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ce ne possono dare una esatta idea i due nobi-
lissimi che si conservano nel Museo Vaticano (J),
e parecchi altri ancora che nelle collezioni di
antiche opere d’arte si veggono. Su di alcuni
medaglioni di Settimio Severo e de’suoi figli, che
ritraggono il tempio di Venere Pafia, nelle navi
laterali di esso vi sono pure figurati due belli e
grandiosi candelabri (2). Conviene da ultimo
osservare, quanto rare sieno le basi che a guisa
della nostra presentino una forma cilindrica, es-
sendo esse per la maggior parte di forma trian-
golare, e talvolta quadrangolare. Che poi il can-
delabro cui appartenne cotesta base decorasse
un qualche tempio sacro al culto di numi egizi,
lo prova il soggetto de’bassirilievi, imperocché è
cosa ormai conosciuta siccome non solo i cande-
labri con le loro basi, ma gli altri oggetti eziandio
e ornamenti rappresentassero in genere imagini e
simboli relativi al luogo pel quale erano destinati.
Veggiamo in effetto scolpita a foggia di clava
la base di un donarlo appartenuto ad un tempio

riporta la iscrizione latina di una tavoletta palmare di bronzo,
in cui si fa menzione della offerta di un candelabro lychnucus
fatta da due Maestri contermini al tempio.
(J9 Visconti, Mus. Pioclem. IV, tav. I-VIII.
C) Donaldson, Architect. Num. n. 31, p. 106. Dei cande-
labri e dell’uso loro ha parlato il Marini nel luogo sopra cit.
p. 291 e 304, e similmente nel Giornale di Pisa Tomo III,
p. 154-57. Veggasi anche il Bouillon, Candélabres.

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