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Museo italiano di antichità classica — 1.1884/​85

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Poggi, Vittorio: Iscrizioni etrusca su di un vaso fittile a forma di uccello
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https://doi.org/10.11588/diglit.9011#0393
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- 381 -

Checchenesia, tutto concorre a far intravedere
in Mlacuch una Dea del piacere e dell'amore,
stretta parente di Turan e personificazione nel-
l'Olimpo etrusco di alcuni degli attributi che la
mitologia greco-romana riferiva a Venere. Come
a questa era sacra la colomba, simbolo dell'istinto
sessuale onde si effettuano l'accoppiamento e la
riproduzione degli esseri, sarà lecito inferire dal
monumento in esame che a Mlacuch fosse sacro
il gallo, emblema non meno espressivo di un con-
cetto analogo.

Lo sprazzo di luce che da quanto son venuto
esponendo si riverbera sul culto di una divinità
fin qui così poco conosciuta quale è l'etrusca
Mlacuch, non sarebbe, invero, uno dei minori pregi
dell' interessante monumento da me illustrato ;
quando l'iscrizione di cui è fregiata, in base ai
criteri ermeneutici enunciati e svolti con qualche
ampiezza nella presente monografia, potesse es-
ser resa, siccome io propongo, così:

Me dono (dedit) Larillus Silius, Laris filius, deae
Mlacuch;

" Mi (diede) in dono Larile Zili, figlio di Lari, a
Mlacuch. „

Ho appena bisogno di far osservare come co-
loro a cui non soddisfaccia il me possono a loro
talento sostituirvi l'hoc, senza che ne resti punto
alterata l'orditura logica dell'iscrizione, la quale
verrà a suonare : Hoc dono (dedit) Larillus Silius,
Laris filius, deae Mlacuch.

Ma mi sarò io apposto al vero, e l'interpreta-
zione da me proposta avrà ella raggiunto quel
più alto grado di probabilità che è dato di con-
seguire in questo ramo di studi?

Oso sperarlo, visto che tale interpretazione,
mentre da un lato soddisfa alle esigenze generali
della logica, nonché a quelle peculiari dello stile
epigrafico arcaico, è consona d'altra parte ai ca-
noni più generalmente accettati, in opera di er-
meneutica etrusca, senza disdire menomamente
alla natura ed all'indole propria del monumento
in cui l'iscrizione stessa è consegnata. ')

Contuttociò, non so difendermi da un senso di

l) Questa iscrizione trova un perfetto riscontro nella
seguente Ceretana

mi ni kaisie #annursi annat mulvannice

con cui un Kaisie (Caesius) dedica la " tazza, „ ni(pe),
sulla quale è graffìta l'iscrizione, alla Dea Thanr, o Thanur.

Museo italiano di antichità classica — Voi. I. Punt. III.

peritanza e di dubbiezza in ordine al significato
dell'ultimo membro; nè tacerò che trovo, a que-
sto riguardo, argomento di diffidenza nel tenore
della seguente iscrizione

mlakas \ sela \ askamieleivana

sfuggita, come sembra, all'oculatezza dei tre egregi
illustratori del piombo di Magliano, ai quali sa-
rebbe, invero, tornato opportuno e utilissimo il
far tesoro del riscontro da essa prof erto.

Il motivo di tale inavvertenza, per parte di eru-
diti di solito così diligenti e perspicaci, è forse da
ricercarsi nel fatto che, quantunque l'iscrizione sia
registrata nel Corpus (n. 2614 quat.), non se ne
trova il menomo accenno nel Glossarium. A ren-
dere meno incompleta per parte mia la nozione
dell'importante monumento, aggiungerò che la le-
zione del Fabretti è alquanto diversa dalla mia,
in quanto che egli spezza il secondo membro in
due sillabe se-la tramezzate da un punto, men-
tre da un accurato disegno a inchiostro di China
che del cimelio ebbe la bontà di favorirmi l'amico
P. Leopoldo De-Feis, si rileva (ciò che, del resto,
il De-Feis mi conferma per lettera) che le due sil-
labe spettano ad un sol membro, non essendovi
intervallo fra esse, e il piccolo punto che effetti-
vamente le framezza avendo tutta l'apparenza di
essere meramente casuale. L'iscrizione è a graf-
fito su vasetto fittile, a vernice nera, in forma
di aryballos dell'altezza di 0,055, e gira tutt'in-
torno sull'alto del ventre, lungo una zona deter-
minata da due linee parallele, la superiore delle
quali sottostà immediatamente ad un fregio geo-
metrico che quasi monile circonda la base del collo.
Il cimelio è di ignota provenienza, e si conserva
nel R. Collegio Carlalberto dei Barnabiti in Mon-
calieri.

Se questa iscrizione è genuina, nè, ch'io sappia,
havvi motivo a sospettarla meri che tale, non si
può disconoscere nella voce mlakas esibita dal
suo primo membro una forma pleniore del mla%
con cui appunto si chiude il testo epigrafico da
me illustrato. In questo caso, è chiaro che non
regge la proposta interpretazione, almeno in quanto
risguarda la supposta dedicazione alla dea Mla-
cuch. Bisognerebbe pertanto cercare la soluzione
del problema in un nuovo ordine .di idee: ed ecco
come e per quali vie si potrà giungere, secondo il
mio modo di vedere, ad un soddisfacente risultato.

Dato che mia* stia per mlakas, l'induzione

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