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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

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Rizzo, Giulio E.: Vasi greci della Sicilia
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https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0048

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VASI GRECI DELLA SICILIA

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una specie di umbone, dal quale move l'ansa a nastro
con costolatura mediana, che va perdendosi verso la
parte inferiore (cfr. fìg. 20).

Le pareti del vaso sono molto sottili; l'argilla,
leggerissima, presenta, nelle parti rimaste prive della
vernice, un colore rosso pallido tendente al giallo, co-
mune nei vasi attici di età più recente. La vernice
nera non ha molta lucentezza, nè riflessi metallici ;
le parti nude delle figure erano ravvivate da una leg-
gera tinta carnea, ora in gran parte scomparsa, che
lasciava però trasparire il fondo rosso dell'argilla.
Altri colori adoperati ed ancora visibili, sono il rosso-
bruno per indicare il sangue delle ferite, e il bianco
per le armille di uno dei personaggi (').

La rappresentanza figurata è chiusa da un fregio,
che ha, in alto, ovuli e piccole foglie, ed in basso
ovuli soltanto. Due delle figure poggiano direttamente
sul fregio inferiore; le altre stanno liberamente nel
campo del vaso, sul quale non c'è alcuna indicazione
del terreno. Una di esse non è rappresentata per in-
tero ; e vedremo con quale criterio e dietro quali mo-
delli il pittore abbia fatto ciò.

Non credo che occorrano troppe parole, per far no-
tare la insigne eleganza e morbidezza del disegno : biso-
gnerebbe non aver alcun senso d'arte, per non ammirare
alcune di queste figure, nel dipinger le quali l'artista
— tale era il pittore dell'oenochoe di Randazzo — non
ha saputo soltanto rappresentare le azioni, il nudo e
gli scorci del corpo umano con sorprendente sempli-
cità e verità di mezzi, ma è riuscito anche a dare
anima e vita alle piccole figure, il cui pathos non
può sfuggire a nessuno. Le vesti sono dipinte con
piccole e sottili pieghe che lasciano trasparire il nudo;

(') Un nuovo ed attento esame, compiuto dall'occhio eserci-
tato del bravo disegnatore E. Carta, escluderebbe le tracce di do-
ratura che a me era sembrato di riconoscere. Però è da osservare
che la superficie del vaso è disgraziatamente sottoposta ad una
specie di corrosione, la quale, da quando io studiai il vaso sino
all'agosto del 1903, in cui il Carta ne fece il disegno, ha lasciato
già scomparire parte delle linee interne nel nudo delle figure,
come mi risulta da un confronto tra il disegno e le fotografie
allora eseguite. Io, del resto, parlavo di qualche traccia esigua
di doratura. Ma il colore bianco e rilevato delle armille nella
figura di Iris non è forse una specie di mordente per sostenere la
doratura? Credo, ad ogni modo, che, per il fatto innegabile della
leggera tinta carnea soffusa sui nudi, il vaso debba assegnarsi
alla classe dei policromi : ciò che rende più probabile che ci
fossero anche le parti dorate.

e sono, in parte, ornate di crocette ; il tratteggio delle
ali è, per quanto minuzioso, altrettanto elegante e
vero; i capelli sono disegnati per mezzo di linee
ondulate, spesse e robuste, ma nettamente divise, con
evidente studio della naturalezza. Osserviamo però,
fin da ora, che non tutte le figure sono uguali quanto
al pregio del disegno e dello stile; che anzi fra il
gruppo centrale e la figura alata recumbente, da un
canto, e le due figure a sinistra, dall' altro, c' è
una tal differenza, che sorprende, quasi, e indispet-
tisce. Le ultime, infatti, sono disegnate con negli-
genza, quasi con stanchezza; e il tratto della linea è
frettoloso ed incerto, laddove nelle altre figure la linea
sicura, sottile, morbida, mai ripresa, senza un solo pen-
timento, costituisce appunto uno dei pregi singolari di
questa pittura.

Alcuni speciali caratteri dello stile, quel non so
che di irrequietezza e di disuguaglianza nel disegno,
mi facevano, in principio, dubitare se questa oenochoe
potesse dirsi sicuramente di fabbrica attica; tanto più
che fra parecchie centinaia di vasi delle ultime scuole
attiche, da me con ogni cura studiati, io non ne so
additare alcuno che sia, per lo stile, perfettamente
uguale al nostro. E d'altro canto non mi par possibile
che il vaso sia di fabbrica italiota.

Son note le ultime vicende dell' industria ceramica
nell'Attica; e si sa come, negli ultimi decenni del
quinto secolo, siano prevalsi ai grandi vasi con ricche
composizioni, vasi di piccole forme. I soggetti mito-
logici cedono alle scene di genere; rimanendo, se mai,
in voga le rappresentanze sensuali riferibili al ciclo
di Dioniso e di Eros; e quanto alla tecnica, si estende
e diventa sempre più comune l'uso della doratura, non
ignorato dai ceramisti più antichi, e alla doratura si
aggiunge in seguito una ricca policromia, ed a questa
succede il rilievo.

È anche noto agli archeologi, che una classe speciale
di questi piccoli vasi, quella degli ariballi, fu oggetto
di un accurato esame stilistico e cronologico, in uno
scritto del Milchhofer, più sopra citato (cfr. p. 5), ri-
masto giustamente fondamentale per le ricerche di cro-
nologia vascolare. La seconda serie stabilita dal Milch-
hofer (p. fJO sgg., n. 15-38) comprende i piccoli ariballi
con policromia e con doratura ; e dovrebbe quindi esser
parallela alla serie di oenochoai, alla quale appartiene
quella Vagliasindi. Ho detto che non c'è più traccia
 
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