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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 7.1897

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Ghirardini, Gherardo: La situla italica primitiva studiata specialmente in Este, [2]: l'ornamentazione geometrica
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https://doi.org/10.11588/diglit.8557#0048

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zione ottenuta con bugnette convesse di diametro vario,
rilevate col cesello in guisa da assumere esse pure
1' aspetto di teste di chiodi fissati ne' vasi. .

Sappiamo da Ateneo che il toreuta Apelle aveva
osservato è'v ucri xooiv&iaxoìg sqyoig questo modo di
ornamentazione, eh' egli designa molto precisamente,
notando come appunto i tubercoletti sbalzati venissero
a prender forma di capocchie di chiodi : £%o%ì) ò' i)v
òXiyrj roìg xoXamì]oo'iv sTtrjQjjhéviq xal olovsì xetfaXidag
7]Xwv ànoxsXovo'a (').

Lo stesso bicchiere di Nestore, a proposito del quale
Ateneo riporta Xautorità del toreuta, non avrebbe
avuto, secondo il parere di esso, veri e propri chiodi,
ma soltanto protuberanze ottenute con lo sbalzo della
lamina metallica: opinione, che l'Helbig(2) giusta-
mente rigettava; tenuto conto della frase usata dal
poeta (xQvffawig rjXoidi 7is7raQ/.isvov), la quale accenna
chiaramente all' applicazione di borchie auree, vere e
reali. Ma, checché sia del bicchiere di Nestore, egli
è fuor di dubbio che una delle primitive tecniche di
ornamentazione de' vasi di bronzo paleoitalici è quella
appunto, che potremmo chiamare delle finte borchiette
o de' bitorzoli rilevati.

Allorché or dunque si trasse partito dai fabbrica-
tori di stoviglie delle forme del vasellame metallico,
si pensò a far di più che ripeterne il tipo: si ripe-
terono altresì de' particolari propri della loro struttura
e della loro ornamentazione, e s' ebbe ricorso alle bor-
chie di bronzo confitte sulla terracotta.

I primi esempì di codesta tecnica apparsi alla luce
negli scavi dell' Italia furono taluni vasi di provenienza
atestina, i quali passarono al museo arciducale del
Catajo, dove sino a quest'anno si conservavano. Essi
non isfuggirono nel secolo passato all' attenzione giu-
diziosa del Lanzi (3). Accennando egli ai vasi collocati
« nel gran Museo del Catajo, frutto delle scavazioni
del sig. march. Tommaso Obizzi in più luoghi dell' an-
tico paese E uganeo », dopo aver fatto parola di quelli
dipinti a liste o fasce, non lascia di far menzione di
taluni altri vasi da lui veduti quivi « con alcune protu-
beranze per tutto il circuito, usati anche in Grecia, «V

(') Ateneo XI, p. 488 c.

(2) Helbig, op. cit., p. 378.

(3) De' Vasi antichi dipinti volgarmente chiamati etruschi,
nelle Memorie degli accademici italiani, I (Firenze. 1806),
p. 26.

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xvxIcì xvnovg (tuberculos) sxovrsg ('), i quali peraltro,
essendo piuttosto chiodetti quivi confitti, rammentano
più veramente i vasi che aveano nella superficie olovsì
xeyali'dag ì]l(ov, quasi clavorum capitula» (2).

Ponendo da parte il primo inciso del passo qui al-
legato, in cui è una interpretazione erronea, a parer
mio, dei xvnoi allegati da Ateneo come ornato pecu-
liare di una certa forma di vaso (óaxrvXwTÓv) (3),
non v' ha dubbio che il Lanzi intravvide per il primo
l'analogia fra i chiodetti applicati su vasi fittili di
Este e le bugnette ornamentali de' vasi metallici. Non
occorre dire che l'opinione del Lanzi, riportata più
tardi dal Cavedoni (4), al pari di molte opinioni di
altri antiquari ed eruditi italiani, che noi della novis-
sima scuola abbiamo l'abitudine di considerare come
viete e trascurare come inutili, rimase al tutto dimen-
ticata, anzi ignorata. Della quale ignoranza debbo io
per primo muovere accusa a me stesso, che nel 1882,
toccando dei fittili imbullettati della necropoli tarqui-
niese, espressi un giudizio sostanzialmente affine a
quello del Lanzi, che non conoscevo, salvo che lo for-
mulai in modo più esplicito e determinato, imperoc-
ché riguardai le borchie de' vasi fittili proprio come
« una imitazione dei bottoni a sbalzo, onde si fregia-
vano i vasi di bronzo » (5).

Tenendo poi conto anche delle borchie, che usa-
vansi nella primitiva metallotecnica per congiungere le
lamine componenti i vasi stessi e che adempivano spesso
funzione decorativa, in una postilla aggiunta agli
estratti del mio lavoro, soggiungevo che, a parer mio, le
borchie de' vasi fittili « fossero destinate a imitare e le
vere borchie, ond'erano fermate, secondo l'antichissima
tecnica, le diverse lamine componenti i vasi enei, e
le borchie o bottoni ornamentali a sbalzo » (6).

In quest' avviso mostrò poco dopo di consentire lo
Gsell (7) ; né credo sia diverso oggimai il parere di
quanti archeologi si occuparono d'antichità italiche.
Nessuno tuttavia instituì sinora di proposito una si-
stematica investigazione intorno a questo tema, sebbene

(!) " Athen. Dipnos, pag. 468. v. 4, pag. 475 ».

(2) « Athen. ib. p. 488 ».

(3) Ateneo, XI, 468, c.

(4) Indicaz. del Catajo cit, p. 55, 56.

(=) Notizie, 1882, p. 177 (= La necrop., p. 48).

(6) La necrop. cit. Vedi fra le Correzioni ed aggiunte
quelle della p. 48.

(7) Gsell, Fouilles, p. 264.

LA SITULA ITALICA PRIMITIVA
 
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