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Bracci, Domenico Agostino
Commentaria de antiquis scalptoribus: qui sua nomina inciderunt in gemmis et cammeis cum pluribus monumentis antiquitatis ineditis, statuis, anaglyphis, gemmis (Band 2) — Florenz, 1786

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https://doi.org/10.11588/diglit.3577#0025
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MEMORIE DEGLI ANTICHI INCISORI 7

altri Dei, l'infelice Adone, quali in pena della fua difobbedienza di cacciare le fiere fu mife-
ramente lacerato dai denti d'un.fiero Cignale (17). Quando Venere comprefe quello fierifiimo
cafo, accorfe fubito col cuore e petto palpitante, e tutto il volto afperfo di lacrime a sì funefto
fpettacolo: Ma non potendo ripararne la perdita, converti il fangue di Adone in un Anemone
rollò (18).

Non fi può mai dire abbafìanza quanto elegantemente Teocrito, e più di lui Bione Smir-
neo abbia efprefiò ne fuoi flebili veri! la morte di Adone, i quali per due motivi mi attengo di
riferire, e perchè i loro canti funebri fono un poco lunghetti, e perchè ancora io giudico, che
non flavi alcuno sì poco dedito alla più eulta letteratura che non folamcnte abbia fpeflò letti
quelli elegantiffimi poeti, ma non gli abbia imparati a mente .

Con quanta meftizia, pompa, e venerazione gli Antichi rapprefentaflero i funerali di Ado-
ne, fi giudicherebbe facilmente efler fopra l'umana credenza, fé non avemmo molti autentici
teftimoni, tra i quali Luciano (19) dicendo. Io ho veduto ancora a Bibli il gran tempio di Venere
Bibita, nel quale fi celebrano i mifterj di Adone, i quali io ho imparato. Dicono che Adone fu in que-
fto paefe ammazzato da un Cignale, ed in memoria dì quefto lacrimevole cafo ogni anno fi percuotono,
e piangono, e fanno con gran pianto quefti mifterj per il paefe . Dopo efferfi battuti ed avere fparfe la-
crime , prima gli fanno i funerali, come a un morto. Il giorno poi fujfeguente narrano favolofamente
ejfere egli refufeitato, e lo mandano in cielo. Si radono la tefta come gli Egizziani quando è morto
il loro Dio Api. Le Donne poi, che non vogliono e fere r afate, pagano quefta forte di pena col profti-
tuìrfi per ungiamo ai foli foreftìeri, e del denaro che da loro ricevono, fi fa un fagrìficio a Venere .Que-
fta. mitezza dei funerali di Adone fi cangiava dipoi in trafporti di gioia, e d'allegrezza, con-
forme c'avverte Macrobio (20).

Quelle Felle fi chiamavano Adonide, e con fomma religione fi celebravano nella Macedo-
nia, nell'Egitto, nella Fenicia, in Cipro, e in molti altri luoghi, e principalmente in Atene
dove le meretrici frequentavano quelle felle. Sopra il culto di Adone rimetto il lettore all' eru-
dita dilTertazione del Sig. Banier nel 4. voi. delle Memorie delle Ifcrizioni ec. pag. 136.

Siccome quella nollra pietra può convenire ancora ad un Meleagro Cacciatore per non
aver (imboli indubitati di Adone ; perciò prefa di qui 1' occafione, mi è piaciuto di riportare
un belliffimo monumento d'un Meleagro. Quella preziofìffima gemma l'acquillò il Sig. Giaco-
mo Merfen di Middelburgo giovine di amabili qualità, la quale fi vede efler lavoro di qualche
Artefice Etrufco, come fi può dedurre da quella cornice che circonda la pietra, ed è di tanta
bellezza quello lavoro che può quali paragonarli alle Opere dei Greci. In quella gemma, fcol-
pita a punta di diamante, è efprefiò Meleagro giacente, tenendo nella delira uno fpiede da Cac-
ciatore, a di lui piedi un Cane, che attentamente rimira la teda del famofo Cignale di Ca-
lidonia, ficcome ancora il belliffimo Cacciatore contempla la tefta di quella fiera, come un
nobiliflìmo trionfo del fuo valore (21). (*)

FAU-

(17) Ovid. 1. cit. v. 710.

Che per forte eccitarti un Cigliai fiero

Negli antri i Cali per V orme , e la forefla,
E di Ciuira il vago figlio altiero
Mentre che 7 Verte ufeit dai bofebi voi/e
D' un colpo d' afta per traverfo il colfe .
Tofto V empio Cignal con bocca aperta
Si liberò da quella fitta lancia
Che del fuo proprio fangue era coperta ,
E d'ira ticcefo cont ro Adon fi lancia ,
Che trepido al ficur fuggìa in un erta
E gli afeofe il crudel dentro alla pancia
Tutto V dente e'I diftefe ( ahi dura forte )
Sovra V rojjb terrai ferito a motte.
(18) Ovid. I, cit. v. 717.

Pet mezzo C tur Citerea tirando

Con l ale i Cigni il carro leggier, aite»
Pervenuta non era in Cipro , quando
Riconobbe da lungi il Legno /lanca

Del mifer, che moriva , e la voltando
Il freno air uno, e all' altro Auge! fuo bianco
Da alto vide lui [morto palefe
Batter fui proprio fangue il Corpo, e fcefe.
E frange il petto e V cria e batte il fino
Con le palme, e co i fati fa lamenti ;
Non fa ( dicea ) di ragion voftra pieno
Il tutto , che del pianto i monumenti
Del mio Adon farò eh' eterni fieno ,
E farà fimulacro a i mìei tormenti
Ogni anno di fua morte il repetito
Officio, e farà in fiore convertito .

(19) Luciano nella Dea Siria voi. 3. cap. 6", Vedi Selden
de DiisSyr. Syngt. 2. e. li. p. 330. ec. e Plutarco nella vita
di Nicia •

(20) Macrob. ne Saturnali lib- 1. e. 21.

(21) Vedi quefta Favola in Ovidio Metani, lib. 8. V.
3So. , e 410. e feg. (*) Vedi Tav, I. n. I.
 
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