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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 16.1906

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Gàbrici, Ettore: Bolsena: scavi nel Sacellum della dea Nortia sul Pozzarello
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https://doi.org/10.11588/diglit.9313#0127

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239

bolsena. scavi nel sacellum della dea nortia sul pozzarello

240

cata. Non è senza valore il constatare, che la cessa-
zione del culto al Pozzarello coincide con quella del
Incus dei fratelli Arvali, che è pure un culto italico;

potè essere adottata sotto l'impero di Filippo padre,
che ultimo celebrò le feste secolari di Roma e primo
ebbe fama di essere cristiano; oppure potè accadere,

Fig. 48.

1 :i

il che proverebbe che verso la metà del secolo III d. Cr.
dovè essere adottata qualche misura generale per la
soppressione di questi culti locali italici. Tale misura

che i culti orientali prevalenti opprimessero l'antica
religione dello Stato (Henzen, Scavi nel bosco dei
frat. Anali, 1868, pp. XII, XIII).

Ettore Gàbrici.

Nota. Mentre correggevo le bozze di questo scritto,
mi si offerse l'occasione di esaminare il catalogo di
vendita della collezione Sarti di Roma, compilato dal
Pollak, e con mia sorpresa riconobbi a prima vista
nei monumenti riprodotti alle tavole XVII e XVIII
un insieme di oggetti votivi, che provengono, come
credo fermamente, dalla stipe del Pozzarello.

Per buona fortuna il compratore li conservò in
un gruppo a parte, e così al compilatore del catalogo
riuscì facile ravvisare in essi i caratteri di stipe sacra
alla Dea Bona o a una divinità affine. Ma per la loro
perfetta identità con la stipe da me descritta dianzi,

rispetto alla materia e forma degli oggetti nonché
rispetto alla natura delle loro rappresentazioni, non ho
alcuna difficoltà di riferirli al culto della Dea Nortia.

La statuetta n. 250 è identica, in tutte le sue
parti, alle altre due da me esibite alla figura 34 a, b ;
le laminette d'oro e di argento con l'impressione di
occhi umani rispondono a quelle da me esibite alle
figure 31, 32. La laminetta a sbalzo, n. 257 del
catalogo citato, offre, come pare, la figura della Dea
col capo ammantato; le altre laminette, n. 259 a 201,
rappresentano la medesima dea con gli attributi della
Fortuna o di Cerere.
 
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