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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 11.1901

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi della Sardegna
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https://doi.org/10.11588/diglit.9304#0015

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DELLA SARDEGNA

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oggetti quivi scavati non possono appartenere ad epoche
archeologiche diverse (').

Il materiale, raccolto oggi nel Museo preistorico
di Roma, in gran parte publicato dal Colini con buoni
disegui (2), consiste in nuclei (tav. I, fig. 10), lame di

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Fig. 6 1:2. — Lama di pugnale della caverna
di S. Bartolomeo (dis. dell'autore).

coltello, (tav. II, fig. 4), raschiatoi e punte di ossidiana
(tav. I, fig. 12 e II, fig. 7) in gran numero ; si ritrovò
inoltre un'ascia in pietra levigata (fig. 4), una lami-
netta pure levigata di scisto provvista di fori alle due
estremità; conchiglie intagliate e forate per appenderle
quali ornamenti (tav. II, fig. 6 e 12, III, fig. 15) (tav. I,
fig. 8), ossa lunghe scheggiate ed aguzzate ad un estremo

('•) Colini in Bull, di Paletti, ita!., 1899, p. 250.
(2) Bull, citato, p. 252 e seg., tav. XVII-XIX.

Monumenti antichi — Vol. XI.

(tav. I, fig. 9), un dente forato per potersi portare quale
ornamento od amuleto (tav. Ili, fig. 12), un'ascia
piatta in rame con taglio alquanto allargato (tav. II,
fig. 5 e 5 a), tre lame di pugnali triangolari provviste
di codolo, una delle quali riprodotta dalla fig. 5, ed
una anche di due fori per i chiodetti destinati a fis-
sarla al manico (fig. 6) ed infine un punteruolo in rame.

Numerosissime sono le stoviglie, fra le quali alcune
rimarchevoli per la finezza delle pareti, la regolarità
delle linee e l'uniformità della cottura; queste sono
plasmate in argilla depurata annerita con nerofumo o
altra materia, che dà al vaso un color nero reso al-
l'esterno lucente mediante levigatura. Le altre stoviglie
sono più ordinarie, ed evidentemente destinate ai vari
usi domestici; esse sono plasmate in argilla mescolata
a tritumi di roccie per aumentarne la coesione, poi
sopra la superficie scabra dell' impasto è stesa una
ingubbiatura di argilla, che il contatto col fuoco al-
l'aperto ha qua e là cotta o bruciata, dando al vaso
un aspetto rossastro nei luoghi intensamente cotti e
nero ove l'impasto è crudo ancora od affumicato.
Questi però sono i prodotti più rozzi, ma altri più
accurati, benché eseguiti colle medesime tecniche,
cercano di imitare la ceramica più fina, della quale
ho già parlato, e che l'Orsoni reputò importata. È
notevole il fatto che molte anse, staccate oggi dai vasi
dei quali facevano parte, mostrano fratturata la sola
ingubbiatura, mentre il nocciuolo interno si risolve
in una specie di piolo a superficie quasi liscia, desti-
nato evidentemente ad incastrarsi in un apposito in-
cavo praticato nelle pareti del vaso; se ne deduce
infatti che i piedi e le anse si plasmarono separa-
tamente e si applicarono ai recipienti già formati
ed in parte asciutti, onde la loro poca aderenza,
aumentata peraltro dall' ingubbiatura spalmata al-
l'esterno per nascondere la ruvidezza dell' impasto e
le giunture.

Le forme non sono assai svariate; prescindendo
dagli avanzi di grandi bacini, uno dei quali decorato
ai lati dell'ansa con cerchi incisi riempiti di sostanza
rossa (fig. 7), si nota un vaso in argilla depurata,
nero lucente all'esterno, che potrebbe scambiarsi per
la boìità della pasta, il colore e la finezza delle pa-
reti coi buccheri fini dell'epoca etnisca; è decorato
all'attaccatura del corpo con due linee parallele riem-
pite di incisioni verticali originariamente piene di

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