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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 3.1893 (1894)

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Comparetti, Domenico: Gortyna
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https://doi.org/10.11588/diglit.9300#0093
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145

GOETYNA — SECONDA EPOCA

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muti in una vocale affine all'w che segue, non
è poi tanto strano; altrettanto vediamo acca-
dere in questi dialetti cretesi alla sibilante di-
nanzi a gutturale in notTyvg per nQb'ayvg; la
diversa posizione dell'accento può spiegare per-
chè un simil fatto non si produca in àqrvu). Cer-
tamente la pronunzia dovette essere mditys,
préigys.

Col. I, 1.14-23. Poiché la legge pei casi sopra ac-
cennati proibisce V àysiv pregiudiziale, impone il
procedere per tribunale, qui viene a definire in
modo esplicito i casi nei quali vuole che ciò sia e dà
al giudice le norme del giudizio per ciascun caso.

I casi sono due: 1° l'uomo in questione è te-
nuto e posseduto da uno come schiavo, un altro
sostiene che quella proprietà è illegittima, perchè
quell'uomo non è schiavo, ma libero. 2° Uno pos-
siede uno schiavo che considera come suo pro-
prio, un altro sostiene che quello schiavo appar-
tiene invece a lui.

Pel primo caso l'espressione che il legislatore
adopera ò niv sXsvOsqov ò cìè dmXov presa da sè
sola pare permetta di pensare alle due possibili
varietà del caso stesso, dell'uomo cioè che tenuto
schiavo venga reclamato come libero, e dell'uomo
che vivendo in condizione di libero venga recla-
mato come schiavo. E così ha inteso Zitelmann,
e altri con lui, a torto certamente, come è facile
vedere in quel che poi dice la legge parlando di
un 6 t%wv che s'intende bene detto di chi tiene
uno schiavo, ma non può, come Z. pretende, es-
sere inteso di chi abbia presso di sè un libero in
qualità di libero; nè per un uomo che altri abbia
presso di sè come libero potrebbe imporsi un
Xayàaai, che unicamente si dice di chi è tenuto
forzatamente, come avviene dello schiavo, e non
ha facoltà e modo di andarsene da sè, come l'ha
ogni libero. Presso Lysia abbiamo il caso di Pan-
kleon che presta l'opera sua in qualità di libero
presso un gualchieraio (yracpsvg) e Nicomede ne
fa presura reclamandolo come suo schiavo {àysi
sìg dovXsiav); il yracpsvg non figura punto come
ó i'xcov, nè interviene nelle contestazioni che poi
hanno luogo circa quell'uomo.

Qui la lite è fra due persone circa una terza
che è tenuta da uno di essi come schiavo, di sua

proprietà. La questione dello status di quella per-
sona disputata non è vista e trattata assoluta-
mente e per sè stessa, nel qual senso potrebbe
essere piuttosto causa pubblica che privata, ma
solo per quanto concerne il diritto di proprietà
su quella persona, il quale naturalmente cessa
appena sia provato che quello non è schiavo ma
libero. Se in quel óùtlog, oltre allo schiavo di condi-
zione tale, possa essere anche compreso lo schiavo
temporaneamente tale come nexus o addictus, la-
sceremo indeciso ; osserviamo però che nelle leggi
concernenti il nexus e Y addictus (n. 152) si usano
altri termini; il xaraxsi'fisvog o il vsvixantvog non
è mai chiamato ómkog, benché di fatto la sua con-
dizione sia temporaneamente tale.

1. 15, xaQióvavg, questo xuqtoìv è forma intiera-
mente nuova, invece del già ben noto dorico
xócqqojv per xQstzTwv ; 'va inteso prevalenti, vin-
citori (cfr. ó xqsCtcoì lóyog di Aristof.) e l'uso
del verbo ànoitwvsv fa sentire che fu lasciato
sottinteso iiahvqeg.

Qui, dove è anzitutto in vista e in discus-
sione il diritto di proprietà, non abbiamo le
" vindiciae secundum libertatem „ come a Roma
e anche in Atene (cfr. MeierSL p. 665); per
quella stessa ragione per cui è proibito l'àysiv
7tqò óixag, il possessore non è obbligato a rinun-
ziare alla sua proprietà neppure momentanea-
mente, finché non sia provato e deciso che
quella è illegittima; ma il buon sentimento che
ispira quelle " vindiciae secundum libertatem „
si ritrova qui nello stabilire che prevalgano
quanti testimoni lo dicono libero, indipendente-
mente dal numero, poiché l'espressione non
pare possa essere intesa limitatamente al caso
di parità di deposizioni prò e contro.

1. 23-34. Il giudizio pel quale la legge ha qui so-
pra dato le norme contemplando ciascuno dei due
casi partitamente, è una semplice pronuntiatio, non
una condemuatio. Infatti vediamo qui che colui che
tiene l'uomo schiavo, soccombendo in giudizio,
non ha da far altro che rilasciare il libero, conse-
gnare in mano, come mancipium, lo schiavo ; non
si stabilisce alcuna multa o indennità per aver
tenuto ingiustamente come schiavo un libero, per
aver tenuto come suo lo schiavo altrui. Questa
 
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