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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 2.1893 (1894)

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Ghirardini, Gherardo: La situla italica primitiva studiata specialmente in Este, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.9301#0106

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LA SITCLA ITALICA PRIMITIVA

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ua certo tipo di vaso di bronzo a tronco di cono rovescio,
il quale in effetto non ha veruna attinenza per la tecnica
e quasi nessuna per la forma con le situle dei tempi
romani, ma può nondimeno essere ragionevolmente ap-
pellato così per l'uso, a cui in un gran numero di casi
ha senza dubbio servito: di attingere e contenere l'acqua.

Vi fu chi applicò a questa sorta di vasi il nome
di cista. Il prof. Prosdocimi (') limitò questo nome ai
vasi di bronzo senza manico della necropoli atestina,
che in effetto non si potevano credere recipienti da
acqua, ma apparivano d'uso esclusivamente sepolcrale ;

10 Chantre chiamò così in genere tutti i vasi dello stesso
tipo del periodo di Hallstatt (2).

Viceversa il Bertrand chiamò seaux le ciste a cor-
doni, che, come gli opponeva il Gozzadini, non hanno
mai servito a contener bevande (8).

La parola adoperata dal Prosdocimi dette luogo a
una piccola controversia, cui accennò anche il Benve-
nuti, illustrando la celebre situla istoriata atestina. Egli
pubblicò una lettera assennatissima del Chierici (4)

11 quale definì esattamente la distinzione ch'era da
fare fra situla e cista. Sebbene non tutte le idee ivi
esposte ci paiano sicuramente accettabili, tuttavia noi
consentiamo appieno nel parere dell'insigne paletnologo:
che sia perfettamente acconcia a designare i nostri vasi
a forma conica rovescia la parola situla; laddove il nome
di cista, che in origine non significava altro fuorché un
canestro di vimini, è giusto che sia serbato ai noti vasi
di bronzo cilindrici, che sin dal più remoto periodo in
cui appariscono in Italia serbano nei cordoni onde sono
ricinti una reminiscenza, a parer mio, evidentissima

nerale, e lo usarono non pure gli archeologi italiani, ma anche
gli stranieri, sebbene i Francesi adoprassero e adopriuo anche
la parola seau, di eguale significazione, derivata da situlus, i
Tedeschi Eimer. Il Semper (Der Stil2, II, p.3, 4) chiamò pure
situla la secchia degli antichi Egiziani, che serviva per estrarre
l'acqua dal Nilo e notò la diversità fra codesta situla e l'idria
greca destinata invece ad attinger l'acqua scendente dalle fonti.
Ma anche il tipo della situla egizia è essenzialmente diverso
dal nostro. Cf. op. cit., la fig. data a p. 4 e 32.

(!) Bullett. di paletn. iteti, VI (1880), p. 84, 91-92 ; Notizie
1882, p. 25-27 Egli serbò il nome di situla ai piccoli secchielli
forniti di manico girevole.

(2) Matériaux pour Vhist. prirn. de Vhomme, XVIII (1884),
p. 17-19, 122-123; 219-222.

(3) Gozzadini, Intorno agli scavi Arnoaldi, p. 47-48.

(4) Benvenuti, La sitala Benv. del Museo di Este, p. 8,
nota 9.

della materia e della tecnica, con la quale si composero
i loro primitivi prototipi (').

Il vaso, di cui noi trattiamo, è di natura sua un
vaso eneo sin dall'origine, se pur non ha qualche rela-
zione con la situla di legno, secondo che pensava il
Chierici (2). In ogni caso l'analogia, che il tipo della
situla, segnatamente in una delle sue varianti, offre col
calathos, la cesta da lavoro della donna greca, non è che
un'analogia casuale. Il nostro vaso appartiene ad una
classe di utensili interamente diversa ; manca, fin dalla
sua prima apparizione nella civiltà paleoitalica, di qual-
sivoglia vestigio d'un prototipo intessuto di giunchi ; ha
il genuino aspetto d'una vera e propria secchia, che
ha servito sin dall'origine al fine, cui ha servito la
situla dell'età romana, non importa poi che sia stata
anche volta ad usi diversi (3). Non possiamo non accet-
tare pertanto questa terminologia usata oggimai presso
che universalmente dalla metà incirca di questo secolo
insiuo alla recentissima scoperta del vaso di Kuffarn,
cui i paletnologi austriaci appropriarono la medesima
appellazione.

La forma fondamentale della situla è, come si è
detto, quella di un tronco di cono capovolto. Sebbene
fino dal periodo più antico a questo tronco di cono si
sia aggiunto qualche altro elemento, possediamo ciò
non pertanto qualche raro esemplare, che rappresenta
nella genesi dello sviluppo organico della situla lo
stadio primitivo.

(') Al Cavedoni (Osservazioni sopra un sepolcreto etrusco
scoperto nella collina modenese nella Continuazione delle me-
morie di religione, di morale e di letteratura, tomo XIII,
p. 220), spetta il merito d'aver per il primo pensato che le eiste
a cordoni allora conosciute « fossero veramente così confor-
mate a fine di ritrarre in rame la forma delle vere ciste con-
teste di canne, vimini o simili materia flessibile e leggera». La
medesima derivazione ascriveva alla cista a cordoni il Chierici
(presso Benvenuti, 1. e), e accennava ad essa in via d'ipotesi
l'Orsi (Bull, di paletn., XI, 1885, p. 75). Finalmente anche lo
Schumacher (Eine praenest. Ciste ini Museum zu Karlsruhe,
p. 44), concordando nelle idee generali espresse recentemente dal
Kekulé intorno all'origine della forma e dell'ornamento dei più
antichi vasi greci e pregreci (Archiiolog. Anzeiger, 1890, p. 106-
107), ammette egli stesso la provenienza prima delle ciste me-
talliche da canestri di giunchi.

(2) Presso Benvenuti, 1. c.

(3) « Ciste e situle » osservava giustamente il Chierici, 1. c.
« poterono adattarsi a nuovi usi e al medesimo uso forse tal-
volta .... ma l'archeologo tiene per distinguerle il criterio po-
sitivo e diretto della forma, cilindrica però nelle ciste, conica
o a tronco di cono nelle situle, differenza non accidentale, ma
di origine ».
 
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