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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Rellini, Ugo: La caverna di Latrònico: e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0283

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00' LA CAVERNA DI

biamo la maestosa scenografìa dei casi precedenti,
ma anche qui la caverna è presso le acque correnti,
appena 30 metri sul loro livello attuale. Anzi gli
scavi dell'ing. Orsoni assodarono che il piano del-
1 antro, occupato dall'uomo, doveva essere dapprima
di almeno tre metri più basso del livello attuale, non
solo, ma che sotto all'antro occupato, un altro ampio
antro esisteva ch'era ancora invaso dalle acque allor-
quando l'uomo veniva in quello soprastante. Il pavi-
mento di quest'ultimo occupato, si sistemò in un modo
del tutto speciale. Non si costruì, nè si poteva pel-
le condizioni del luogo, una palafitta come alla Per-
tosa, ma si riempì il dislivello del suolo con blocchi
di gesso e terriccio e sopra si distesero ampi graticci
cementati da argilla battuta.

Purtroppo non conosciamo la stratigrafia del de-
posito, poiché corsero parecchi anni tra la scoperta
fatta dall'Orsoni, e l'illustrazione dovuta al Brizio.
È tuttavia certo che il deposito appartiene soltanto
all'età del bronzo come riconobbe il Brizio. dopo la
quale età la caverna non fu più visitata.

Come in quella della Pertosa, di Frasassi e di
Re Tiberio vi si trovarono le anse cornute. Vi era in
straordinaria abbondanza la ceramica, tra cui preval-
gono nappi o bicchieri, indi scodelle fonde e rozzi e
grandi doli spesso decorati con cordoni plastici im-
pressi con le dita perfettamente rispondenti a quelli
già ricordati per altre caverne.

Ma in questa raccolta dovette andar confuso, nelle
varie vicende toccate al materiale, qualche oggetto
raccolto in seguito e proveniente dal campo, all'esterno.
Così diffìcilmente poterono raccogliersi proprio dentro
la caverna rifiuti di lavorazione silicea e ciottoli con
iniziato lavoro, poiché non ritengo possibile una simile
lavorazione in quel buio antro.

Lo Strobel riconobbe « interpolate » le visitazioni
dell'uomo in quell'antro, ma gliene parve inesplica-
bile lo scopo (').

Nel giugno del 1901 nuovi scavi vi eseguiva il
signor Pio Zauli, soprastante addetto alla Soprinten-
denza di Bologna. All' ingresso della caverna egli rac-
colse una cuspide enea, per lancia, cannonata, e ab-
bondante ceramica, tra cui vasi d'impasto fino, e

O Strobel, B. P. L, XVI, 1890, pag. 98.

LATRÒNICO ECC. 558

soprattutto numerosissime capeduncole. Invece, lo
scavo nell' interno della grotta, nel così detto « Salone »,
dove l'Orsoni aveva sospettato una necropoli, andò
affatto sterile. Si scavò in terreno non rimaneggiato,
fino a due metri di profondità, cioè fino a raggiungere
il fondo gessoso, senza incontrare nè un osso, nè un
frammento ceramico. Svaniva del tutto il concetto
della necropoli, nè alcuna cosa appariva che potesse
far credere all'occupazione dell'antro nell'età della
pietra. L'Orsoni, è vero, aveva raccolto in cotesto
« Salone » due crani e due mandibole umane, ma
queste ossa sono di forme assolutamente recenti, e
nulla d'altronde egli potè appurare sulla loro condi-
zione di giacimento, che ce ne svelasse l'età. E quanto
ai due vasi simili a taluni nella necropoli di Cre-
spellano, e perciò sospettati ossuari, che l'Orsoni vi
aveva trovato privi di contenuto, è da avvertire che
la variabilità dei tipi dei cinerari nelle necropoli dei
terramaricoli è un fatto ben noto, messo in luce dalle
ricerche del Colini. Deve pertanto ritenersi che si
adoperassero per gli usi funebri, almeno nei tempi più
antichi, i vasi destinati agli ordinari bisogni della
vita, come eran certo i due ricordati (1).

(*) Nel 1900 il Museo di Bologna acquistava ventidue
casse del materiale del Farneto dai signori Poggioli, presso i
quali l'Orsoni le aveva per lunghi anni lasciate. L'anno dopo,
la Soprintendenza ordinava il nuovo scavo nella caverna, affi-
dato alla vigilanza dello Zauli.

Non intendo uscire dai limiti che mi sono imposto descri-
vendo particolarmente cotesto materiale, ma debbo rilevare che
esso non ci fornisce affatto la prova dell'abitato nella caverna
durante l'età della pietra. Non appare nessuna traccia della
ceramica neolitica impressa a punzone. Il materiale litico si
riduce a ben poco: oltre i due percussori (meglio che accette)
già ricordati dal Brizio, levigati, tozzi e massicci, con taglio
spianato, si ha un'accettina verde che può anch'essere votiva.
Si hanno solo due o tre cuspidi amigdalari sessili che pur
furon citate dal Brizio, e parecchi ciottoli silicei dimezzati
secondo il diametro maggiore probabilmente per trarne altre
cuspidi. Figurano anche alcuni pezzi di quarzite, assolutamente
bruti; a spigoli vivi, che non permettono alcun giudizio. Non
appare un solo nucleo, nè un frammento di lama tanto abbon-
danti nelle Stazioni dell'età della pietra. Per contro è degna
di nota l'abbondanza delle anse spettanti a capeduncole: talune
a nastro largo spianato, non forate, con l'orlo superiore rav-
volto si avvicinano ad alcune di Latrònieo dove questa foggia
era in minor numero; compaiono le vere anse lunate. Speciale
riguardo meritano coppe o tazze grigie o di bucchero nerastro
talora d'impasto fine, ben lucidato, decorate ma molto parca-
mente con incisioni a stecco. In qualche caso più raro le inci-
sioni sono eseguite a punta di selce. Questo gruppo ceramico
graffito corrisponde a quello di Latronico, ma lo stile decora-
 
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