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BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
arazzi di cui si glori il Rinascimento bruxellese, quella cioè
di Vertunno e Pomona; sono rappresentate anche l'arte
arazziera olandese del setvxvm, la scuola di Daniele Ley-
niers, la manifattura parigina, fino alle serie di rappresenta-
zioni mitologiche tratte dai quadri del Boucher. Ma se le
riproduzioni sono assai belle, è però da deplorare la legge-
rezza di H. Schmitz e di Edmund Wilhelm Braun che nelle
loro brevi pagine di introduzione sugli arazzi e sul « meu-
blé rose » del Palazzo Imperiale, e perfino nei titoli delle
riproduzioni adoperano un pessimo italiano, pieno zeppo
di erróri di sintassi e di ortografia. B. S.
Celestino Garibotto. L'arte degli arazzi fiam-
minghi in Verona. Estratto dal Bollettino « Ma-
donna Verona », anno XIV, n. 4, fase. 56, 1922.
I.'A. dà notizia di documenti da lui rinvenuti negli Atti
del Consiglio presso gli antichi Archivi veronesi, sull'arte
di tessere arazzi alla moda fiamminga, fiorita a Verona nella
seconda metà del sec. xvi. L'iniziativa di carattere privato,
ma sussidiata dal governo, sarebbe dovuta a un mercante che
pensò di utilizzare la seta tacendola lavorare a Verona e
chiamando a tale scopo dalle Fiandre due maestri arazzieri,
uno dei quali si mise, in seguito, a capo della istituzione.
L'ultimo documento che parli degli arazzieri si ferma al
2 settembre 1393, B. S.
Georgiana Goddard King. Sardinian Pain-
ting: I. The Painters of the Gold Backgrounds.
Rryn Maior College-Longmane. Green & Co.,
1923.
Breve ma notevole studio di arte comparata, con il quale
PA., dotta conoscitrice della Spagna e dell'Italia, inizia una
storia della pittura in Sardegna. Questo primo volume:
/ pittori degli sfondi d'oro, si apre con un quadro delle con-
dizioni storiche della Sardegna fino al 1600; indi intraprende
10 studio dei primitivi, considerandone l'arte come un ramo
della pittura spagnuola, e raccogliendone con cura lo sparso
materiale di difficile documentazione. L'A. osserva come
alcune pitture attestino di una influenza senese e pisana
prima che avesse compiuto la sua conquista nell'isola la
pittura spagnuola, la quale però tiene il campo durante tutto
11 Quattrocento, non cedendo il passo che nel Cinquecento
a influenze italiane raffaellesche. Alcuni nomi emergono
e alcune scuole si delineano chiaramente nel sec. xv; per
esempio quelli di Joan Figuera, definito dall'A. «un talento
robusto e sensitivo », di Rafael Tomàs, di Joan Barcelo,
notevole per modernità di paesaggio e vigoria di colore, e
fondatore di una scuola alla quale risalgono le tre importanti
Madonne di Tulli, di Castelsardo e di Birmingham. Nel se-
colo seguente lasciarono traccie numerose Joan Barcalò,
Giovanni Murn e le scuole derivate dal Figuera e dal Barcelo.
L'A. chiude il volume, denso di notizie e ricco di una copiosa
bibliografia, concludendo che tanto i primitivi sardi, quanto
i pittori del see. xvi sono artisti spagnuoli, rivelanti però
fin dal principio spiccati caratteri di profonda originalità.
Il linguaggio dei pittori catalani fu tradotto in dialetto sardo.
La razza isolana creò un'arte tutta sua, rude e priva di pie-
ghevolezza, tenace nelle tradizioni, cauta nei cambiamenti
(gli slondi d'oro ricorrono, benché sporadicamente, fino al
I594)i un'arte che si distingue per uno spiccato senso deco-
rativo e una Vivacità, una intensità di colore intese a far
rifulgere le pitture nell'ombra delle chiese e a renderle
più gradite e intelligibili ai rozzi fedeli. B. S.
Franc Jewett Mather Fr. A History of Italian
Painting, New York, Henry Holt & Co., 1923.
