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Cellini, Benvenuto
Opere di Benvenuto Cellini (Band 3): Due trattati di Benevenuto Cellini ... uno dell'oreficeria l'altro della scultura — Milano: Dalla Societá Tipografica de Classici Italiani contr. del Cappuccio, 1811

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https://doi.org/10.11588/diglit.71582#0178
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112 CELLINI
tice un fornelletto di mattoni , dove debbe
essere coperto bene il coreggiuolo, cioè che
tant'alto sia il detto fornello, che egli so-
praffaccia il coreggiuolo di quattro dita ;
dipoi si piglia il coreggiuolo e ugnesi den-
tro e fuori benissimo con olio di uliva, e
empiendolo d' argento si mette nel fornello,
e nel fondo di esso fornello debbono essere
certi pochi carboncini accesi : dico pochi ,
perchè il calore non sia cotanto subito,
che faccia rompere il coreggiuolo; e
perciò se gli debbe dare un caldo tem-
perato, non toccando mai il mantice fin-
tantoché il coreggiuolo non si vegga info-
cato e rosso, ma come sia in detto termine,
allora si debbe cominciare pianamente a far
alitare detto mantice fintantoché, destramen-
te soffiando , si veda come acqua liquefatto
1' argento. Ciò fatto piglisi tanta gruma di
botte , quanta si può tener nascosta in una
mano, e mettasi sopra 1' argento strutto nel
coreggiuolo; e lasciatala stare alquanto,
piglisi uno straccio di panno lino, che sia
ben unto con olio, e cotanto sia grande,
che in quattro o cinque doppj si possa ri-
piegare, Indi scuoprasi il coreggiuolo da'car-
boni e pongavisi sopra quel panno lino; di
poi piglisi il coreggiuolo con un paio di ta-
naglie dette imbracciatoie, le quali dall' ef-
fetto, che fanno, d' abbracciare il detto co-
reggiuolo, son cosi nominate : perciocché se
queste lo pigliassono in quella guisa, che
si fa il coreggiuolo di ferro , essendo que-
sto , di che parliamo, di terra, lo rompe-
rebbono subito; dove queste in guisa son
fatte, che lo sostengono senza alcun perico-
 
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