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265

GORTYNA — SECONDA EPOCA

266

/.laixvQcov óvoii' ^Qo^iirnv àkev&éQiov ànoduxaàxm
snl xtài vatòi r) ònfj xce vasvrjt.

1. 12, òqxkóxsqov, ved. la nota al n. 151, II, 15 ed
al n. 154, 6 sgg.

1. 14, certamente al, non ài, come io già aveva
segnato, intendendo men giustamente la strut-
tura di questa frase (ósixamv ài xxX.).

V è da notare queir èmqXsvas. In quel che
precede immediatamente, di ciò non si parla
affatto, ma solo di inidié&&ai e di xaXrjv ài
dsCxdsi. Se ne parla però nella colonna antece-
dente ove sono enumerati i tre casi contemplati
qui, èniSiiqxai, ènsXsvGei, óeixGei, coli'aggiunta di
un ài èyqàxxai che indica come le prescrizioni
relative a questi atti fossero specificate nelle
parti anteriori, oggi perdute, alle quali anche
si riferisce l'ài èyqàxxai che accompagna 1' im-
óié&&ai in questa col. 1. 6. Chi ben consideri
tutto ciò rileverà facilmente due fatti: 1° che
tutto questo articolo 1. 12-16 (x' òqxiwxéqov -
ósixaiwv) non si riferisce soltanto al caso imme-
diatamente prima contemplato dell' inno*; xxX.
dalla lin. 2 in poi, ma è posto in fine, in aggiunta
a tutte le prescrizioni antecedenti, a quelle cioè
ch'erano nella parte perduta anteriore alla la col.,
alle quali si riferiscono gli ài èyqàxxai. 'Exàht
ósixaimv, e sopra xaXfjv ài dstxasi non costitui-
scono certamente lo stesso atto a cui allude il
semplice fj /.irj óeixosi nella col. 1,11, altrimenti
si avrebbe -ij /xrj xaXtfi fj firj óslxasi, come ab-
biamo nella Grande Iscrizione (I, 44) poiché la
eccezione pei giumenti, che è soggetto di que-
st' articolo speciale, sta appunto in questa diffe-
renza del xaXfjv ài SsixGsi. D'altro lato, non
distinguendosi xaXrji e Ssi'xasi nell'articolo sul
giuramento, ma dicendosi unitamente ^ ixàhj
óeixaimv, ciò fa pensare che queir fj ^ Ssixasi
non sia contemplato come un atto speciale, ma
come lo scopo dei due atti prima nominati. Per
tal ragione segno il punto dopo ònrj x fy. —
2° che, oltre a determinare il tempo dentro cui
l'atto prescritto dell' èmSié&d-cu, ecc. dovesse
aver luogo, in quelle prescrizioni era stabilito
che anche l'atto del menare l'animale, o del
portarlo dovesse effettuarsi in presenza di te-
stimoni.

Se poi si cerchi la ragione per cui pei giu-
menti non si richieda che vengan portati, come
si richiede per altri xsxqànoóa, quando sien resi
inabili a camminare o morti, a creder mio que-
sta si trova, non tanto nella mole di questi
animali (poiché ciò varrebbe anche pei xuqxal-
noóa), quanto in ciò che i giumenti resi inabili
al camminare e quindi al lavoro, o morti, non
hanno più alcuna specie di valore, nè al cambio
di cui è parola in principio della col. la si può
più pensare per essi, mentre invece i tcqò$uxu
e i xaQxaCnoócc, anche mal ridotti o uccisi, han
sempre un valore come animali da macello.
1. 15, ixàXri per sxàXsi.

1. 17, àTiaf.i7raiofit'vo[vg] composto affatto nuovo,
ma regolare {ànavanaim) ; parve già a me e
ad altri dovesse accennare a calci ricevuti da
quadrupedi maggiori ; ma troppo strano par-
rebbe che a Creta non si usasse per tal senso
il comune ànoXaxxfcm. Qui, come nella col. se-
guente, si viene a parlare di danni fatti ad ani-
mali, non da altri animali, ma da uomini.

Dopo le spiegazioni che precedono, possiamo
riassumere quanto si ricava dai residui di queste
due colonne. Trattasi di ciò che presso gli Ateniesi
era uno dei soggetti delle d(xw pXàprjg, ma più
particolarmente qui della pXàfirj xsxqanóóm' con-
templata già nel codice soloniano (cfr. Meier SL.
Att. Proc. p. 652 sg.) ; la quale fra i Romani
era soggetto di quella fra le actiones noxales che
si distingueva col titolo di actio de pauperie. Quel
che sappiamo della legislazione greca su tal sog-
getto è così poca cosa che quanto da questi re-
sidui ricaviamo può considerarsi come acquisto
intieramente nuovo.

In questo che rimane non trattasi d'altri danni
cagionati da quadrupedi se non quelli che animali
di un proprietario infliggano ad altri animali di
un altro. Di danni cagionati ad uomini o cose
qui non è parola. Il principio romano della noxae
clatio, segnato già nelle XII tavole ') e che appli-

') " Si quadrupes pauperiem fecisse dicetur lex XII tab.
voluit aut dari id quod nocuit aut aestimationem noxiae
offerri „ Ulpiano, ved. Bruns Fontes jur. rom. ant. p. 28.
 
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