Breve sunto della Storia della pittura italiana dalle origini
al sec. XVIII. L'A. dichiara nell'introduzione di aver inteso
scrivere un libro non per gli studiosi, già padroni della ma-
teria, ina per chi voglia seriamente cominciare; e quindi di
aver evitato tutte le controversie e i problemi che, alterando
la limpidità dello svolgimento, avrebbero generato per il
novizio più confusione che altro. Certo PA. non pecca per
troppa austerità, anzi procede con una disinvoltura e una
liberalità piuttosto americane, come si può vedere, ad esem-
pio, dalla larghezza delle attribuzioni a Giotto, a Masolino,
a Giorgione. Anche, ed è naturale, cerca di mettere in luce,
per quanto gli è possibile, i quadri posseduti oggi dall'Ame-
rica; ma di questo non possiamo che essergli grati, in nome
di alcune meraviglie che ci ha fatte conoscere. Per esempio
uno squisito Sassetta,, una Tcntazion-.' di S. A ntonio, che trae
indescrivibile fascino dal paesaggio, un deserti: di montagne
rocciose chiuso da una chiostra di selve, che, disegnandosi
su un diafano orizzonte, sembra segnare i confini della terra
(Jarves Coli. F'ikins Park, Pa.). Un'altra meraviglia è un
David vincitore eseguito per uno scudo da Andrea del Ca-
stagno (Widener Coli. Klkins Park, Pa.) impressionante di
movimento e di vita, trattato con una libertà grandiosa,
staccantesi da tutte le altre opere del maestro, del quale
anche la collezione J. P. Morgan di New York possiede un
vigoroso ritratto. Un'altra gemina ò un ritratto di fanciulla,
anche questo nella Widener Collection, rarissimo per grazia
e delicatezza; l'A. lo attribuisce a Neroccio Grandi, del quale
ha una opinione esageratamente lusinghiera, ma è forse,
invece un'opera giovanile di Francesco di Giorgio Martini.
B. S.
British Museum. Guide lo the Collection of early
ftalian Engravings preserved in the Department
of Prints and Drawings, including a Catalogue
of art Fxhibition of Selected Examples. Printed
by order of the Trustees, 1923.
Note sono ormai generalmente la maestria e la cura con
cui gli studiosi inglesi redigono guide e cataloghi; onde di
questa Cuida della raccolta di primitive incisioni italiane
del British Museum altro non potremo che lodare la finezza,
la chiarezza e l'ordine con cui sono stati condotti dall'Hint
l'introduzione e l'annesso catalogo degli esemplari scelti ed
esposti. Per quanto nel 1910 forse già stato pubblicato un
catalogo ufficiale, con un corpus di piccole riproduzioni, la
guida dell'Hint risponde perfettamente alle necessità di una
pubblicazione più pratica e più facile, meglio atta a diffon-
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
arazzi di cui si glori il Rinascimento bruxellese, quella cioè
di Vertunno e Pomona; sono rappresentate anche l'arte
arazziera olandese del setvxvm, la scuola di Daniele Ley-
niers, la manifattura parigina, fino alle serie di rappresenta-
zioni mitologiche tratte dai quadri del Boucher. Ma se le
riproduzioni sono assai belle, è però da deplorare la legge-
rezza di H. Schmitz e di Edmund Wilhelm Braun che nelle
loro brevi pagine di introduzione sugli arazzi e sul « meu-
blé rose » del Palazzo Imperiale, e perfino nei titoli delle
riproduzioni adoperano un pessimo italiano, pieno zeppo
di erróri di sintassi e di ortografia. B. S.
Celestino Garibotto. L'arte degli arazzi fiam-
minghi in Verona. Estratto dal Bollettino « Ma-
donna Verona », anno XIV, n. 4, fase. 56, 1922.
I.'A. dà notizia di documenti da lui rinvenuti negli Atti
del Consiglio presso gli antichi Archivi veronesi, sull'arte
di tessere arazzi alla moda fiamminga, fiorita a Verona nella
seconda metà del sec. xvi. L'iniziativa di carattere privato,
ma sussidiata dal governo, sarebbe dovuta a un mercante che
pensò di utilizzare la seta tacendola lavorare a Verona e
chiamando a tale scopo dalle Fiandre due maestri arazzieri,
uno dei quali si mise, in seguito, a capo della istituzione.
L'ultimo documento che parli degli arazzieri si ferma al
2 settembre 1393, B. S.
Georgiana Goddard King. Sardinian Pain-
ting: I. The Painters of the Gold Backgrounds.
Rryn Maior College-Longmane. Green & Co.,
1923.
