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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 15.1912

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Fasc. 4
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Il catalogo Mond: Volume II
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https://doi.org/10.11588/diglit.24139#0312
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208

C. /. FF.

opere di tale genere e ne nomina una della Collezione Savini. A questo gruppo, secondo il
Richter, appartiene anche il quadro della Collezione Mond. La forma ovale di questo quadro
non è quella che avrebbe avuta in origine, perchè esso è forse un frammento tagliato da un
quadro più grande.

11 secondo quadro del Sodoma, un San Girolamo di forine colossali, erculee, inginocchiato
in un magnifico paesaggio, è un tipo così diverso dal tipo costante e generale con cui si rap-
presenta San Girolamo, come il San Paolo del Sacchi è dissimile da quello che al solito si dà
alle figurazioni iconografiche del grande Apostolo. L’ascetismo, come ben si capisce, non aveva
troppe attrattive per il Sodoma. Il suo San Girolamo non è il Santo della storia, come fa vedere
il Richter, ma un essere magnifico, un uomo del mondo « il di cui viso, pure velato da una
espressione di fervente devozione lascia trasparire tutto l’interesse anche delle cose umane»;
la figura tutta, vive in un ambiente di bellezza misteriosa e poetica, dove l’effetto di ombre
luminose e di luci velate è ottenuto e trattato con vera maestria. E una composizione degna
di figurare accanto ad uno dei più impressionanti quadri del maestro, il San Sebastiano degli
Uffizi al quale è legato anche per ragione del tempo, essendo entrambi del terzo decennio del
Cinquecento. Esso appartenne già al senatore Morelli che l’acquistò al Monte di Pietà di
Roma, ma non si sa nulla delle sue vicende anteriori. Una sua buona riproduzione è in pos-
sesso di Mr. Saunders, Great Portland Street, Londra.

Leonardo, secondo il Richter, fu il vero maestro del Sodoma, il quale riuscì il più leo-
nardesco fra tutti i suoi seguaci. Non per mancanza di talento, ma per difetto di tenacità,
egli non raggiunse il perfetto ideale dell’arte, e a questo giudizio del nostro autore, nessuno che
apprezzi le qualità mirabili del Sodoma, pittore ineguale e talvolta anche molto trascurato, ma di
grande ingegno, sarà disposto a contraddire. Imitatore di Leonardo egli non fu mai, bensì
seguace ; le sue visite a Roma, dove conobbe Michelangelo e Raffaello, non influirono sul-
l'arte sua in modo funesto, come avvenne a tanti altri pittori. Egli approfittò secondo la sua
inclinazione, di quell'impressionante ambiente; ma l’arte sua conservò sempre un’impronta
personale fino al termine della sua carriera.

Della Scuola leonardesca diretta ed immediata, la Collezione Mond contiene saggi attri-
buiti ai tre suoi principali rappresentanti : Boitraffio, Giainpietrino e Marco d’Oggiono.

Con tutta ragione il Richter nega che il bel ritratto d’uomo, in profilo, di mano del Boi-
traffio, raffiguri il poeta bolognese, Girolamo Casio, come credono alcuni e a sostegno della
sua negazione, illustra tre ritratti sicuri del Casio esistenti a Chatsworth, a Brera, e al Louvre, 1
insieme ad un quarto della collezione del dott. Gustavo Frizzoni che, confrontato coi tre altri,
sembra indubbiamente riprodurre lo stesso personaggio. Il tipo freddo, imperioso, e quasi
crudele dell’effigiato di casa Mond, è di un carattere assolutamente diverso dal mite e flem-
matico Casio, fattoci conoscere dagli altri ricordati ritratti. Il Richter non propone alcuna ipo-
tesi per meglio lumeggiare e precisare la personalità dell’effigiato.

A Giampietrino, cioè alla mano che produsse le opere che vanno sotto questo misterioso
nome collettivo, il Richter attribuisce la Salomè recante la testa del Battista, col carnefice
sullo sfondo, uno degli esempi meno ripugnanti di questo soggetto antipatico, per la somma
bellezza della testa del santo e per il simpatico concetto della Salomè. Il Richter lo avvicina

1 L’effigiato (secondo dell’elenco) a Brera appoggia
la mano su uno scritto ricordante che Papa Clemente VII
ornò il capo del Casio «di alloro».

Casio nato nel 1465 pare in questo ritratto che ab-
bia presso a poco vent’anni ed è di aspetto molto più
giovane del ritratto al Louvre che è del 1500 dopo il
pellegrinaggio in Terra Santa, avvenuto nel 1497. Cle-
mente VII divenne Papa nel 1523, e Boitraffio morì
nel 1516. E duopo dunque credere che l’iscrizione fu

aggiunta più tardi, e che, come Isabella d’Este si fece
ritrarre da giovane quando era già attempata, così
Casio si lasciò andare ad una simile debolezza. Se-
condo il catalogo più recente di Brera il restauro del
quadro fatto dal Cavenaghi « provò che la corona e
il cartellino (coi versi allusivi alla coronazione di Cle-
mente), pur essendo antichi, furono aggiunti qualche
tempo dopo l’esecuzione del ritratto » (Catalogo Mala-
guzzi, 1908, pag. 193).
 
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