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VOCI DI ETRURIA

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Risveglia un senso di avventuroso mistero la visita
di queste caverne dedicate ai morti, pur nell’ab-
bandono e nella depredazione loro. Quanto nume-
rose esse sono ! Anche a Sovana, come in altre
località etrusche, a Bieda, a Norchia, a San Giu-
liano, a Castel d’Asso, tutte le pareti sono sforac-
chiate, sì da offrire quasi la idea di una spugna.
Per ben 1250 metri si allunga il maggior sepol-
creto di Sovana sulle pendici dei poggi Prisca, Fel-
ceto, Stanziale; qua e là in questi ciechi incavi si
avvertono residui di ornamentazione architettonica.
Oggi l’apparenza è scheletrica, ma dobbiamo raffi-
gurarci quale doveva essere l’effetto di quella lunga
serie di tombe quando, provviste di tutti gli ele-
menti loro di costruzione, basi, colonne, architravi,
frontoni e tutte rivestite, al di sopra dello stucco,
che appianava la porosità del vile tufo, di colori
vivacissimi, per cui meglio spiccavano non solo i
membri architettonici, ma le decorazioni a rilievo,
potevano essere abbracciate con lo sguardo dal-
l’alto della città, in intima unione con questa, in
quella intima unione tra vita e morte, che noi scor-
giamo presso i popoli dell’antichità, ma con sì cu-
riosi aspetti, presso gli Etruschi.
Quale doveva essere l’effetto, per esempio, della
tomba della Sirena, così chiamata per la decora-
zione a rilievo sul frontone di una figura di Scilla
mostruosa, la quale stringe due giovani nelle spire
della sua duplice coda di pesce! Come doveva ap-
 
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