Breve ma notevole studio di arte comparata, con il quale
PA., dotta conoscitrice della Spagna e dell'Italia, inizia una
storia della pittura in Sardegna. Questo primo volume:
/ pittori degli sfondi d'oro, si apre con un quadro delle con-
dizioni storiche della Sardegna fino al 1600; indi intraprende
10 studio dei primitivi, considerandone l'arte come un ramo
della pittura spagnuola, e raccogliendone con cura lo sparso
materiale di difficile documentazione. L'A. osserva come
alcune pitture attestino di una influenza senese e pisana
prima che avesse compiuto la sua conquista nell'isola la
pittura spagnuola, la quale però tiene il campo durante tutto
11 Quattrocento, non cedendo il passo che nel Cinquecento
a influenze italiane raffaellesche. Alcuni nomi emergono
e alcune scuole si delineano chiaramente nel sec. xv; per
esempio quelli di Joan Figuera, definito dall'A. «un talento
robusto e sensitivo », di Rafael Tomàs, di Joan Barcelo,
notevole per modernità di paesaggio e vigoria di colore, e
fondatore di una scuola alla quale risalgono le tre importanti
Madonne di Tulli, di Castelsardo e di Birmingham. Nel se-
colo seguente lasciarono traccie numerose Joan Barcalò,
Giovanni Murn e le scuole derivate dal Figuera e dal Barcelo.
L'A. chiude il volume, denso di notizie e ricco di una copiosa
bibliografia, concludendo che tanto i primitivi sardi, quanto
i pittori del see. xvi sono artisti spagnuoli, rivelanti però
fin dal principio spiccati caratteri di profonda originalità.
Il linguaggio dei pittori catalani fu tradotto in dialetto sardo.
La razza isolana creò un'arte tutta sua, rude e priva di pie-
ghevolezza, tenace nelle tradizioni, cauta nei cambiamenti
(gli slondi d'oro ricorrono, benché sporadicamente, fino al
I594)i un'arte che si distingue per uno spiccato senso deco-
rativo e una Vivacità, una intensità di colore intese a far
rifulgere le pitture nell'ombra delle chiese e a renderle
più gradite e intelligibili ai rozzi fedeli. B. S.
Franc Jewett Mather Fr. A History of Italian
Painting, New York, Henry Holt & Co., 1923.
Breve sunto della Storia della pittura italiana dalle origini
al sec. XVIII. L'A. dichiara nell'introduzione di aver inteso
scrivere un libro non per gli studiosi, già padroni della ma-
teria, ina per chi voglia seriamente cominciare; e quindi di
aver evitato tutte le controversie e i problemi che, alterando
la limpidità dello svolgimento, avrebbero generato per il
novizio più confusione che altro. Certo PA. non pecca per
troppa austerità, anzi procede con una disinvoltura e una
liberalità piuttosto americane, come si può vedere, ad esem-
pio, dalla larghezza delle attribuzioni a Giotto, a Masolino,
a Giorgione. Anche, ed è naturale, cerca di mettere in luce,
per quanto gli è possibile, i quadri posseduti oggi dall'Ame-
rica; ma di questo non possiamo che essergli grati, in nome
di alcune meraviglie che ci ha fatte conoscere. Per esempio
uno squisito Sassetta,, una Tcntazion-.' di S. A ntonio, che trae
indescrivibile fascino dal paesaggio, un deserti: di montagne
rocciose chiuso da una chiostra di selve, che, disegnandosi
su un diafano orizzonte, sembra segnare i confini della terra
(Jarves Coli. F'ikins Park, Pa.). Un'altra meraviglia è un
David vincitore eseguito per uno scudo da Andrea del Ca-
stagno (Widener Coli. Klkins Park, Pa.) impressionante di
movimento e di vita, trattato con una libertà grandiosa,
staccantesi da tutte le altre opere del maestro, del quale
anche la collezione J. P. Morgan di New York possiede un
vigoroso ritratto. Un'altra gemina ò un ritratto di fanciulla,
anche questo nella Widener Collection, rarissimo per grazia
e delicatezza; l'A. lo attribuisce a Neroccio Grandi, del quale
ha una opinione esageratamente lusinghiera, ma è forse,
invece un'opera giovanile di Francesco di Giorgio Martini.
B. S.
British Museum. Guide lo the Collection of early
ftalian Engravings preserved in the Department
of Prints and Drawings, including a Catalogue
of art Fxhibition of Selected Examples. Printed
by order of the Trustees, 1923.
Note sono ormai generalmente la maestria e la cura con
cui gli studiosi inglesi redigono guide e cataloghi; onde di
questa Cuida della raccolta di primitive incisioni italiane
del British Museum altro non potremo che lodare la finezza,
la chiarezza e l'ordine con cui sono stati condotti dall'Hint
l'introduzione e l'annesso catalogo degli esemplari scelti ed
esposti. Per quanto nel 1910 forse già stato pubblicato un
catalogo ufficiale, con un corpus di piccole riproduzioni, la
guida dell'Hint risponde perfettamente alle necessità di una
pubblicazione più pratica e più facile, meglio atta a diffon-