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tista in persona che così parlava. È veró. Cominciamo però dall'escludere il
Rosselli. Quale fiorentino avrebbe mai scritto in quella maniera o consentito
che altri scrivesse? I Rosselli possono ben esser venuti in possesso delle forme
intagliate, ossia dei legni originali della Veduta, a che allude forse l' Inventa-
rio rosselliano (vedi oltre a p. 147); Francesco Rosselli potrà anche, come l'Ehrle
suppone, essere l'autore della più antica Veduta di Roma, ma non però, nè
lui nè alcuno dei suoi, potrà aver che fare con la composizione della nostra
Veduta. Se i Rosselli tutt'al più furono gli stampatori della Veduta, 1' incisore
fu certo un veneto. Del pari, aggiungo subito, che il disegnatore. E mai am-
missibile infatti nel caso nostro che un disegnatore, specialmente se straniero
e non famigliare a Firenze, si contentasse di fare la prospettiva della città — pro-
spettiva che il Brockaus ha dimostrato (p. 54 e 65) esser stata presa di verso
e sopra il giardino di villa Fioravanti, a Bellosguardo, la quale allora apparte-
neva ai Cavalcanti, imparentati con gli Alberti — senza segnarvi subito i nomi
delle località principali? Non ci sembra credibile. Solo il caso contrario po-
trebbe essersi verificato, che una prospettiva di Firenze già disegnata e munita
delle sue diciture fosse venuta in mano d'un incisore, il quale l'abbia incisa
tale e quale; ma ci pare questa' seconda supposizione molto meno probabile
dell'altra e crediamo quindi che incisore e disegnatore siano stati un'unica
persona.
Qui sorge un'ultima questione. A quale degli artisti veneziani del tempo
si può attribuire la nostra Veduta? Le mie indagini furono per questa parte
anche più lunghe e infruttuose, finché un nome pronunciato da quell'estima-
tore di antiche stampe che è il comm. Leo S. Olschki e che subito dopo trovai
accennato dal p. Ehrle in una nota dell'eruditissimo suo studio sulle vecchie
piante e vedute di Roma (p. 11), non riusci ad attirare tutta la mia atten-
zione: il nome di Jacopo dei Barbari. Ed ecco per quale motivo e in quale
maniera.
Esistono di Venezia varie antiche Vedute prospettiche che si trovano
tutte descritte (pp. 90, 92, 132, nn. 464 476, 471, 630) in quel mirabile e mo-
numentale Saggio di cartografia della regione veneta compilato da Giovanni
Marinelli. Una, la civitas Venetiarum, silografia in quattro fogli, 0,165X1,164,
accompagna l'opera Sanctorum peregrinationes in montem Syon ad venerandum
Christi sepulchrum di Bernardo di Breydenbach « per Erhardum Reiiwich de
Trajecto inferiori impressum in civitate Moguntina a. s. i486 » e fu disegnata
dal Reiiwich e stampata da V. Schòffer, come il Panzer ha dimostrato (Deut-
sche Annalen, p. 63 e 58) : questa, benché sia quasi contemporanea della Ve-
duta fiorentina è (del pari che quella della cronica Norimberghese di Hartmann
Schedel, p. 92, n. 970), troppo differente da essa perchè si possa tra l'una e
le altre ammettere parentela di sorta. Una terza Veduta di Venezia, pur de-
scritta dal Marinelli — e che io potei ammirare presso il libraio comm. T. De
Marinis che ne possiede uno dei due unici esemplari conosciuti (1): l'altro si
trova nella Biblioteca del Seminario di Venezia) — è la Venetia opera di gio-
vanili andrea vauassore detto vadagnino, silogr. 0,36X0,52, posteriore, certa-
mente, come il Marinelli dimostra, al 1517. Sembra peraltro che questa sia la
(1) Vedi il Catal. XII De Marinis, 1913, n. 298, Firenze, 1913, dove se ne
trova un facsimile a mezza scala circa dell'originale.
