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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Comparetti, Domenico: Frammenti dell'etica di Epicuro tratti da un papiro ercolanese
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0098
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- 87 -

detto a col. XII ; quei due brani di papiro erano
rimasti sovrapposti ad una colonna anteriore: fu-
rono disegnati e poi distrutti per leggere la scrit-
tura sottostante. È questa una delle colonne più
sciupate e molta fatica ci volle per ritrovar la
lezione e correggere A il quale però qui come al-
trove è di non poca utilità essendo parecchie let-
tere che allora si leggevano oggi svanite o cadute.

1. 8. neP£K€ITON€l, così A; oggi si vede
bene soltanto .. P(€)... T . N£l. Panni certamente
debba questa essere una scrittura corrotta per
7iaQey>ó}.ievoi secondo anche il senso richiede.

1. 13. Mal si può supplire NOJMOYC. Parmi
vedere una traccia del P.

1. 17. Per una svista facile a spiegare l'antico
copista omise l'articolo %óv che restituisco.

1. 19. Pare fosse scritto per errore AYTO(M)0-
NON.

L'autore passa a parlare dei buoni effetti in chi
segue la sua dottrina, ossia della vita del tfotpóg
secondo i principii suoi. La frase parentetica ànò-
diSovrai-giiXovg è resa alquanto oscura dall'incer-
tezza del supplemento èxe£\vwv che potrebbe es-
sere anche altro. Si riferisce certamente a coloro
di cui ha parlato sopra i quali della loro espe-
rienza lascian tutti profittare fuori che i compa-
gni e amici loro ; e ne profìtta infatti il aocpóg epi-
cureo il quale non concentrando i suoi sforzi per la
svdaiftovia nell'idea del futuro, si occupa anzi tutto
del presente. E qui Epicuro impiega la formula dive-
nuta proverbiale rè tzccqòv sv noislv (cfr. Phot. Lex.
ed.Naber p.220) di cui il primo autore fu Epicarmo,
secondo Filodemo che la riferisce nel 9° Sui visi
e le virtù {Coli. Pr. Ili, p. 49) dicendo:
sv noislv xax? Etzì%uq(iov — nqovoslv óè xaì tov
ps'XXovrog, cfr. Lorenz Leben u. Schriften cles Epi-
charmos, p. 275 sg.). Anche in un altro papiro er-
colanese anonimo, ma certamente di Filodemo, ri-
corre la stessa massima (Coli. alt. IX, 198): pi}
xa% 'EnilxaQfiov] sv n[oist]v rò naqòv fi[6vov] àXXà
xaì xò fisllov [sv nojtsìv nqovo[r]zsov}. Filodemo
parla della economia della vita e dei mezzi di sus-
sistenza e si accorda con quanto dice Epicuro in
quel che segue in questa e nella prossima colonna.
Anche nel JTsqì fiCmv diceva Epicuro : xxi^swg nqo-
vorfisGd-ai (ròv Gocpòv) xaì tov [isXXovrog (D. L. 120).
È profondamente diverso il concetto dei credenti
neh'azione divina e nella vita futura.

Il non abbandonare giammai la filosofia in alcuna
età della vita è principio inculcato da Epicuro an-

che altrove e singolarmente nelle ben note parole
con cui si apre la lettera a Meneceo. Anche Filo-
demo dice degli Epicurei: sx naióiov [léxQt yrjgwg
(f iXotìoiprfiavrsg (Coli. alt. I, p. 157). Dalla filosofia il*
aoipóg attinge fiducia razionale in sè stesso e nella
inconcussa stabilità di una vita sana di mente e di
corpo. Quindi non ha quelle trepidazioni per cui gli
altri sono meno che liberali e comunicativi (ved.
col. XVII, 10 sgg.). Quest'ultima parte si accorda
con quanto già sappiamo sui generosi principii di
Epicuro e della società epicurea, cfr. Zeller p. 463.
Guyau, La morale d'Epicure, 137.

Col. XXII.

1. 2. A off^p tracce di una riga antecedente oggi
affatto perduta e quel che si vede di questa mal
corrisponde a ciò che ivi è disegnato.

1. 3. Certamente £KAI e anche leggera traccia
di fi ; vi è però qualche confusione negli ultimi
segni (Al) che impedisce di riconoscerli alla prima,
come si scorge anche nella fototipia.

1. 4. O, che anche il senso richiede, vedesi se-
gnato in piccole proporzioni al disopra dell'€ di

ètiTÙ.

1. 5. Certamente era scritto TGjIOYPA con
omissione delle lettere riA che forse furono ag-
giunte al di sopra della riga. La traccia di O è
chiarissima benché non segnata in A. In questo
poi si legge chiaro PA che oggi più non esiste
per caduta di quel brano di papiro.

1. 13. Chiarissimo TANA.

1. 14. nOAYC0C€l par di leggere, ma con qual-
che incertezza nelle lettere nOAY.

1. 16. Senza dubbio era scritto €YXAPICT€I
ma il senso e la costruzione coll'accusativo esclu-
dono questa lezione e mi suggeriscono la corre-
zione sv%aqig (aì)Tst. Parmi anche di scorgere al
di sopra di CT qualche traccia di correzione.

A coloro di cui ha già detto che divengono
ÙGvyxXatixoi xaì àtiv\inad-siq nqòg tovg ófioyvXovg
(col. XX, 17 sgg.) contrappone qui Epicuro la be-
nigna umanità del suo ffoyóg il quale provvede al
bene degli uomini quando occupi alcuna carica in
vita (se ho bene inteso e supplito L 1-2) e nep-
pur tralascia di morir per la patria. Questo luogo
è notevole assai, come quello che par meno d'ac-
cordo colla dottrina di Epicuro che consigliava di
 
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