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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

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Savignoni, Luigi: Scavi della missione italiana a Phaestos 1902-1903: rapporto preliminare
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https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0341

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nella necropoli di phaestos

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colle cretesi è tale che, a mio avviso, non si può non
riguardare come un altro dei molti segni dell'influenza
dell'Egitto sulla vicina isola. Il nesso tra questo ge-
nere di architettura egiziana e la cretese diverrà ancor
più manifesto, quando si badi ad un particolare archi-
tettonico molto importante, ma non ancora apprezzato,
nella costruzione di un'altra tomba cretese. Invero la
camera ad alveare da poco scoperta a Praesos (') è
preceduta da un vestibolo o anticamera rettangolare
che si allarga in senso normale all'asse longitudinale
dell'edifìcio (fig. 121), affatto insolita nelle tombe
costruite su suolo greco, caratteristica invece delle
egiziane, dove serviva da cappella per le riunioni e
le ceremonie funebri. Basta per ciò citare l'esempio di
un'altra delle tombe tebane del nuovo impero, la quale
anzi ci presenta riunite le due qualità tipiche dell'anti-
camera rettangolare e della camera ovale (2). Questi ri-
scontri devono incoraggiarci ad ammettere un'analoga
origine per gli altri tipi di tombe micenee. Quando in-
fatti si vegga quanta sia la somiglianza tra le sepolture
rupestri micenee, ad una o più camere rettangolari o
poligonali, e quelle corrispondenti degl'ipogei tebani;
quando la medesima camera ad alveare si ritrovi, qua
nascosta sotto un cumulo di terra, là nel corpo d'una
piramide (3); quando infine anche in certi particolari, o
tecnici o formali (come nell'uso di grandi architravi mo-
noliti, nel metodo di alleggerire l'architrave mediante
un vano soprastante, nel sistema della costruzione della
volta a pietre aggettanti, nella forma ad arco di qualche
porta e forse anche nel costume dei corridoi precedenti
la camera sepolcrale) si sorprendono delle concordanze
che è impossibile credere fortuite (4); allora non mi pare
che ci sia da dubitare della parte che spetta all'Egitto
nell'architettura di tali tombe. Nè manca il consenso
della cronologia: i grandi ipogei tebani sono infatti con-
temporanei del periodo del massimo fiorire della civiltà

(') Bosanquct, 1. e, ]>. 240 segg., fig. 8, donde la nostra fig. 121.

(2) Perrot-Chipiez, op. cit, I, p. 302 segg., fig. 192.

(3) Perrot-Chipiez, ibid., pag. 250 seg., figg. 160-103; per
l'antichità e le varie specie di volta, ibid. p. 530 segg. Vedi
anche Maspero, Archéol. Eqyptienne, p. 139 segg.

(4) Secondo Perrot-Chipiez, op. cit., VI, p. 597, la somi-
glianza tanto significativa tra la porta di Menidi (ivi fig. 146J
e il ripiego analogo nella piramide di Cheops (ibid., I, p. 227,
fig. 152) è « Peffet d'un simple rencontre ». Il costruttore della
tomba di Menidi poteva bene conoscere il sistema, del quale non
6 d'uopo pensare che in quella piramide esistesse l'unico esempio.

micenea, e le piramidi eolla camera a volta ogivale
sono del medio impero, vale a dire ancora più antiche.

Alle medesime conclusioni, alle quali siamo giunti
per questa via — così circa i rapporti tipologici in
generale tra le tombe preistoriche di Creta e quelle di
altre parti della Grecia, come in particolare circa le for-
me e la cronologia delle tombe signorili di Phaestos —
ci conduce anche lo studio della suppellettile che vi fu
rinvenuta e che abbiamo visto essere uguale a quella
delle tombe suburbane, e in parte anche delle urbane,
di Micene e delle tombe simili di Argo, di Vafìo, di
Menidi, di Ialysos e via dicendo.

Per ciò che riguarda l'epoca, ognuno vede quanto
sia significativa specialmente la frequenza del bloc-
chetto a collo pieno, la ripresa di parecchi motivi li-
neari o geometrici nella decorazione della ceramica ed
inoltre la presenza del rasoio; onde tali tombe dovranno
assegnarsi al periodo più recente dell'epoca micenea,
intorno al XIII secolo a. Cr. E per ciò che riguarda
le relazioni tra Creta e gli altri paesi possiamo ora
più che mai affermare che le strette somiglianze tra
il materiale nostro e quello dei luoghi predetti di-
mostrano che lo splendore di quella civiltà, la quale
nell'antecedente epoca minoica aveva toccato in Creta
il suo apogeo nei sontuosi palazzi di Knossos e di
Phaestos, tanto coli' architettura quanto cogli altri
rami dell'arte, persisteva ancora nell'epoca che più
particolarmente diciamo micenea; e che a Micene
stessa giungevano, se non i prodotti diretti di un'in-
dustria che continuava fiorentissima nel suo centro
primario, almeno gì' impulsi e i modelli per un' in-
dustria analoga.

Restringendo poi i nostri sguardi al solo territorio
ove scorre il Leteo, oggi dopo tante scoperte così belle
e così sorprendenti, noi vediamo che Phaestos — ben
meritevole, insieme con Knossos ed altre città, dei ri-
cordi di Omero — fu veramente e per lungo tempo
una sede di gente ricca e potente, il cui fasto spic-
cava nelle tombe non meno che negli splendidi pa-
lagi dominanti la verde pianura e l'azzurro mare
Libico, che sulle onde scaldate dal sole mandava a
quelle spiaggie, da mezzodì e da levante, sempre nuovi
e profumati aliti di altre civiltà.

Luigi Savignoni.

Monumenti Antichi — Vol. XIV.

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