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Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma — 16.1888

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Cantarelli, Luigi: Osservazioni onomatologiche
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https://doi.org/10.11588/diglit.13630#0113

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Osservazioni onomatologiche

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OSSERVAZIONI ONOMATOLOGICHE

È cosa notissima ai cultori della romana epigrafia che lo
schiavo, nell'atto della manomissione, prendeva, di regola, almeno
sotto l'impero, il prenome ed il nome gentilizio del patrono e,
come cognome, il suo antico nome servile. Generalmente, poi, nelle
iscrizioni; il liberto indicava il suo stato sociale e il rapporto che
lo univa al suo patrono, facendo seguire il suo gentilizio dalla
parola libertus^, preceduta dal prenome del patrono in genitivo.
Es. Wilmanns 1302: L. Marius L. lib{ertus) Doryphorus. Ora
si domanda, questa regola epigrafica relativa al nome dei liber-
tini e che ha naturalmente le sue eccezioni, le quali però non
importa qui di accennare (cf. Cagnat, Épigraphie latine, p. 46),
vale soltanto nel caso in cui si tratti di uno schiavo il quale,
mediante la manomissione, ebbe, insieme con la libertà, anche la
cittadinanza romana, ovvero può estendersi anche a quegli schiavi
che, manomessi e trovandosi in determinate condizioni, diventavano
non cittadini, ma soltanto latini iuniani ? In altri termini, esiste
un criterio, una regola epigrafica per distinguere, nelle lapidi, un
liberto cittadino da un liberto latino? Un tale quesito io, per
quanto sappia, non trovo essere stato preso in esame da nessuno
di coloro che si occuparono fin qui della onomatologia romana,
tranne che da due recenti scrittori, il Michel {Du droit de Citò
Romaine, Paris, 1885, p. 347) e il Lemonnier {Étude historiqu
sur la eondition privée des affranchis, Paris, 1887, p. 175).
Quest'ultimo al quesito risponde negativamente, e fonda la sua

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