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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Comparetti, Domenico: L' iscrizione del vaso Dressel
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0199

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- 188 -

a sinistra corno altri popoli italici che serbarono
poi quest'uso, e che in quell'alfabeto che servì
loro di modello non era stato ancora adottato il
segno R. in luogo del più antico P. Ma il fatto è
che la evoluzione nella direzione della scrittura
per la quale i romani vennero a distinguersi dagli
Etruschi, Umbri, Oschi ecc. ebbe luogo fra essi in
epoca tanto antica da superare ogni ricordo dei
loro scrittori ed ogni monumento epigrafico a noi
noto ; altrettanto dicasi della lettera R ; quando e
come si sarebbe passati dalla forma P, adottata ne-
gli altri alfabeti italici, a quest'altra, che è pur essa
greca e che rimase tanto schiettamente romana
da essere fra i distintivi della provenienza latina
non solo nell'alfabeto della iscrizione marsa del
lago di Fucino, ma anche in quello delle iscrizioni
falische malgrado gli elementi etruschi che questo
contiene? Spiegare tutto ciò, come fa il Jordan,
pensando che l'iscrizione non sia propriamente ro-
mana ma di un dialetto latino, è ora impossibile
poiché vediamo che due righe almeno sono pura-
mente latine, e la interpretazione del Jordan ri-
manendo esclusa cade con essa tutto quanto ne
segue. E del resto nè le iscrizioni marse nè le iscri-
zioni prenestine nè altre si adattano a tale spie-
gazione, poiché neppure in quelle troviamo come
qui l'alfabeto nella sua primitiva forma greca.
L'alfabeto dell'iscrizione del lago di Fucino è in-
tieramente latino e non offre nulla di nuovo, salvo
la direzione bùstrofeda, che fuori di Roma e del
campo schiettamente latino non sorprende punto ;
di forme conosciute è l'alfabeto delle iscrizioni pre-
nestine e quel poco che c'è di nuovo, come già

10 stesso Jordan lo intende, è d'influenza italica,
non greca.

Noi abbiamo veduto che anche indipendente-
mente dalla scrittura, c' è ragione di sospettare che
chi scriveva fosse greco, e con questo si accorda

11 trovare una scrittura che è intieramente di tipo
greco arcaico. Due casi sono possibili e tutti due
conducono ad una stessa conclusione. Se un greco
scrisse ed a questo vogliamo attribuire quanto la

i) Tacito {Ann. IV, 14) là dove dice et formae literis
latinis quae veterrimis graecorum non parla della identità
della scrittura latina e greca in monumenti arcaici, ma
solo osserva che l'alfabeto latino proviene dal greco, non
quale questo era ai suoi tempi, ma qual' era in tempi an-
tichissimi. Altrettanto osservano altri; cfr. Prisciano Inst.
I, IV, 12 quibus ab illis (antiquissimis graecorum) acceptis
Latini antiqaitatem servaverunt perpetuam. Ciò si rife-
risco in generale all'alfabeto latino, anche qual'ora ai

scrittura qui presenta di men che romano, niun
conoscitore di epigrafia greca vorrà ammettere
che una mano greca potesse scrivere così più tardi
della prima metà del V secolo avanti Cristo. Se
poi era romano convien dire che egli fosse di quel
tempo in cui la scrittura presso i romani conser-
vava ancora la sua forma greca primitiva, era
nella forma e nella direzione press' a poco qual' è
nella iscrizione della lekythos di Tataia, e questo
tempo è antichissimo e i romani stessi, come Tacito
p. es., »■) poco ne sapevano. Si vede dover essere
stato in ogni caso anteriore al tempo della inva-
sione gallica quando furono distrutti i più antichi
monumenti di scrittura romana. Nei pochi e poveri
saggi di scrittura che si son trovati sui fittili del-
l'antichissima necropoli dell'Esquilino 2) non v'ha
assolutamante nulla che ricordi un tempo tale,
ed anche nei segni incisi sui massi delle antichis-
sime mura di Roma, comunque questi si vogliano
giudicare, si riman sorpresi nel vedere la preva-
lenza di una perfetta quadratura nello stile e nella
combinazione delle linee quale mal si aspetterebbe
in epoca così antica.3) Ed il solo monumento ro-
mano di scrittura intieramente greca di cui ab-
biamo notizia non è più recente di Servio Tullio.
Si è discusso assai su questa stela dell'Aventino
veduta da Dionigi ; ma ciò che più importa sono
le parole con cui Dionigi ne parla. *) Egli rimane
colpito da quel monumento e ne deduce che i
Romani non fossero a quel tempo così barbari
come li credevano i suoi contiazionali, dacché ado-
peravano scrittura greca e chi adopera scrittura
greca non può esser barbaro. Come giustissima-
mente ha osservato il Dressel, ciò che colpiva
Dionigi in quella stela era appunto ciò che col-
pisce noi nella iscrizione di questo vaso, l'essere
cioè l'antica parola latina scritta precisamente
nelle forme dell'antichissima scrittura greca. Ciò
che cosa vuol dire? Vuol dire che Dionigi non
conosceva scritture romane di quella foggia che
fossero posteriori a quell'epoca. Se, come si è pen-
sato, questa epigrafe non fosse più antica del V se-
tempi di Tacito e di Prisciano, e non alle forme sue pri-
mitive.

-) Dressel in Ann, dell'Insta, di corr. ardi. 1880, p. 265 sgg.

3) Bruzza in Ann. dell'Istit. di corrisp. arch. 1876 p. 72 sgg.

*) IV, 26: yQauficcTOJi' scovati /anaxTijQag 'EXlqvoxùv, olg
rò nafatiòv y 'Elias sxqùto. 6 xaì avrò noi/jacar' av zig ov
uixqòv rexurjQiov tov fuij fìaQjluQovg eivca zovg oixiacefTccg trjv
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