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Dechazelle, Pierre T.
Studii sulla storia delle arti ossia quadro dei progressi e della decadenza della scultura e della pittura presso gli antichi durante le rivoluzioni che agitarono la Grecia e l'Italia (Band 2): Italia — Venedig, 1835

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https://doi.org/10.11588/diglit.5911#0141
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j^O STORIA DELLE ARTI

La cagione principale del silenzio della faina,
rispetto agli scultori ed ai pittori che vissero in
quel tempo memorando, fu, siccome abbiamo al-
trove accennato (i), quell'ingiusto disprezzo che
i Romani mai intieramente superarono circa una
professione la quale per lungo volger di tempo
venne fra essi esercitata soltanto dagli schiavi.

Antislio Labeone, proconsole della provincia
narbonese, avendo osato produr in pubblico, sicco-
me altre volte Fabio pittore, alcuni piccoli quadri
di sua invenzione, i personaggi della classe cui
apparteneva lo volsero in ridicolo.

Quinto Pedione, nipote di colui che Giulio
Cesare aveva nominato suo erede unitamente ad
Ottavio, non potè seguire senza biasimo la sua
tendenza per la pittura, arte la quale gli era d'al-
tronde mezzo efficace contro le noie dell' ozio, es-
sendo muto dalla nascita, e non abile quindi a nes-
sun pubblico ministero. L'oratore Messala, suo con-
giunto, non gli consentì siffatta occupazione, sen-
nonché dopo averne dimandato consiglio ad Augu-
sto. Pedione cominciava a dar prove di molto inge-
gno, quando la morte lo colse sul fior dell'età.

Le notizie trasmesseci da Plinio, non indi-
cano nominativamente che il piccolissimo numero
di artisti greci i quali lavoravano allora in Ro-
ma. C'insegna quell'autore, che Filisco di Rodi
ebbe la soddisfazione di veder le sue statue di
Venere, di Diana, di Apollo, di Latona e delle
 
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