TAVOLA LXXI.
O fìeffo gefto della deftra matto > che fi.
vede in quefta ftatua , come nella prece-
dente , può far nafcere lo fìeffo penfiero
di rapprefentar parimente una Canefora:
fe pure la fituazione della fmìftrà , che
mofìra ancora aver tenuta qualche altra
cofa > non produceffe altro fofpetto W >
TAVOLA LXXIL
(i) "Eliano V. H. Vi. i. parlando degli Atemefi
dice : rdg ysv 7Txpds'mg tw fistòiHÉdif GYixSyjQopslv sv
ix~tg 7rofj.7ra.7s wxyxxtyv sxm'h xópzig , fdg Ss yu-
vcuxag rxlg yuvxify ( ùSgixQopstv )j rie hSpxg tota*
tynQopCtv : obbligavano le figlie de' melèci a por-
tar l'ombrello nelle proceflioni alle loro figlie,e le
mogli ( a portar l'idria : così legge il Kuhnio ) alle
mogli, e gli Uomini a portare le fcafe .In fatti Pol-
luce IlL 55. dice efpreffamente , che i meteci erano
gli fcafefori e le loro mogli le idriafore ; e fpiega
anche, che i meteci erano i forafiieri, chè facean do-
micilio in Atene ; aveano il loro profìate ( cb* era
un Cittadino , il quale agiva in nome loro : fi veda
Suida in dnposxafe, e Stefano iti Die. Syncìpr») pagava-
no un certo tributo , ed erano allibrati, ed ammefi a
portar le fcafe: Jt veda anche Efìchio in ùSpiotQógoi ,e in
GxxQrQ'oqoi, dove perù fpiéga , che quefto non facàqfi per
difprezzo, nè per fuperbia dagli Aténie/i, ma piutto-
fto per benevolenza verfo i forafi ieri, t quali non poten-
do partecipare de' facrificii, perchè non eran Cittadini^
venivano ammejfi come irt compagnia de'Cittadini % de*
quali portavano gli arredi > *SV veda a-vbi l'Etimolo-
gico , e Suida in dvxo$opsìì>, e in oXzQ/i t dove fpié-
ga , che Scafa propriaménte èra il ventrè della nave ;
onde ebbero il nome i vafi fatti à quel nìodo 4 chi
aveano ufo per portar le cofe da offerirli agli dei'.
Ateneo Vili. 3. lo Scoli afte di Arijhfane Equi t» V» 1314.
benché il Brodeo IX. Mifcelh 2t. e V Jungermanno a,
Polluce IH. 55. dicano chè le fcafe portate nelle pompe
facre altro non erano, che le màdie. Delle [z&\zp'ega-
toje ( ufate anche dagli uomini Atenièfi, i quali faceanó
portarfelè diètro da' fervi nell' ufeir di cafa ì fi veda
Eliano V» H. IV. ài. e ivi il Kuhnio ) fa menzio-
nè Efìchio in SiQpòQépoi , e lo Scoli afte di Aristofane
Àvib. v. Ì550. il quale unifee in una perfona la fe-
dia , e /'ombrello: rxlg yxp mvYiQopoig axidSaojxxì
SlQpoi dxozudsT Tig "sy$ax: poiché accompagna le Ca-
nefore una , che tiene 1' ombrellino -, e li Tedia : è
Arpocrazione in ùxxQyiQópoi, Unifee le idrie, e le om-
brelle j t«c Ss SuyxTépag a.ùiw ùògeia, ùcci ontotèsid >
O fìeffo gefto della deftra matto > che fi.
vede in quefta ftatua , come nella prece-
dente , può far nafcere lo fìeffo penfiero
di rapprefentar parimente una Canefora:
fe pure la fituazione della fmìftrà , che
mofìra ancora aver tenuta qualche altra
cofa > non produceffe altro fofpetto W >
TAVOLA LXXIL
(i) "Eliano V. H. Vi. i. parlando degli Atemefi
dice : rdg ysv 7Txpds'mg tw fistòiHÉdif GYixSyjQopslv sv
ix~tg 7rofj.7ra.7s wxyxxtyv sxm'h xópzig , fdg Ss yu-
vcuxag rxlg yuvxify ( ùSgixQopstv )j rie hSpxg tota*
tynQopCtv : obbligavano le figlie de' melèci a por-
tar l'ombrello nelle proceflioni alle loro figlie,e le
mogli ( a portar l'idria : così legge il Kuhnio ) alle
mogli, e gli Uomini a portare le fcafe .In fatti Pol-
luce IlL 55. dice efpreffamente , che i meteci erano
gli fcafefori e le loro mogli le idriafore ; e fpiega
anche, che i meteci erano i forafiieri, chè facean do-
micilio in Atene ; aveano il loro profìate ( cb* era
un Cittadino , il quale agiva in nome loro : fi veda
Suida in dnposxafe, e Stefano iti Die. Syncìpr») pagava-
no un certo tributo , ed erano allibrati, ed ammefi a
portar le fcafe: Jt veda anche Efìchio in ùSpiotQógoi ,e in
GxxQrQ'oqoi, dove perù fpiéga , che quefto non facàqfi per
difprezzo, nè per fuperbia dagli Aténie/i, ma piutto-
fto per benevolenza verfo i forafi ieri, t quali non poten-
do partecipare de' facrificii, perchè non eran Cittadini^
venivano ammejfi come irt compagnia de'Cittadini % de*
quali portavano gli arredi > *SV veda a-vbi l'Etimolo-
gico , e Suida in dvxo$opsìì>, e in oXzQ/i t dove fpié-
ga , che Scafa propriaménte èra il ventrè della nave ;
onde ebbero il nome i vafi fatti à quel nìodo 4 chi
aveano ufo per portar le cofe da offerirli agli dei'.
Ateneo Vili. 3. lo Scoli afte di Arijhfane Equi t» V» 1314.
benché il Brodeo IX. Mifcelh 2t. e V Jungermanno a,
Polluce IH. 55. dicano chè le fcafe portate nelle pompe
facre altro non erano, che le màdie. Delle [z&\zp'ega-
toje ( ufate anche dagli uomini Atenièfi, i quali faceanó
portarfelè diètro da' fervi nell' ufeir di cafa ì fi veda
Eliano V» H. IV. ài. e ivi il Kuhnio ) fa menzio-
nè Efìchio in SiQpòQépoi , e lo Scoli afte di Aristofane
Àvib. v. Ì550. il quale unifee in una perfona la fe-
dia , e /'ombrello: rxlg yxp mvYiQopoig axidSaojxxì
SlQpoi dxozudsT Tig "sy$ax: poiché accompagna le Ca-
nefore una , che tiene 1' ombrellino -, e li Tedia : è
Arpocrazione in ùxxQyiQópoi, Unifee le idrie, e le om-
brelle j t«c Ss SuyxTépag a.ùiw ùògeia, ùcci ontotèsid >