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Ducati, Pericle
L' Italia antica: dalle prime civiltà alla morte di Cesare (44 a. C.) — Milano, 1936

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https://doi.org/10.11588/diglit.42162#0176
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COLONIE GRECHE IN SICILIA

Colonie greche nel sf.c. VI in Sicilia
Dalla Campania alla Sicilia. Ivi, come Reggio che le stava di fronte, fiorente era Zancle,
mentre Nasso, la colonia primigenia, conduceva vita mediocre, perché, al confronto, si erge-
vano con fervore di giovanile esuberanza di vita altre città, come si è detto, di varia origine.
Siracusa, ristretta dapprima in Ortigia, va espandendosi, mentre, di pari passo, estende
e rafforza il suo dominio nella parte sud-est dell’isola e, aumentando sensibilmente la
popolazione, fonda nuove colonie. Siracusa era retta da governo oligarchico, costituito dai
cosiddetti gamoroi, cioè dai discendenti dei coloni corinzi, che avevano avuto ciascuno
la propria parte ('morrà) di terra (dorico ga); a capo dei gamoroi era forse un re ('basileus),
ma in realtà il potere era nelle mani dei gamoroi stessi, che signoreggiavano il popolo
(demos), nel quale rientravano i cosiddetti cilliri 0 calliciri che Erodoto (VII, 155) dichia-
ra senz’altro schiavi, cioè douloi.
Governo oligarchico era parimente in Gela, città, come è dimostrato dall’esistenza
di un suo spazioso tesoro in Olimpia e come è confermato dai rinvenimenti nella sua
necropoli arcaica, popolosa e ricca durante i secoli VII e VI; ma allo scorcio del sec. VI,
quando nel 505 Oleandro, figlio di Pantares geloo, rovesciò l’oligarchia e divenne
tiranno della sua città. Gela si trovava alla vigilia della sua maggiore, ma non dura-
tura potenza.
Anzi la colonia di Gela, Agrigento, sembra dimostrare sin dall’inizio maggiore forza
di espansione; fertile assai era il territorio agrigentino per grani, oli, vini, armenti; spe-
cialmente famosi furono gli allevamenti dei cavalli agrigentini. Con fresca energia gii
Agrigentini innalzano nella prima metà del sec. VI la loro ampia cinta di mura, organiz-
zano la loro città, cominciano a costruire templi, estendendo il territorio, sinché attra-
verso l’isola fanno sentire il loro influsso politico sino ad Imera. Prima assai della madre
patria, Agrigento ebbe a provare il governo di un solo, cioè di un tiranno, Falaride.
Questi aveva avuto l’incarico dagli Agrigentini di innalzare un tempio a Zeus polieus,
detto anche Atabirio (nome di origine rodia) nel punto più eccelso della cittadella, ma
egli adoperò il denaro affidatogli per i suoi fini politici, rafforzò l’acropoli, armò i suoi
accoliti e per sorpresa diventò in tal modo signore della città. Ciò avvenne nel 570 al-
l’incirca. Falaride nella tradizione è passato come un crudele tiranno e proverbiale è
rimasto il supplizio orrendo del bronzeo toro infuocato; non si può negare tuttavia a
Falaride il merito di essere stato il fondatore della potenza agrigentina ed il valoroso di-
fensore della grecità, e perciò della civiltà, contro i Cartaginesi. Sino al 554 perviene la
signoria di Falaride.
Selinunte è un altro florido centro ellenico in Sicilia; la prosperità sua nel secolo VI
si rispecchia nella vigorosa attività edilizia, di cui ci fanno fede i templi a noi giunti
diruti; e perciò Selinunte, questa sentinella avanzata della greca civiltà verso il materia-
lismo fenicio e cartaginese, precorre le città sorelle di Sicilia e dell’Italia meridionale.
Si allarga la città al di là della troppo ristretta cinta dell’acropoli, per stendersi nel piano
di Manuzza; non solo, ma nella seconda metà del sec. VI al di là del Gorgo di Cottone
nel piano di Marinella altri templi vengono innalzati ; manca lo spazio nell’interno della
città per le fastose dimore degli dèi e perciò ad est in aperta campagna si erigono le moli
superbe dei santuari. In basso, a sinistra e a destra dell’acropoli, sul mare si sviluppa-
no i quartieri della marina. Come simbolo della sua floridezza Selinunte innalza un
suo tesoro nel santuario di Zeus in Olimpia e precisamente tra quello di Cirene e quello
di Metaponto. Come ad Agrigento, cosi a Selinunte pare che nella prima metà del
 
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