso che sta nel braccio sinistro del transetto,
una pila per l’acqua santa, esagonale, formata da un
minuscolo catino che è sostenuto da un’enorme e po-
derosa zampa leonina; così che si ha subito l’impres-
sione di un grave squilibrio fra le due parti della pila.
Inoltre in una delle facce del catino il Benti con
grandi caratteri ha inciso il suo nome: A. D. MDVII1
- Donatus - Benti - Florentinus - Factitabat. E sa-
rebbe certamente strano se l’artista avesse firmato
così solennemente un’opera di minima importanza.
Tutto ciò porta a concludere che ia cosidetta pila del
Benti non è altro che la mensola che sosteneva il
pulpito, scavata e ridotta all’ufficio attuale quando
nel secolo xvm si collocò il pulpito sul piedestallo
del tabernacolo di Lorenzo Stagi. Ed a conferma
di ciò noto subito che tanto il lato esagonale del
catino come il lato esagonale dell’orlo inferiore del
pulpito hanno la stessa misura di centimetri 36.
Quindi l’inscrizione si riferisce all’opera più grande
e più importante del pulpito e va di conseguenza
corretta la tradizione che attribuisce questo lavoro
a Stagio.

La conclusione è sicura ; pure può ancora tro-
vare conferma per altra via dimostrativa. Nella
chiesa di Santo Stefano di Genova è conservata
una cantoria eseguita nel 1499 da' Benedetto da
Rovezzano e da Donato Benti (fig. 3). Nei quattro
riquadri istoriati sulla parte centrale di essa si di-
stingue nettamente la mano dei due maestri. I due
scompartimenti centrali sono di Benedetto sempre
elegante, armonioso nella composizione delle sue
figure che si muovono liberamente nel largo spazio
dove sono anche figurati animali ed alberi nel fondo.
I due quadri laterali sono di Donato Benti che invece
tormenta le sue figure troppo grandi, chiuse fatico-
samente entro il piccolo spazio, modellate senza effi-
cacia e scorrette. Questi sono gli stessi caratteri che
distinguono gli evangelisti del pulpito del Pietrasanta.
Conchiudo: il Benti esegui prima, nel 1499, la can-
toria di Genova, in compagnia di Benedetto, poi verso
il 1507 andò a Pietrasanta per il lavoro del pulpito che
fu compiuto nel 1508.

Nell’aprile del 1506 Lorenzo Stagi morì, quando il
figlio era fanciullo di circa io anni. Perciò solo nel
1521, quindici anni dopo, noi ritroviamo Stagio che
continua la tradizione paterna assumendo lavori di
scultura. Al 14 luglio di quest’anno gli operai di San
Martino gli allogano una prima pila per l’acqua santa
(fig. 4) e ai 24 di novembre gli commettono il lavoro
di una seconda e di due statuette, il Battista ed un
puttino, da collocarsi sopra le pile. Le due opere sono
conservate ancora al loro posto, presso l’ingresso
principale del Duomo, ad attestare l’abilità e la grazia

del giovane maestro. Nella sua vita di scultore noi
possiamo distinguere due periodi: il primo nel quale
egli rimane fedele alle tradizioni quattrocentesche e
lavora il marmo con leggerezza, ed un secondo pe-
riodo in cui segue le nuove correnti artistiche e muta
sostanzialmente i bei caratteri della prima maniera.
Al primo periodo appartengono le due pile ricordate
ed i due capitelli che stanno murati entro i pilastri
dell’arco dell’abside. I magnifici candelabri, alti due
metri, intagliati minutamente con molta diligenza, non
sono ricordati affatto nei documenti riferiti dal Mila-
nesi. La tradizione li attribuisce a Stagio, ma io credo
che quello a sinistra per il rilievo poco marcato, per
la distinzione delle forme animali dalle vegetali debba
invece attribuirsi a Lorenzo. Stagio, anche nelle opere

Fig. 6 — Pietrasanta, San Martino.

Capitello di Stagio Stagi - (Fotografia Alinari)

della sua prima maniera, incide il marmo più vigoro-
samente : per me il candelabro di destra sarebbe ap-
punto un esempio di questa sua tecnica (fig. 5).

I capitelli (fig. 6) gli furono allogati agli S di giugno
del 1522 per il prezzo di 38 ducati d’oro e dovevano
servire per collocarvi gli angeli che nel 1513 aveva scol-
pito Donato Benti. I capitelli sono veramente un’opera
di fattura così squisita, di disegno e di forma così ele-
ganti che potrebbero da soli consacrare la gloria di Stagio
Stagi. Essi esprimono quelle predilezioni artistiche,
quelle forme gaie e vive di puttini, tutto l’insieme de-
corativo sapiente ed originale che poi il maestro darà
perfetto e completo nel capitello del Duomo di Pisa.

Dopo l’anno 1522 Stagio parte da Pietrasanta e va
a lavorare nella Primaziale di Pisa ; in questa città
egli prosegue e conchiude la sua vita d’artista.

L’altare di San Biagio nel Duomo pisano (fig. 7)
era generalmente attribuito a Stagio ; ma il Tanfani
ed il Supino 1 hanno corretto la tradizione e fondando

1 Tanfani, Opere di P. Fancelli e di G. Stagi nel Duomo di
Pisa, 1877 ; Supino, in Arch. stor. dell’Arte, 1893, 419.
 
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