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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Rellini, Ugo: La caverna di Latrònico: e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0294

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579

LA CAVERNA DI LATRÒNICO ECC.

580

potuto farne il riscontro, che sarebbe riuscito tanto
istruttivo.

Il Montelius aveva confrontato gli esemplari di
Lecce con quelli della Cappadocia, pubblicati dallo
Chantre (*) e ritenne questo strumento d'origine
orientale.

Indubbiamente si tratta di uno stesso tipo, ma
gli esemplari orientali per una parte, e quelli occi-
dentali per l'altra, presentano tra loro quasi un'aria
di famiglia, come due sotto-varietà di uno stesso
oggetto: gli orientali sembrano di più perfetta fat-
tura senza che perciò siamo autorizzati a considerare
quelli occidentali più antichi, poiché potrebbero essere
men riuscita riproduzione di oggetti importati.

Il teli di Kara-Euyuk nella Cappadocia ne dette
tre o cinque (il testo dello Chantre non è qui chiaro) ;
i due maggiori sono lunghi mm. 210, con uno spes-
sore medio di mm. 18. Son di bronzo di perfetta fat-
tura, con una superba patina verde-malachite. Uno
reca tra il corpo e il codolo una semplice ma ele-
gante decorazione incisa costituita da una fascia a
spina-pesce sotto la quale sta una serie a denti di
lupo. Un esemplare proveniente da una tomba di
Amorgos è indubbiamente di questo tipo, bencbè assai
stretto nel corpo, ma la maggior larghezza che pre-
senta alla spalla, in confronto del codolo ristretto e
rettangolare, lo riportano a questa foggia (2).

È pure con codolo ben distinto dalla spalla, ma
con margini rettilinei, l'esemplare di una forma da
fondere raccolta da Tsountas nell'acropoli di Siro (3).

Per quanto riguarda l'età degli scalpelli larghi a
spalla, qui specialmente considerati, dobbiamo rile-
vare che apparvero sempre in strati del finire del
bronzo o del primo periodo del ferro.

Così il ripostiglio di Modica fu dall'Orsi giudi-
cato del finire del bronzo o dei primordi del ferro.

Il ripostiglio di Manduria (Lecce) annunciato dal
Pigorini fin dal 1873, era ricchissimo, ma gli esem-
plari andarono in maggior parte dispersi. Esso fu
certo infossato nell'età del ferro, come nota lo Jatta.

(') Montelius, Die Chron. etc, pag. 139. — Chantre, Mig-
non en Cappadocie, pag. 79, figg. 58, 59.

(2) Mittheìlungen d. Arch. inst. Athenis, 1886, tav. I,
flg. 10.

(3) Tsountas, Aio àxQonóteis èv Siam x. Zicprco, 'E<pr;u.
Xqx., 1899, f. 35, pag, 125.

Si salvarono, per il Museo di Taranto, oltre i due
tipici scalpelli ricordati (accette piatte come altri
disse) un'ascia ad alette, centotre asce a cannone, uno
scalpello lungo 148 mm., due lance, e quattro falcetti.
Il Nicolucci vi aveva notato scuri di bronzo.

L'esemplare del nuraghe della Nurra si raccolse
insieme con un rasoio quadrangolare con quattro pic-
colissimi fori, con uno spillone da capelli e con
oggetto di bronzo d'ignoto uso e di lavoro complesso
come lo spillone (x).

L'esemplare di Ozieri fu raccolto dal cav. Elìsio
Pimon facendo uno scavo in un nurago in loc. Badu
e Tuvu.

I tre o cinque della Cappadocia furono raccolti
negli strati preellenici del teli di Kara-Euyuk che
dettero frammenti di oggetti di ferro, ceramica poli-
croma assai evoluta, decorata talora a spirale, nume-
rose anse a testa di animale, specialmente di ariete.
Da tombe di età micenea proviene lo scalpello ricor-
dato di Amorgos, nell'Egeo.

È notevole il fatto che tutte le varie fogge di
scalpelli ricordati si trovino sul suolo sardo. Vogliamo
credere che venissero prodotte per sviluppi paralleli
dalla forma ancestrale dell'ascia piatta o che ivi si
scontrassero giungendo da regioni diverse ?

Cresce, giorno per giorno, la luce sulla civiltà
enea della Sardegna per le mirabili scoperte di An-
tonio Taramelli. Certo, le genti dell'età nuragica ten-
nero in onore l'arte del fonditore. Lo dimostrano non
solo gli idoli bronzei tra cui i celebri d'Abiui, ma le
numerose forme per fondere, le centinaia di pestelli
per frantumare il minerale e prepararlo, le tracce
dello sfruttamento dei giacimenti cupriferi, benché si
dovesse importare la cassiterite, forse dalla Spagna.

Ultimamente il Taramelli scopriva ad Ortu Com-
midu presso Sardara, e a Monte Idda presso Siliqua,
le fonderie, con le fornaci in piccoli recinti intorno
alla torre nuragica, fornelli e crogioli per i metalli
ricavati dalle fornaci. Monte Idda dette anche un no-
tevole ripostiglio di bronzi nuragici, ed il lavoro do-
vette durare a lungo, pur con opera notturna, poiché

(■) Orsi. iì.P.i., XXVI, 1900, pag. 283 (Modica). — Pi-
gorini, Annuario scientif. e industriale, X, 248; Jatta, Puglia
preistor., pag. 251 (Manduria). - Pinza, loc. cit, col. 146 sg.,
fig. 83 (Nurra).
 
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