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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Comparetti, Domenico: Iscrizioni arcaiche di Gortyna
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0275

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- 263 -

adoperato, come il semplice ogxiog, nel senso (li
" stretto da giuramento. „ Il comparativo pare
possa spiegarsi dal richiedersi ad essa il giura-
mento piuttosto che al citato, e similmente
negli altri casi che si troveranno più oltre.

Col. II, 1.17 sTxiTcrjQrivaCoi, il verbo in questa forma è
nuovo ; conosciamo invece tt^q^xì^w con signifi-
cato presso a poco simile, poiché par chiaro che
qui si accenna a tentativo di seduzione.

ib. jzevaxevovxog xaósdxà, la forma (fsvaxsvto è
nuova; non c'è ragione di crederla, nel significato,
diversa da g>evaxi£w. Il senso apparirebbe più
chiaro e semplice se si potesse leggere (psvaxsvcov
Toòg xads<fT<x[vg]i supponendo una omissione eli
due lettere, che però sarebbe ùnica in tutto il
testo. Prendendo la lezione qual'è, non si può
spiegarla altrimenti che intendendo cpsvaxsvovxog
xadsaxà {ràv èXevd-éqav). Si vede da altri luoghi
(Col. VII, 43 sgg. Vili, 14 sgg.) che i cognati han
qualche parte nella tutela della giovane nubile
e orfana, è. forse di tal donna trattasi qui. In
ogni caso, essi avean diritti tali da porli in grado
di favorire con pretesti l'accesso presso la donna
e da farsi complici quindi in un tentativo di se-
duzione. La multa non è certamente imposta al
xadsaxàg, ma all'altro. Della punizione del xaós-
azàg non si parla qui probabilmente perchè la
colpa sua costituiva un crimine da non poter
esser trattato come causa civile e che quindi do-
veva esser contemplato in altra legge e per altro
tribunale. Perciò in questa legge, là dove trat-
tasi dell'amministrazione dei beni di orfane, nep-
pur si contemplano gli abusi e gli atti colpevoli
che potesser commettersi in tale ufficio.

1. 20-45. Si viene ora ai casi d'adulterio, con-
templati anch'essi come i casi vfiQeag eli cui so-
pra, cioè come cause private; cfr. Meier u. Schò-
mann Att. Proc. pag. 327 sgg. - Eliano (Var. Hist.
XII, 12) riferisce: ori èv Kqtjxìj sv roQxvvjj [ioi%òg
àkovg rjexo sui xàg ào%àg xaì sGxscpavovxo èqty
sXsy%0-sig. To ét Gxscpàrmiiu xazìjyógsi avxov, ori
avavÓQÓg stfxi xaì yvvvig xaì slg yvvctTxag \ià%Xog.
Kaì sìasTrqàaasxo ó^ioffia slg <Sxaxì]qag jrsvxrjxovxa,
xaì àxifxóxaxog fjv, xaì ovósvóg ot (isxfjv xcòv xoivcòv.
Di tutto ciò non ritroviamo nella nostra legge che
i cinquanta stateri e neppure in termini tali che
possa esser giustificato quel ór^ioata. Ciò non vuol
dire che tutto il resto sia falso; questa legge si
limita a fissare le multe, nè mai parla eli altro

genere di punizioni, che pur dovevano esservi; e
neppur esaurisce il soggetto dell'adulterio, non par-
lando affatto della donna, nè dei casi di omicidio
provocati da offese tali. Certamente altre leggi
tornavano su queste stesse cause di stupro e di
adulterio presentate in criminale. Qui non trattasi
che di accomodamenti in via privata come avean
luogo anche in Atene (M. u. Sch. p. 328). È de-
gno di nota che del libero colto in adulterio colla
schiava la legge non dice nulla!

1. 20 atXs-9-rji, qui ed in più altri luoghi la nostra
iscrizione ci offre esempio di questa notevole
forma che in questo elialetto prende il verbo
atoém ; già qualche altro esempio ne conoscevamo
nella iscrizione cretese pubblicata da Bergmann
{à(faih)xai, àcfaiXr^éa&ai) cfr. Curtius Gr. Etym.
p. 490.

1. 28-36, dal complesso di questo articolo si ri-
leva che l'uomo colto in adulterio era detenuto
da colui che lo aveva colto finché non si fosse
liberato pagando; e così anche in Atene (cfr. M.
u. Sch. 1. c.) ; dinanzi al giudice egli era rappre-
sentato dai suoi xaóearaC o parenti da parte di
donna. C è per questo ufficio dei cognati, come per
quello da noi sopra rammentato, dei confronti da
fare col diritto romano; cfr. lo scritto di Klenze
nella Zeitschr. f. Rechtsiviss. di Savigny VI, p. 1 sgg.
Se il colto sia un servo, s'intende che comparisce
per lui il suo proprietario. — Quel che si dice in
fine che sia lecito a chi lo colse far quel che
vuole s'ei non si prosciolga nel tempo indicato si
può intendere che possano o prendere quella ven-
detta che vogliano sulla sua persona o darlo in
mano della giustizia pubblica; e qui c'è luogo per le
notizie riferite da Eliano nel passo sopra citato.
Si noti però che l'espressione ini x. è. rjfxsv vuol
dire .ch'egli è dato loro in proprietà, come schiavo
cioè, e possono anche venderlo come tale. Cfr.
col. VI 49, ed ivi la nota.

1. 30 àXXvsd-d-ai e poco dopo, àXXvffrjxai, cfr. av-
vallvoixo in una delle iscrizioni Elee eli re-
cente scoperte, Inscript. gr. antìquiss. n. 110
(add.) 1. 7.

1. 32 nàaxai, questo sostantivo nàcxag posses-
sore, da irdofiai è affatto nuovo e ricorre in
più luoghi eli questa epigrafe ed in uno dell'altra
minore, ov'è scritto nàaaxai.
 
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