PER LA STORIA DELLA PITTURA FORLIVESE
9i
E però mancando i registri mortuari di quell’anno, la data della morte di esso si deve asse-
gnare al tempo intermedio dal 19 febbraio al 29 agosto 1527. Giovanni del Sega fu figlio
ili Girolamo e di Francesca morta in Carpi il 5 luglio 1516. Dalla moglie Agnese de’Bezi
di Forlì gli nacquero due figlie, Antonia e Bernardina ; la prima maritata in Maestro Fran-
cesco della Zizia, la seconda in Maestro Squarzotto Alghisi, amendue pittori carpigiani ».
Il Campori riferendosi al pagamento fatto al Del Sega « per la facciata del Palazzo
Nuovo » scrive : « Le ingiurie del tempo fecero scomparire le pitture della facciata del
palazzo che fu di Alberto Pio. Esistono però ancora nella parte superiore della detta fac-
ciata otto nicchie entro le quali erano dipinte altrettante statue al naturale delle quali riman-
gono tuttavia le teste sufficientemente conservate. Senza dubbio queste teste sono i soli
avanzi delle pitture di maestro Giovanni Del Sega».
Di quegli avanzi, come delle pitture recentemente apparse nella grande sala del Palazzo
Pio, e d’altre ancora esistenti in Carpi, dello stesso Del Sega, occorre oramai che qualcuno
si occupi ex professo. A me purtroppo manca tempo e modo.
Amo però esporre la ragione per cui ritengo che gli affreschi dei sottarchi e dei pen-
nacchi della grande cupola di S. Niccolò di Carpi, (figg. 7-10) dove si sa ch’ei lavorò, siano
opera sua.
E noto che a’ suoi tempi ogni scuola, oltre alla maniera pittorica del maestro, ne accet-
tava e ripeteva alcune figure che diventavano veri tipi di scuola. Richiamare per questo
gli esempi dei seguaci del Perugino, di Leonardo, del Francia e d’altri sarebbe far torto
alla coltura dei lettori. Ora è di speciale importanza osservare come per le figure dei quattro
Evangelisti di quei pennacchi il pittore si sia servito dei modelli melozziani della cupoletta
della sagrestia detta di San Marco a Loreto e della cupoletta di San Biagio a Forlì.
Ma un’altra cosa è da notare. Nel maggio del 1477 noi troviamo che garzone di Me-
lozzo (_famulus magistri Melodi) era precisamente un Giovanni.1 I signori Crowe, Cavalca-
sene2 e lo Schmarsow 3 si domandano « se mai questo Giovanni possa essere Giovanni Santi,
padre di Raffaello ». Ma il Santi in quell’anno contava circa quarant’anni, ed è invero-
simile che a quell’età lavorasse in qualità di garzone e fosse chiamato famulus. Invece è
lecito pensare a Giovanni del Sega che allora doveva esser presso ai vent’anni e che do-
vette rimanere con Melozzo, sino alla costui morte, quale aiuto in molti lavori.
Così si spiega perchè, passato poi nel 1505 circa a Carpi, si prevalesse nei suoi dipinti
tanto degli insegnamenti come dei materiali raccolti da Melozzo e dal Paimezzani.
III.
Gian Battista Rositi o Rosetti.
Nella chiesa di Santa Maria del Trivio, a Velletri, si trova (portatavi da Santa Maria
dell’Orto presso la stessa città) una tavola con la Madonna reggente il Bambino e diritta
sotto un tempietto esagono sorretto da diversi angeli (fig. 11). E opera di Gian Battista Rositi
o Rosetti, altro artista forlivese del gruppo dei discepoli ed aiuti di Melozzo, come si ricava
dalla composizione della tavola ricordata, col tempietto in prospettiva e gli angeli che ne
1 Eugenio Muntz, Les peintures de Melozzo da fase. XLVIII. Parigi, 1887, p. 150.
Forti et de ses contemporains à la Bìbliothèque du 2 Storia della pittura in Italia dal secolo II al se-
Vatican d’après les Registres de Platina, nella Ga- colo XVI, voi. Vili. Firenze, 1898, pp. 364 e 365.
zette des Beaux-Arts, XVII. Parigi, 1875, pp. 369- 5 Augusto Schmarsow, Melozzo da Forti. Ber-
374; La Bìbliothèque du Vatican au XV siècle, in lino, 1886, p. 112.
