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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 10.1907

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Fasc. 3
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Schmarsow, August: Frammenti di una predella di Masaccio nel Museo cristiano vaticano
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https://doi.org/10.11588/diglit.24152#0256
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FRAMMENTI DI UNA PRADELLA DI MASACCIO

spiega in gran parte tenendo conto dei loro criteri
circa alle opere di Masaccio, che essi ascrivono a Ma-
solino. Tali sono quei due frammenti del Museo Va-
ticano, cioè un pezzo di predella con le esequie di
Maria ed un colmetto con la crocifissione, Maria e
Giovanni, la cui pertinenza alle tavole principali del-
l’altare Colonna fondato da papa Martino V in Santa
Maria Maggiore a Roma pare che sia dimostrato con
certezza. Alla stessa serie di opere attribuite a Ma-
solino (Knudtzon e Berenson) appartengono pure la
Madonna di Brema del 1423 e quella di Monaco, le
cui strette affinità tra loro saltano agli occhi anche
nella riproduzione (si veda il mio atlante).

Ma se pure nelle ricerche storico-artistiche si deve
tenere in qualche conto la tradizione letteraria, si deve
protestare in nome della critica storica contro l’attri-
buzione di queste pitture a Masolino. Il piccolo altare
con l’Assunta ed il Miracolo della neve in Santa Ma-
ria Maggiore a Roma è minutamente descritto dal
Vasari, senza dubbio per iniziativa di Michelangiolo,
il quale gli aveva detto che i due ritratti che vi si
trovavano rappresentavano il papa Martino V (Co-
lonna) e l’imperatore Sigismondo : ora il Vasari, senza
dubbio anche in ciò dietro l’opinione di Michelangelo,
dice l’altare una delle prime opere di Masaccio in
Roma. E che Michelangelo si fosse amorosamente fa-
migliarizzato con i lavori di Masaccio sappiamo per
mezzo della esplicita testimonianza di un altro con-
temporaneo, il quale come il Vasari, aveva frequen-
tato il celebre maestro a Roma. Antonio Beffa Negrini
nei suoi Elogi historici... della famiglia Castiglione,
parla della cappella in San Clemente a Roma «dipinta
ed ornata di bellissime figure, dove soleva spesso an-

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dare a mirarle il divino Miche Angelo Bonarotti».
Se noi lasciamo senz’altro in disparte una testimo-
nianza così attendibile, perchè il nostro occhio mo-
derno, educato alla critica dello stile, scorge più le
differenze che le somiglianze fra questi dipinti ed i
capolavori più tardi di Masaccio, generalmente am-
mirati, allora dobbiamo abbandonare ogni tradizione
storica in quanto è tale, ed affidarci soltanto al giu-
dizio dei conoscitori o agli apodittici decreti dei si-
gnori Berenson, Sirèn, ecc. come un tempo a quelli
del Morelli-Lermolieff. Vìdeant consules ! La critica
cauta è in onore !

Vent’anni dopo che « lo Schmarsow » aveva resti-
tuito a Melozzo da Forlì due quadri in San Marco a
Roma, anche gli studiosi romani adesso sono venuti
nell’opinione che egli poteva aver avuto ragione di
farlo, mentre essi dapprima dissentivano dal suo pa-
rere. Forse fra l’attribuzione del Sirèn della predella
vaticana a Gentile da Fabriano e la convinzione mia e
dell’Ulmann che essa spetti a Masaccio, si può tro-
vare una via di mezzo.

Masaccio, inoltre, nel 1425 era ancora un artista
spesso bisognoso di denaro ; ed è più che verisimile
che al suo ritorno da Roma volontierj|si facesse so-
stituire a Gentile, forse chiamato da questi medesimo.

Così sarebbe spiegata in modo del tutto naturale
la mescolanza di forme fiorentine alle gentilesche (per
non dire umbre) delle quali ci piacerebbe renderci
conto, mentre che l’invenzione delle storie o la com-
posizione dei quadri sono completamente fiorentine,
e proprio quelle di Masaccio.

Schmarsow.

L'Arte. X, 28.
 
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