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quelli, e che ripete la sua origine e il suo sviluppo
dalla decorazione geometrica della situla metallica,
alla quale sono essenzialmente volte le nostre indagini.

Ad Este si lascia da parte il graffito, che nel primo
periodo della civiltà veneta è applicato a varie sorta
di vasi fìttili, massime a quelli, che ripetono più o
meno liberamente lo schema dell'ossuario di Villa-
nova. E un processo nuovo s'introduce nell' arte cera-
mica: quello d'applicar sull'argilla molle delle bor-
chie di bronzo.

Possiamo parlare d' una creazione originale e spon-
tanea dell'artefice veneto? E se non spetta a lui il
merito d'aver inventato questa tecnica decorativa,

STUDIATA SPECIALMENTE IN ESTE

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onde
Italia?

6 essa venuta, come si è diffusa e svolta in

Mi sembra cader qui in acconcio un' indagine ge-
neralo sopra tale argomento, che da molti anni ha
destato il mio interesse, ed al quale ebbi già occasione
altre Tolte di volger l'attenzione e gli studi.

Chi voglia indagare come sorgesse e si propagasse
1 uso di fregiare di borchie o chiodetti i vasi fittili,
^6Ve anzitutto determinare bene la ragione, per cui
a slffatto uso si ebbe ricorso : il fine, che mosse lo
stovighaio de' tempi primitivi ad applicare alla fab-
ucazione de' vasi una materia di natura così disforme
dall' argilla, qual' è il bronzo. Non v' ha dubbio che
questa ragione è affine a quella, che consigliò il vasaio
a lmitare e rifare in terracotta le forme del vasel-
lame metallico, onde si arricchirono di tipi e sagome
nuove i rozzi e poveri prodotti delle fabbriche paesane.

Questo fatto del nuovo e potente impulso venuto
all arte ceramica dalla riproduzione • delle forme pro-
prie de' vasi metallici non ha bisogno d'ulteriori com-
menti dopo quello che risulta dalle più recenti ricerche
di chiari archeologi, dopo quanto noi esponemmo par-
ticolarmente nella I parte di questa nostra memoria ('),
dopo finalmente la larga e bellissima trattazione, che
di tale argomento fece non ha guari il Barnabei, di-
scorrendo de' fittili della necropoli di Narce (s). Egli ri-

ferì all'
di

imitazione del bronzo tutta un' intera famiglia

1 vasi fittili : quelli, eh' egli chiamò d' impasto artifi-
ciale

a copertura nerastra; e li ravvisò fatti sul mo-

li! 1' SI)ecialmente col.. 220-222; 231-239.
J/n», lrnabei> Antichità del territorio falnco. p. I, nei
°mm- ** IV (1894), col. 182-235.

dello de' vasi metallici composti di lamine commesse
insieme mediante semplice incastro o con inchioda-
tura de' margini. L' uso de' chiodi per la riunione delle
lamine portò per effetto che i chiodi stessi vennero
ad assumere talvolta valore decorativo. Così taluni
vasi, massime quelli imitanti più o meno fedelmente
la forma di Villanova (') e quelli a corpo sferico con
piede imbutiforme e collo cilindrico (2) hanno una fila
di chiodi metallici a capocchia conica sporgente, i
quali spesso, piuttosto che compiere una funzione tetto-
nica, vennero ad assumerne una meramente decorativa.
In certi esemplari, secondo le osservazioni recenti del
Barnabei (3), la maggior parte di cotesti chiodi non
passano neppure da parte a parte.

Che i chiodi fossero usitatissimi nelle tecniche
metallurgiche sin da età assai remota fanno fede sva-
riate specie di arnesi menzionati ne' poemi omerici.
Ivi infatti si ricorda anzitutto lo scettro (Gxt]titqov)
d'Achille %(>v(ieiois rjloiOi nenaqfiivov (4), e l'epiteto
àqyvQÓrjXoc è attribuito frequentemente alle spade
(^C(poi) (5) ed anche ai seggi (&qóvoi) (6). Finalmente
la magnifica tazza di Nestore (ót'nac nsQixulltì) è
detta parimenti xqvGeCoig yloiffi ns-riaQ^isvov (7). Chi
tenga conto della preziosità della materia, onde son
fatti cotesti chiodi accennati da Omero (oro o argento),
penserà spontaneamente che servissero non solo a fis-
sare e rafforzare le parti componenti l'oggetto, ma
anche, e più specialmente, per ornamento : sia che com-
pissero tutti insieme ambedue gli uffici, sia che ser-
vissero in parte all' uno, in parte all' altro (8).

Ma, lasciando stare i chiodi veri con funzione
tecnica e decorativa, nel vasellame eneo dell' età di
Villanova abbiamo veduto come sia comune la decora-

(') Cfr. per le nozioni bibliografiche di questi vasi recate
da me sopra: parte I, col. 205, nota 2.

(!) Cfr. ibid., col. 207, noto 2, 3- 211, nota 1. V. anche
col. 208, fig. 8.

(3) Barnabei, op. cit., col. 215-217. Veggansi gli esempi
ivi citati, fra cui caratteristici sono quelli forniti dai due vasi
ivi pubblicati, fig. 97 e 98.

(4) //., I, 245. Cfr. Helbig, Das hom. Epos*, pag. 378.

(5) IL, II, 45; III, 334, 361; VII, 303; XIII, 610; XVI,
135; XIX, 372. Od., VIII, 406, 416 ; X, 261 ; XI, 97. Cfr. Hel-
big, op. cit., p. 333.

(6) //., XVIII, 388. Od., VII, 162; Vili, 65; X, 314, 366;
XXII, 341. Cfr. Helbig, op. cit., p. 121.

P) IL, XI, 633. Cfr. Helbig, p. 376-378.

(8) Cfr. le osservazioni diligentissime dell'Helbig a pro-
posito de'sedili e del bicchiere di Nestore: op. cit., p. 121
e 376.
 
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