Bibliothèque des Ecoles franqaise d’Athènes et de Rome,
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E però mancando i registri mortuari di quell’anno, la data della morte di esso si deve asse-
gnare al tempo intermedio dal 19 febbraio al 29 agosto 1527. Giovanni del Sega fu figlio
ili Girolamo e di Francesca morta in Carpi il 5 luglio 1516. Dalla moglie Agnese de’Bezi
di Forlì gli nacquero due figlie, Antonia e Bernardina ; la prima maritata in Maestro Fran-
cesco della Zizia, la seconda in Maestro Squarzotto Alghisi, amendue pittori carpigiani ».
Il Campori riferendosi al pagamento fatto al Del Sega « per la facciata del Palazzo
Nuovo » scrive : « Le ingiurie del tempo fecero scomparire le pitture della facciata del
palazzo che fu di Alberto Pio. Esistono però ancora nella parte superiore della detta fac-
ciata otto nicchie entro le quali erano dipinte altrettante statue al naturale delle quali riman-
gono tuttavia le teste sufficientemente conservate. Senza dubbio queste teste sono i soli
avanzi delle pitture di maestro Giovanni Del Sega».
Di quegli avanzi, come delle pitture recentemente apparse nella grande sala del Palazzo
Pio, e d’altre ancora esistenti in Carpi, dello stesso Del Sega, occorre oramai che qualcuno
si occupi ex professo. A me purtroppo manca tempo e modo.
Amo però esporre la ragione per cui ritengo che gli affreschi dei sottarchi e dei pen-
nacchi della grande cupola di S. Niccolò di Carpi, (figg. 7-10) dove si sa ch’ei lavorò, siano
opera sua.
E noto che a’ suoi tempi ogni scuola, oltre alla maniera pittorica del maestro, ne accet-
tava e ripeteva alcune figure che diventavano veri tipi di scuola. Richiamare per questo
gli esempi dei seguaci del Perugino, di Leonardo, del Francia e d’altri sarebbe far torto
alla coltura dei lettori. Ora è di speciale importanza osservare come per le figure dei quattro
Evangelisti di quei pennacchi il pittore si sia servito dei modelli melozziani della cupoletta
della sagrestia detta di San Marco a Loreto e della cupoletta di San Biagio a Forlì.
Ma un’altra cosa è da notare. Nel maggio del 1477 noi troviamo che garzone di Me-
lozzo (_famulus magistri Melodi) era precisamente un Giovanni.1 I signori Crowe, Cavalca-
sene2 e lo Schmarsow 3 si domandano « se mai questo Giovanni possa essere Giovanni Santi,
padre di Raffaello ». Ma il Santi in quell’anno contava circa quarant’anni, ed è invero-
simile che a quell’età lavorasse in qualità di garzone e fosse chiamato famulus. Invece è
lecito pensare a Giovanni del Sega che allora doveva esser presso ai vent’anni e che do-
vette rimanere con Melozzo, sino alla costui morte, quale aiuto in molti lavori.
Così si spiega perchè, passato poi nel 1505 circa a Carpi, si prevalesse nei suoi dipinti
tanto degli insegnamenti come dei materiali raccolti da Melozzo e dal Paimezzani.
III.
Gian Battista Rositi o Rosetti.
Nella chiesa di Santa Maria del Trivio, a Velletri, si trova (portatavi da Santa Maria
dell’Orto presso la stessa città) una tavola con la Madonna reggente il Bambino e diritta
sotto un tempietto esagono sorretto da diversi angeli (fig. 11). E opera di Gian Battista Rositi
o Rosetti, altro artista forlivese del gruppo dei discepoli ed aiuti di Melozzo, come si ricava
dalla composizione della tavola ricordata, col tempietto in prospettiva e gli angeli che ne
1 Eugenio Muntz, Les peintures de Melozzo da fase. XLVIII. Parigi, 1887, p. 150.
Forti et de ses contemporains à la Bìbliothèque du 2 Storia della pittura in Italia dal secolo II al se-
Vatican d’après les Registres de Platina, nella Ga- colo XVI, voi. Vili. Firenze, 1898, pp. 364 e 365.
zette des Beaux-Arts, XVII. Parigi, 1875, pp. 369- 5 Augusto Schmarsow, Melozzo da Forti. Ber-
374; La Bìbliothèque du Vatican au XV siècle, in lino, 1886, p. 112.
Bibliothèque des Ecoles franqaise d’Athènes et de Rome,