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TRAMONTO ROMANO

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Ma comunque si sia, a me sembra avere una
più geniale importanza la memoria che si collega
con l’annesso monastero, nel quale, vittima di
una spietata tirannide, la figliuola di papa Ales-
sandro VI, la molto famosa Lucrezia Borgia, dopo
il disciolto suo matrimonio con lo Sforza, si ri-
tirò a piangere le perdute nozze.
La porta Appia o di S. Sebastiano, con i
suoi bruni torrioni e le vetuste mura di Aure-
liano e il cosi detto arco di Druso, e la porta
Metronia e la Latina, formano un tutto insieme
assai pittoresco tra il verdeggiar della campagna
e il rosseggiar del tramonto. In quanto all’Appia,
ricostruita, come attualmente si vede, nel quarto
secolo, coi marmi tolti dal tempio di Marte Estra-
muraneo, essa non occupa il posto dell’ antica Ca-
pena, la quale stette in vece sotto alla villa Celi-
montana, nell’orto già di S. Gregorio. A questa
fu assai prossima la celebre valle di Egeria, con
entro il luco o bosco sacro ed il tempio eretto alle
Muse, luoghi ambidue, secondo il mito, consacrati
da Numa sul sito stesso de’ suoi notturni con-
vegni con la ninfa Egeria. Il che ci è manifesta-
mente dichiarato da Giovenale, quando narra
come egli e l’amico suo Umbricio, discendessero
dal carro e si soffermassero:
.... ad veteres arcus madidamque Capelloni ;
Hic, ubi nocturuae Numa constituebat amicae (').

([) Sai. ΙΠ, v. ii-i 2.
 
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