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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Rellini, Ugo: La caverna di Latrònico: e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0313

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617

LA CAVERNA DI LATR0N1C0 ECC.

618

POSTILLE

Durante la stampa di questo scritto, si è pubbli-
cata la prima puntata di questo stesso volume dei
Monumenti, recante il lavoro del Pettazzoni, che
opportunamente divulga i resultati degli scavi già
eseguiti dallo Scarabelli a Toscanella Imolese, e dal
Brizio a Villa Cassarini presso Bologna, ch'eran ri-
masti inediti per la scomparsa dei due compianti
paletnologi.

Abbiamo così sottocchio copiosi saggi della cera-
mica incisa dell'età enea.

Concordo col Pettazzoni nel ritenere che « la de-
corazione graffita della ceramica villanoviana è forse
il prodotto di una reazione culturale dovuta a un ele-
mento previllanoviano », ma non credoc he cotesta
ceramica « continui in piena età del bronzo... una
tradizione ornamentale che risale a prototipi neoli-
tici » (l).

Come ho detto nel capit. IV, nei nostri tipici
strati neolitici, quali quelli di Alba, del Reggiano,
di Pano, della Vibrata (in parte) di Lama dei Peli-
gni, di Lavello e di Tremiti, la decorazione incisa a
mano libera si riduce appena a qualche linea: il pun-
teggio libero o manca affatto, o fa timida ed ecce-
zionale comparsa, mai però racchiuso entro linee.

Già il Peet aveva riconosciuto che il riempimento
delle incisioni mediante una sostanza bianca, non è
un criterio cronologico, poiché lo si trova in regioni
diverse, in varie età. E giustamente distinguendo tra
tecnica e stile, vide per il « punctured-band worck »
dell'Italia meridionale e di Butmir, no mere resem-
i/lance in technique but the spirit of the design is
the saune in both cates (2). L'analogia è innegabile;
ma poiché l'età di Butmir è troppo discussa, cre-

(') Pettazzoni, l. e, c. 308.

(*) Peet, Stone and Hronze at/e, pag. 415.

diamo che meglio si debba guardare agli strati tes-
sali di cui più sicura è la stratigrafia.

Sulla traccia specialmente delle osservazioni del-
l'Orsi, dello Jatta, del Gervasio, ho considerato l'eneo-
litico in particolar modo caratterizzato dalla varietà
delle ceramiche. Né le considerazioni del Cafici Cor-
rado sul materiale da lui ultimamente raccolto a Tre-
fontane e a Poggio Rosso, presso Paterno, in prov. di
Catania, possono infirmare questo modo di vedere
Cotesto materiale, a mio avviso, spetta all'età eneo-
litica.

A parte la ceramica più rozza, sgraffiata o impressa
a unghiate, tremoli ecc.. come quella di Tremiti, di
Lavello, di Lama dei Peligni, ecc., senza stile, la
bella ceramica incisa presenta elementi decorativi
svariati, eseguiti talora con abilità, non sparsi a caso,
ma raggruppati con gusto ('). È una varietà paral-
lela di quella ceramica che lo Jatta considerò come
la più caratteristica dell'eneolitico.

A Trefontaue vi si accompagna qualche saggio
della ceramica lucidata e graffita dopo la cottura,
come a Pulo-capanne. A Poggio Rosso compare qual-
che frammento decorato « a corda » come nell'eneo-
litico sardo.

E come al Pulo-capanne e ad Anghelu Ruju, la
detta ceramica si associa a quella a stralucido rosso,
che fu ravvicinata a quella tessala, alla ceramica a
pittura lineare, alla ossidiana. Infine, un saggio di
scavo a Poggio Rosso dette al Cafici un orlo di vaso
con abbozzo di figura plastica, ricordante quello dato
dal Mayer per Molfetta.

(') Cafici, Staz. preistoriche di Tri-fontane e Poggio
Rosso, Mon. Ant XXIII. — « Non si può dubitare del carat-
tere di sobrietà dell'ornamentazione ». c. -196, n. 1. « A Tre-
fontane. la tecnica ascende ad assumere un'arte decurativa
ben definita », c. 537.
 
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