Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

DOI Artikel:
Patroni, Giovanni: Nora: colonia fenicia in Sardegna
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0102

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
187

NORA. COLONIA FENICIA IN SARDEGNA

188

Una collana di Tharros posseduta dal Museo Bri-
tannico, meno la maggiore ricchezza per l'aggiunta di
qualche pendaglio d'oro figurato, è affatto simile alle
norensi('); e la massima somiglianza offre un'altra
collana del Louvre proveniente pure da Tharros, in
paste vitree e smalti, la cui bella pubblicazione a
colori che si trova nell'opera del Perrot (2) dà un'ade-
guata idea dell'effetto che così fatti monili dovevano
produrre.

§ 5. I vasetti di vetro variegato.

Le investigazioni e la critica moderna hanno cor-
retto una inesatta tradizione degli antichi, i quali
attribuivano ai Fenici la invenzione del vetro; se bi-
sogna oggi ritenere dimostrato che la vera paternità
di quella invenzione e della industria vetraria spetta
invece agli Egizi, pur tuttavia sta ancora saldo il
fondamento reale di quella opinione degli antichi, il
primato cioè raggiunto dai Penici nell'arte del vetraio
e la importanza mondiale che questa assunse nelle
loro mani, in modo che la Fenicia apparve la patria
stessa del vetro.

Il genere nel quale i vetrai fenici raggiunsero il
più alto grado dell'eccellenza tecnica fu quello dei
vasetti variegati, cioè a disegni ornamentali incisi
nella pasta vitrea colorata ancor molle, e riempiti
con vetro di altro colore, di cui si otteneva la com-
pleta aderenza ricuocendo il vaso, e si toglieva il
soverchio alla ruota, levigando la superficie. Questo
genere di vasetti ebbe la sua massima diffusione nel
periodo arcaico delle tombe etnische ed italiote, in
cui abbonda, e con tale cronologia son d'accordo in
generale i trovamenti fatti sinora su tutte le rive del
Mediterraneo. Poi la moda di tali vasetti passò, ed
essi più non si esportarono dall'oriente, ove certamente

spro verde proveniente da Sidone. È del resto la stessa forma
delle perle di vetro azzurro così frequenti sul collo e sul petto
dello mummie egiziane e di cui il Perrot riproduce nella ta-
vola stessa alcuni esempì. Le ricerche più recenti a Cipro mo-
strano abbastanza comuni le divette di pietre dure, che in Sar-
degna e altrove sono più rare (Murray, Walters e Smith, Exca-
vations in Cyprus, passim).

(i) Perrot et Chipiez, [list, de l'Art, III, fig. 588.

(z) Perrot et Chipiez, ibid., tav. X, al centro.

(forse nella Fenicia propria, le cui sabbie erano parti-
colarmente vantate per la fabbricazione del vetro)
venivano prodotti.

Così stando le cose, è d'uopo ammettere che anche
i vasetti sardo-fenici corrispondano al periodo in cui
se ne trova nelle tombe della penisola, e siano da-
tabili dai secoli VII e VI. Quelli adunque restituiti
dagl' ipogei di Nora non possono essere contemporanei
dei vasi attici e campani della seconda metà del V
e del IV secolo, che accompagnano le deposizioni più
recenti, ma rappresentano senza dubbio avanzi di de-
posizioni più antiche, i cui corredi furono derubati e
dispersi da posteriori occupatori. Si sarà talora rispet-
tato qualcuno di questi vasetti, sia perchè tanto piccoli
che non solo non ingombravano, ma potevano sfuggire
alle ricerche rimanendo nascosti nel terriccio che si
infiltrava nella tomba, sia perchè, passati di moda,
non avevano più alcun valore venale. Invece la sup-
pellettile metallica veniva senza dubbio depredata, e
quella ceramica infranta e dispersa.

Che i vasetti di Nora (tav. XVII) appartenessero
a corredi arcaici risulta pure dalla loro forma, colori
e disegni.

È noto che la forma originaria delle vetrerie fe-
nicie è quella di fialette da portarsi sospese, e però
senza piede: in tempo posteriore appariscono imita-
zioni di forme greche, specialmente dell' oinochoe, con
piede di posa. Ora, fra questi nostri vasetti, uno solo
ha largo piede, ed è appunto una oinochoe a becco al-
lungato ; V altra oinochoe più piccola ha un peduccio
sul quale stenta a reggersi in equilibrio, e non è
oinochoe se non per il labbro e l'ansa, mentre per la
sagoma globosa, per le dimensioni, per gli ornati, si
rannoda strettamente ai restanti vasetti fenici. Le altre
forme sono: la più comune quella di una specie di
anforetta. terminata piuttosto da un bottone che da
un piede; poi quella di un vasetto sferico senza piede,
a fondo rotondo ; infine di un alabastron. Queste forme
sono senza dubbio arcaiche : 1' alabastron non ha nep-
pure manicucci, ma soltanto due sporgenze forate per
il filo di sospensione. Siamo dunque ancora nel tempo
in cui questi vasetti sono rari e ricercati, e, piuttosto
che oggetti d' uso, sono gioielli ed ornamenti che si
portano sospesi, riempiti di profumi.

A tali caratteri di questi piccoli vasi conviene
perfettamente la delicatezza e l'armonizzazione dei
 
Annotationen