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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0193

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MONUMENTI PRIMITIVI DI ROMA E DEL LAZIO ANTICO

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di cose più generale, e cioè agli estremi che si osser-
vano in un determinato momento dello sviluppo civile
di un centro abitato, in cui le famiglie più restie al
progresso presentano un assieme di caratteri propri,
fra i quali debbono annoverarsi anche gli elementi ma-
teriali cioè i corredi, che più le avvicina alla civiltà
locale precedente; mentre all'estremo opposto sono le
famiglie più pronte ad accettare quel complesso di
elementi nuovi che nella fase seguente diverranno pa-
trimonio comune di un gruppo sociale più numeroso
ed i cui corredi corrispondono a queste condizioni mo-
rali dei proprietari.

La prima si può definire la facies conservatrice,
l'altra quella progredita. Nè è difficile rintracciare,
fra i corredi sepolcrali, che poi rispecchiano fedel-
mente quelli contemporaneamente in uso presso i vivi,
cotesti caratteri estremi, quelli cioè caratteristici del-
l'elemento più conservatore dai più progrediti della
fase antica della prima età del ferro.

Ed ili conformità dei dati di fatto su esposti si
osserva che le famiglie che seppellirono i loro defunti
a Palombara Sabina, a Boschetto, a Grottaferrata
(CLXXXI1I-CLXXIV), nel sepolcro Andreoli ed in
quello di Velletri (CXCIV, CXCVI), pur essendo in
piena antitesi, per ciò che riguarda la facies civile,
con quelle alle quali si deve il sepolcro a fossa della
vigna Testa e quelli del tutto analoghi dell' Bsquilino
o di villa Spithòwer in Roma, non per questo si deb-
bono riferire ad una diversa fase della età del ferro.

Nel rintracciare i gruppi archeologici coevi, gli
oggetti più importanti sono quelli di più larga diffu-
sione, i quali appunto ritrovandosi associati a svariati
oggetti di corredo, ci permettono di riconoscere le
forme e le tecniche diverse che in un dato momento
erano in uso. Osservo subito che la produzione vasco-
lare, quale si manifesta nei corredi dei due gruppi
dinnanzi distinti, è identica per ciò che riguarda la
tecnica, analoga rispetto ai tipi ed al concetto che in-
forma la decorazione, Malgrado ciò si notano alcuni
caratteri propri abbastanza ben definiti, i quali però
non giustificano affatto delle conclusioni cronologiche,
potendo benissimo attribuirsi alla varietà di produ-
zione dei figlili, alcuni dei quali dovevano ancora pla-
smare ed ornare dei vasi secondo il gusto dei tempi
passati, mentre altri modificavano le forme ed il
carattere della decorazione, imitando i nuovi mo-

delli che i commerci e la moda diffondevano lar-
gamente.

E che tale interpretazione sia da darsi a quelle
disparità, risulta dall'esame degli oggetti di bronzo
coi quali quei vasi erano associati. Il coltello a lama
serpeggiante delle tombe di tipo più arcaico (tav. XVIII,
fig. 12), corrisponde infatti perfettamente a quelli dei
sepolcri a fossa della prima fase nell'Esquilino (tav. XV,
fig. 6), ed il manico del rasoio, se, come è più pro-
babile, appartenne ad un esemplare a lama rettango-
lare ('), deve porsi a raffronto con un rasoio e con degli
esemplari simbolici rinvenuti in un sepolcro di villa
Cavalletti (2) ; se invece la lama era lunata, si ricollega
agli esemplari esquilini ; in un modo o in un altro poi
la contemporaneità è assicurata dal fatto che i rasoi
lunati e quelli rettangolari, assai diffusi dal Ionio al
Tirreno, ovunque sembrano in uso contemporaneamente
in un breve periodo della più antica età del ferro.

La corrispondenza dei pochi oggetti metallici rac-
colti nelle tombe a caratteri più arcaici con quelli
delle sepolture esquiline più progredite del primo gruppo,
è adunque completa, per ciò che riguarda il tipo, e solo la
natura del metallo adoperato varia, in un solo caso del
resto; il coltello di Palombara essendo in bronzo, e quelli
esquilini di ferro. Ma tale diversità non ha alcun va-
lore cronologico. Per me è evidente che la nuova tecnica
metallurgica, l'uso cioè di lavorare il ferro, si intro-
dusse in Italia dai commerci di cabotaggio colle regioni
orientali del Mediterraneo ; ed a Creta, una delle più
vicine all' Italia, come pure a Cipro ed altrove, il
ferro lavorato a fusione e quindi a martello al calore
rosso, con un procedimento analogo a quello con cui
si ottenevano gli oggetti di bronzo, era largamente
usato al chiudersi del periodo miceneo, ed al primo
apparire di quello che oggi si suole chiamare submi-
ceneo, e che corrisponde appunto nel Lazio, a quella
fase di civiltà che ci è rivelata dalle tombe esquiline
della prima fase.

D'altra parte le tombe di Palombara e di Bo-
schetto, quelle Andreoli e d'Andrea ci rivelano una
facies civile identica assolutamente a quella nota al-
trove per i sepolcri di Poggio alla Pozza presso Allu-
miere e sopratutto di Monte Timmari presso Matera;

(') Not. scavi, 1902, p. 23, fig. 4,

(*) Not. scavi, 1902, p. 190, figg. 404 e 405.
 
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