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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Poggi, Vittorio: Iscrizioni etrusca su di un vaso fittile a forma di uccello
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0394

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- 382 -

più probabile sarà che trattisi di una forma ver-
bale sul fare di ten^as, sval^-as, cau,9-as ecc.

Ciò posto, noi potremo anzitutto ravvisare in
questo mla#(as) una formola rituale " placans, „
in un senso analogo a quello di placamenti causa,
o simili. Il presupposto è per sè stesso assai plau-
sibile, chi osservi come all'epigrafia etrusca non
sieno estranee certe dizioni dedotte dal verbo pla-
care. Prescindendo dal piombo di Magliano, in cui
si accenna ripetutamente a riti e a cerimonie di
placazione (placaticia), mi limiterò a ricordare una
iscrizione da me recentemente edita

he: raesnini^vplahat')

che Sophus Bugge divide in he: raesni (i)n i#v
plahat, accettando pei primi due membri l'in-
terpretazione da me proposta, considerando il
terzo come pronome dimostrativo, il quarto come
equivalente al noto i^u di parecchie epigrafi e
l'ultimo, cioè plahat, come identico al lat. placata)
Senonchè senza punto abbandonare l'accettata
base di mla^- = lat. plac-, si potrebbe, forse con
maggiore probabilità, pensare ad una formola
" placens (sibi) „ corrispondente con molta appros-
simazione di significato all'ovvio " lubens „ del-

') V. Poggi, App. di epigr. etr. 43.

*) In lettera privata dei 9 di marzo del corrente anno.
L'illustre professore di Christianìa non tiene forse abba-
stanza conto della natura e dell'ufficio del monumento
su cui è inscritta la leggenda da lui cosi ripartita e di-
chiarata : il quale è un cinerario fittile del tipo così detto
a campana, e come tale, non suscettibile della qualifi-
cazione inerente alla voce i/u, almeno nel significato
di " lapide „ attribuitole con qualche probabilità dal Pauli.

l'epigrafia latina. In tale ipotesi, il tenore della
proposta interpretazione verrebbe ad essere mo-
dificato così:

Me dono (dedit) Larillus Silius, Laris filius, lubens;

oppure colla sostituzione dell'hoc al me, intorno
alla quale lascio, come già dissi, aperta la que-
stione ;

Hoc dono (dedit) Larillus Silius, Laris filius, lubens.

Stando la cosa nei termini in cui l'ho esposta,
questa ultima congettura ha sull'altra unicamente
il vantaggio di presentare più punti di contatto
colla tessitura delle iscrizioni latine arcaiche.

Ciò è quanto si può conchiudere sul non facile
argomento, nelle limitate condizioni in cui ver-
sano le nostre nozioni circa alla lingua degli Etru-
schi. Per fare un passo più in là, senza uscire dai
termini di una plausibile induzione, occorrono ul-
teriori riscontri che soltanto la scoperta di nuovi
documenti potrà rendere possibili.

Vittorio Poggi.

Questa osservazione del resto, nulla detrae alla dottrina
circa l'identità dell'etr. plahat col lat. placat, che parmi
attendibilissima.

In altro precedente tentativo di dichiarazione della
stessa iscrizione, il Bugge scompartiva he: raesni ni
#vplahat, riguardando il monosillabo ni come forma con-
tratta da nipe " vaso „ (sull'esempio di Pauli, Etr. Stud. Ili,
p. 59), e /vplahat quale equivalente di/u(m) pi a fiat
= lat. com-placat (cf. supplicare = sub placare).

FINE DEL PRIMO VOLUME.
 
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