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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 15.1905

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Pinza, Giovanni: Monumenti primitivi di Roma e del Lazio Antico
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https://doi.org/10.11588/diglit.9312#0328

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La prima introduzione dell'alfabeto.

Ai commerci col bacino orientale del Mediterraneo
deve probabilmente attribuirsi anche la introduzione
dell'alfabeto.

Lo studio sulle origini dell'alfabeto latino in rap-
porto colle altre forme di scrittura adottate fuori del
Lazio e la ricerca sul significato di alcune iscrizioni
antichissime a noi giunte escono dal campo delle inda-
gini archeologiche e quindi esorbitano dai limiti asse-
gnati a questo lavoro; vi rientra invece pienamente
la ricerca dei limiti cronologici entro i quali dobbiamo
classificare le più antiche iscrizioni latine a noi note,
sia perchè ciò fa parte integrale della storia dello svi-
luppo materiale dei latini, almeno sino dalla età del
ferro, sia ancora perchè il mezzo più sicuro per de-
terminare la età di quelle iscrizioni ci è fornito ap-
punto non già dal loro confronto, ma bensì dallo studio
dei monumenti sui quali furono incise o graffite.

I monumenti scritti più antichi a noi pervenuti
sono il vasetto di Duenos che faceva parte della stipe
votiva rinvenuta fra le rovine di un tempio sul Qui-
rinale, ove ora è il villino Hiiffer ('), la fibula pre-
nestina, pubblicata per la prima volta dall'Helbig e
dalDùmmler ed infine, secondo alcuni, la stele arcaica
del Poro, sulla quale esiste una straricca letteratura.

Nel vaso di Duenos (fig. 198 a) (2) la iscrizione fu
graffita sulla ingubbiatura o meglio sulla superficie li-
sciata del vaso, quando la superficie di quest' ultimo
era ancor umida e pastosa, è quindi assolutamente evi-
dente che la iscrizione è contemporanea al fittile in
cui è incisa.

(') Cfr. testo a p. 502 e seg. La opinione dello Jordan che
sia stata ritrovata in mezzo a degli scarichi tardi non è accet-
tabile, la grande quantità di oggetti ritrovati insieme al vaso di
Duenos ed il fatto che questo ultimo allorquando fu acquistato
era ancora ripieno non già di terra di scarico ma di quell'argilla
che costituisce il sottosuolo del Quirinale, dimostrando che lungi
dal trattarsi di un oggetto di scarico si tratta di un vasello
sepolto in una fossa votiva scavata nelle argille vergini.

(2) Gito la letteratura principale Bull. Instit. 1880, p. 37;
Ann. Instit-, 1880, p. 160 e seg.; Hermes, 1881, p. 225 e seg.
(Jordan) che la riferisce al V secolo a. C. ; Osthoff, Reinisch.
Museum, 1881, p. 481 ; Conway. The Italics dialects, p. 329
e seg.; Thurneysen nella Zeitschrift del Kuhn, 1897, p. 193
e seg., Schroeder nella Jahreshefte des oesterreichischen arch.
Jnstitut in Wien, 1900, p. 9; Comparetti, Museo italiano di
antichità classica, I, p. 175 e seg.

La iscrizione della fibula prenestina è graffita a
bulino sulla staffa (fig. 198 b) ('), potrebbe quindi
essere posteriore alla fabbricazione della fibula mede-
sima, se la frase graffita al disopra, ricordando il nome
dell'orafo che l'aveva fabbricata e quello del primo
destinatario, non escludesse sicuramente la possibilità
che sia trascorso molto tempo prima che nella fibula
di Manio vi si graffisse la iscrizione che tuttora vi si
osserva. L'unico dubbio possibile adunque è se questa
fibula sia veramente antica, o piuttosto una discreta
imitazione di un tipo antico; ma su tale questione
non trovo argomenti veramente convincenti da esporre
e debbo pur riconoscere che il dubbio espresso si
fonda sulla interpretazione di alcuni elementi di fatto
che si prestano anche a spiegazioni diverse.

La iscrizione del Poro è invece incisa su di una
stele di tufo, la quale si deve identificare con quella
che le fonti di Dionigi ricordano presso la tomba di
Ostilio; stele che, secondo la fonte cui accenno, avrebbe
illustrato un gruppo monumentale che deve identificarsi
con quello ritrovato sotto il Niger Lapis nel più antico
suggesto del Comizio.

Certo o le fonti stesse cui attinse Dionigi, o forse
solo quest'ultimo errarono nell'esporre il riassunto ge-
nerale della epigrafe (2), ma siccome anche le ricerche
di recenti filologi tutte più o meno concordano nel ri-
velare un nesso generico fra l'epigrafe ed i monu-
menti circostanti (3), così non si può in alcun modo
sostenere l'ipotesi che la stele possa essere stata posta
sul suggesto B tardi, dopo aver figurato altrove, per
cui il cippo deve ritenersi coevo al lastrico B in cui è
tuttora incastrato. La data di questa iscrizione dipende
adunque da quella in cui furono eretti il lastrico e
l'edicola B, è cioè contemporanea o posteriore a questi
ultimi e certamente anteriore all'epoca in cui quei mo-
numenti furono guastati dalle successive ricostruzioni
del Comizio.

(') Bull. deW Instit. arch. germanico, sez. rom. 1887. p. 39
e seg. G. I. L. XIV, 4123.

(2) Dionigi d'Alicarnasso III, 1. Avverte che la iscrizione
della stele ricordava la virtù del defunto sepolto nella vicina
edicola o tomba, ma in questo dettaglio la sua fonte errava
certamente.

(3J Alludo sopratutto alla interpretazione del Comparetti.
Cfr. La stele arcaica del Foro romano, p. 5 e seg. e del Keller
negli Iahresheften des ósterreichischen arch. Institutes, IV,
p. 47 e seg. il quale riconosce la relazione fra l'edicola e la
2a parte dell'iscrizione.
 
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