tista in persona che così parlava. È veró. Cominciamo però dall'escludere il
Rosselli. Quale fiorentino avrebbe mai scritto in quella maniera o consentito
che altri scrivesse? I Rosselli possono ben esser venuti in possesso delle forme
intagliate, ossia dei legni originali della Veduta, a che allude forse l' Inventa-
rio rosselliano (vedi oltre a p. 147); Francesco Rosselli potrà anche, come l'Ehrle
suppone, essere l'autore della più antica Veduta di Roma, ma non però, nè
lui nè alcuno dei suoi, potrà aver che fare con la composizione della nostra
Veduta. Se i Rosselli tutt'al più furono gli stampatori della Veduta, 1' incisore
fu certo un veneto. Del pari, aggiungo subito, che il disegnatore. E mai am-
missibile infatti nel caso nostro che un disegnatore, specialmente se straniero
e non famigliare a Firenze, si contentasse di fare la prospettiva della città — pro-
spettiva che il Brockaus ha dimostrato (p. 54 e 65) esser stata presa di verso
e sopra il giardino di villa Fioravanti, a Bellosguardo, la quale allora apparte-
neva ai Cavalcanti, imparentati con gli Alberti — senza segnarvi subito i nomi
delle località principali? Non ci sembra credibile. Solo il caso contrario po-
trebbe essersi verificato, che una prospettiva di Firenze già disegnata e munita
delle sue diciture fosse venuta in mano d'un incisore, il quale l'abbia incisa
tale e quale; ma ci pare questa' seconda supposizione molto meno probabile
dell'altra e crediamo quindi che incisore e disegnatore siano stati un'unica
persona.
Qui sorge un'ultima questione. A quale degli artisti veneziani del tempo
si può attribuire la nostra Veduta? Le mie indagini furono per questa parte
anche più lunghe e infruttuose, finché un nome pronunciato da quell'estima-
tore di antiche stampe che è il comm. Leo S. Olschki e che subito dopo trovai
accennato dal p. Ehrle in una nota dell'eruditissimo suo studio sulle vecchie
piante e vedute di Roma (p. 11), non riusci ad attirare tutta la mia atten-
zione: il nome di Jacopo dei Barbari. Ed ecco per quale motivo e in quale
maniera.
Esistono di Venezia varie antiche Vedute prospettiche che si trovano
tutte descritte (pp. 90, 92, 132, nn. 464 476, 471, 630) in quel mirabile e mo-
numentale Saggio di cartografia della regione veneta compilato da Giovanni
Marinelli. Una, la civitas Venetiarum, silografia in quattro fogli, 0,165X1,164,
accompagna l'opera Sanctorum peregrinationes in montem Syon ad venerandum
Christi sepulchrum di Bernardo di Breydenbach « per Erhardum Reiiwich de
Trajecto inferiori impressum in civitate Moguntina a. s. i486 » e fu disegnata
dal Reiiwich e stampata da V. Schòffer, come il Panzer ha dimostrato (Deut-
sche Annalen, p. 63 e 58) : questa, benché sia quasi contemporanea della Ve-
duta fiorentina è (del pari che quella della cronica Norimberghese di Hartmann
Schedel, p. 92, n. 970), troppo differente da essa perchè si possa tra l'una e
le altre ammettere parentela di sorta. Una terza Veduta di Venezia, pur de-
scritta dal Marinelli — e che io potei ammirare presso il libraio comm. T. De
Marinis che ne possiede uno dei due unici esemplari conosciuti (1): l'altro si
trova nella Biblioteca del Seminario di Venezia) — è la Venetia opera di gio-
vanili andrea vauassore detto vadagnino, silogr. 0,36X0,52, posteriore, certa-
mente, come il Marinelli dimostra, al 1517. Sembra peraltro che questa sia la
(1) Vedi il Catal. XII De Marinis, 1913, n. 298, Firenze, 1913, dove se ne
trova un facsimile a mezza scala circa dell'originale.