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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Comparetti, Domenico: L' iscrizione del vaso Dressel
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0188

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- 177 -

di cui parlerebbe l'iscrizione, e che quel rito pre-
scrivesse e regolasse l'offerta di tre vasi, riuniti
o no in uno, contenenti tre determinate sostanze.
Ora, il numero delle tombe latine fin qui aperte
è grandissimo, e molte fra queste sono non solo
contemporanee di questo vasetto ma anche ben più
antiche, infinito è il numero di vasi trovati den-
tro le tombe e fuori, nel suolo romano e laziale,
eppur niente fu mai trovato che ricordi il rito che
farebbe supporre questa iscrizione. Là dove il ri-
tuale nomina divinità speciali e distingue ciò che
si può fare per le une e non per le altre è im-
possibile che lasci indeterminata la natura dell'of-
ferta, e che la triplicità che ci si presenta nel
nostro vaso sia casuale; ma le tombe antiche ci
dicono che questa triplicità non c'era, come ci
dicono pure che non c' era l'uso di scrivere sulle
offerte estratti del rituale. Isolato e senza analogie
nella massa dei vasi antichi, questo vasetto colla
sua iscrizione certamente non può rappresentare
una speciale usanza funebre fin qui ignota che la
religione e il rito dei romani contemplasse e rego-
lasse. Si aggiunga inoltre il fatto ben considere-
vole che qui il nome del morto non è menzionato
e quindi risulterebbe eliminata l'idea di un atto in-
dividuale di cui potrebbero sfuggirci le ragioni ; ma
invece tratterebbesi di un vaso fatto per un morto
qualunque, a cui, secondo il Dressel e il Buecheler,
fu aggiunto il nome dell'autore o dell'oblatore, la-
sciato prima in bianco. Parrebbe dunque dovesse
trattarsi di cosa d'uso comune e quasi si pense-
rebbe ad uno di quegli oggetti che per usi funebri
eran venduti dai Ubitinarii. E invece le tombe ro-
mane ci dicono che non è così.

Che poi il vaso dovesse essere offerto al morto
nei novemdialia neppur s'intende facilmente e mal
possiamo accordare una offerta fatta nei termini
che direbbe l'iscrizione con quanto sappiamo dei
novemdialia e della natura e ragion propria di
quella ceremonia funebre. Del resto, come vedremo,
quella parte dell'epigrafe da cui questo si è voluto
desumere è appunto quella in cui la interpreta-
zione è più evidentemente erronea anche per ra-
gioni filologiche. Meno di tutto poi s'intende che il
vaso sia fatto pel morto e da offrirsi ad esso, e
nello stesso tempo sia offerto a Giove ed a Saturno.
Qui vengono fuori del tutto inaspettatamente que-
ste due. divinità in un rito funebre, a cui male si
adattano malgrado gli sforzi ingegnosi del Dressel
per tirarvele, come mal vi si adatta la nuovissima

Ops Toitesia incredibilmente ignota fin qui, ma molto
ingegnosamente escogitata dal Buecheler. Incre-
dibile è che di tutto ciò si perdesse ogni traccia
e nulla ne; trasparisse mai più. non solo negli scrit-
tori, ma nelle migliaia d'iscrizioni funebri romane
che possediamo. Un distacco tanto profondo una tal
mancanza di coesione e di continuità fra il tempo
a cui appartiene questa iscrizione, che non è poi
il tempo di Romolo, e quei tempi che ci sono rappre-
sentati dai monumenti superstiti d'ogni specie è
assurdo supporlo fra i Romani, singolarmente là
dove si tratta di rito e di religione. L'idea del
Dressel che sia offerto a quelle divinità il vaso
da deporsi poi nella tomba col morto per propi-
ziare quelle divinità a questo, mal si accorda col
concetto della morte che sappiamo essere stato
proprio dei romani e col conseguente culto dei
Dii manes. ') Secondo.questo concetto, notissimo,
tutto quanto si pone nella tomba di un morto si
intende dato e offerto a lui, ai suoi Dii manes e
non ad alcun altro essere divino ; a lui e non ad
altri si offriva il sacrificium novemdiale, e così pure
all'estinto si offrono i feralia mimerà nei parentali.
Le sostanze a cui pensa il Buecheler, sale, miele,
uova, come altre, si offrivano bensì nel sacrificio
novemdiale, ma al morto e ai suoi mani. Certe
confusioni non esistevano nel rituale romano, il
quale prescriveva i vari sacrifici da farsi alle varie
divinità secondo la varia loro natura e significato ;
giovi ricordare il noto sacrifizio della porca prae-
cidanea e praesentanea a Cerere, nei suoi rapporti
colle ceremonie funebri.

Le proporzioni stesse poi del vasetto dissua-
dono dal pensare ad una offerta funebre che in
esso fosse contenuta. La capacità dei tre recipienti
è veramente assai piccola, come può vedersi nel
disegno, che rappresenta il vaso nella sua gran-
dezza originale, e l'offerta che potevano contenere
sarebbe stata mirabilmente parca. Certo, in ciò
non ci sarebbe nulla di troppo strano, e s'intende
che dovesse riuscire gradita ai mani e alle divi-
nità anche questa óóaig óXiytj rs (ftlrj re. Ma in
tanta povertà di offerta come spiegare poi questo
vasetto non punto rozzo e anzi di non commi
forma che la conteneva, e sopratutto come spie-
gare tanta loquacità epigrafica per soggetto tale

i) Non possono essere qui contemplate quelle epigrafi
funebri, di età molto posteriore, in cui al nomo del defunto
si associa quello di una divinità, come Diana. Giunone ecc.
 
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