MITO DI TALO 1O0
eccessi. Considerato sotlo questo aspetto, agevole cosa è il
richiamar questo vaso , ed il suo suggetto a quel funebre
e mistico intendimento, che è così commune, se pure dirsi
non voglia universale, de'vasi di queste nostre regioni, ed
al quale ha pure relazione la, scena dionisiaca che ne orna
il collo, e che abbiamo fatta incidere nelle nostre tav. I e li.
Poche osservazioni somministra la parte paleografica
del nostro vaso, per ciò che concerne alle iscrizioni di cui
esso è ornato. I caratteri di elegante forma nulla mostrano
di particolare e di notevole nò pure nella ortografìa. Il
dorismo di queste epigrafi non si sospetterebbe nè pure
se non si leggesse due volte scritto IIOATAETKAlJ. Del re-
sto è stato già osservato che in Pindaro si ritien Mrfcioi ,
come nel nostro vaso 1), benché scrivesi Zrjras e non ZHTH2Ì 2)
come è nel vaso.
Per compier la nostra dilucidazione del mito di Tata
ci resterebbe ancora ad esaurire una ricerca, che nello
stato attuale degli studii archeologici non potrebbe in
modo alcuno trasandarsi. Converrebbe infatti indagare ed
esporre Y origine di questo mito cotanto singolare, e di-
lucidarne , se così è permesso il dire, le ragioni. Ma in
questa parte siamo stati già prevenuti da lavori d'illustri
archeologi, a' quali crediamo difficile potersi per noi ag-
giugnere cosa alcuna notevole.
Già dicemmo ciò che lo Heyne opinava intorno alle
primitive origini del mito di Talo ch'egli credette proprie
1) Ahrcns de dialect. t. JI p. i53.
2) Pyth. IV v. j82.11 sig. Ahrens l. c.
p. i3g cita il Zaraj del bassorilievo far-
nesiano della quiete di Ercole edito dal
Marini iscr. alò. p. i55 e eli'egli chiama
marmor, benché in verità sia in stucco.
eccessi. Considerato sotlo questo aspetto, agevole cosa è il
richiamar questo vaso , ed il suo suggetto a quel funebre
e mistico intendimento, che è così commune, se pure dirsi
non voglia universale, de'vasi di queste nostre regioni, ed
al quale ha pure relazione la, scena dionisiaca che ne orna
il collo, e che abbiamo fatta incidere nelle nostre tav. I e li.
Poche osservazioni somministra la parte paleografica
del nostro vaso, per ciò che concerne alle iscrizioni di cui
esso è ornato. I caratteri di elegante forma nulla mostrano
di particolare e di notevole nò pure nella ortografìa. Il
dorismo di queste epigrafi non si sospetterebbe nè pure
se non si leggesse due volte scritto IIOATAETKAlJ. Del re-
sto è stato già osservato che in Pindaro si ritien Mrfcioi ,
come nel nostro vaso 1), benché scrivesi Zrjras e non ZHTH2Ì 2)
come è nel vaso.
Per compier la nostra dilucidazione del mito di Tata
ci resterebbe ancora ad esaurire una ricerca, che nello
stato attuale degli studii archeologici non potrebbe in
modo alcuno trasandarsi. Converrebbe infatti indagare ed
esporre Y origine di questo mito cotanto singolare, e di-
lucidarne , se così è permesso il dire, le ragioni. Ma in
questa parte siamo stati già prevenuti da lavori d'illustri
archeologi, a' quali crediamo difficile potersi per noi ag-
giugnere cosa alcuna notevole.
Già dicemmo ciò che lo Heyne opinava intorno alle
primitive origini del mito di Talo ch'egli credette proprie
1) Ahrcns de dialect. t. JI p. i53.
2) Pyth. IV v. j82.11 sig. Ahrens l. c.
p. i3g cita il Zaraj del bassorilievo far-
nesiano della quiete di Ercole edito dal
Marini iscr. alò. p. i55 e eli'egli chiama
marmor, benché in verità sia in stucco.