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Dante; Wiese, Berthold [Hrsg.]
La Divina Commedia — [München], 1921

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https://doi.org/10.11588/diglit.36538#0320
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Canto primo.


DI COLUI che tutto mone
per l'universo penetra^, e risplende
in una parte più^, e meno altrove.
Nel eie! che più della sua luce prende^
fu'io; e vidi cose che ridire
nè sa nè può chi di lassù discende;
Perchè^, appressando sè al suo disire^
nostro intelletto si profonda tanto^
che retro la memoria non può ire.
Veramente quant'io del regno santo
nella mia mente potei far tesoro^,
sarà ora materia del mio canto.
O buono Apollo^ all'ultimo lavoro
fammi del tuo valor sì fatto vaso^
come domandi a dar l'amato alloro.
Infino a qui l'un giogo di Parnaso
assai mi fu; ma or con amendue
m è uopo entrar nell aringo rimaso.
Entra nel petto mio^, e spira tue^,
sì come quando Marsia traesti
della vagina delle membra sue.
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