Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

DOI Artikel:
Comparetti, Domenico: Frammenti dell'etica di Epicuro tratti da un papiro ercolanese
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0099

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
- 88 -

astenersi dalla politica e pei suoi principii su tal
soggetto si attirava le critiche di Plutarco e di
molti altri antichi (cfr. Zeller, 457 sg.). Probabil-
mente nella parte perduta c'era qualche espres-
sione limitativa indicante in generale un caso di
bisogno assoluto in cui un sacrifizio si richiedesse
all'epicureo. Nè può sorprendere quel che Epicuro
dice del morir per la patria, se ci rammentiamo
ch'egli vuole che in certi casi s'abbia a morir an-
che per un amico (D. L. 121). Si vede però ch'egli
stesso sentiva che tali affermazioni potevano sem-
brare strane in lui, e quindi si affretta a soggiun-
gere che queste per chiunque abbia in mente il suo
sistema in tutto il suo complesso e senza alcuna
omissione, sono del tutto d'accordo col concetto
da lui dato circa il compiere le buone azioni.

Importante per la cruda schiettezza dell'espres-
sione è il principio che viene appre|so, nel quale
vediamo che l'amicizia dev'essere non solo ac-
cettata ma procurata (cpilonoua) e il savio deve
trovare nella cura del proprio interesse la ragione
di procurarsela cog satai dì o noifj (cioè tovg yiXovg).
Ciò si accorda con quanto riferisce D. L. 121 :

. . xcà rijv (piÀiav (yivedO-ai) óicc %àg %qs(ag' óeìv

liévtou TtQoxataQ%stid-ca (cfr. Zeller, 459 sgg.). Ed
anche il av^Kpiqov è in ischietta evidenza nell'ul-
timo principio (1. 14 sgg.) col doppio motivo ry
yrcóasi re — xcà dì ikniòag xrl. . Col bisogno qui
espresso di approvazione per parte degli amici e
di compartecipazione in alcun loro bene, si ac-
corda quanto osserva Zeller, p. 161.

Col. XXI LI.

1. 3. . £AT£ION.
1. 10. YnOM£N£l€l.

Il docpóg Epicureo non si abbandona ai vani co-
nati degli ingenui che vorrebbero ricondurre il bene
passato, ma fa il possibile per mantenere la vita
preparato all'avvenire, provvede alla sua salute e
senza lasciarsi atterrire dalle malattie e dalla morte
virilmente sopporta tutto quanto possa servire ad
allontanarle.

Queste parole colle quali, non senza una certa
enfasi, si chiude il libro e che evidentemente allu-
dono alle operazioni dolorose con cui si cerca ri-
mediare ad alcune malattie, suggeriscono l'idea che
l'autore abbia qui in mente sè stesso. Il libro,
come abbiam veduto, è certamente posteriore alle
KvQica Jó'gm e non è punto impossibile che Epicuro
lo scrivesse negli ultimi anni della sua vita, quando
affetto già da stranguria dovette probabilmente
subire operazioni dolorose. Sappiamo dagli antichi
con quanto coraggio e serenità d'animo soppor-
tasse gli acerbi dolori del male che l'uccise.

Nelle conclusioni del libro (dalla col. XVII in
poi) vediamo primeggiare le due idee dragai-t'a e
vyisia ed è questo appunto il risultato che Epi-
curo indica nella lettera a Meneceo (128): nàctav
aYqsGiv xal (fvyì]v inardysiv ini rrjv tov Gw/iarog
vyt.siav xal trjv tfjg ipi'xfjg àtaoa^iav, inai toìto tov
/.laxaoi'wg £ijv ititi riXog.

D. comparetti.
 
Annotationen