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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 25.1918

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Orsi, Paolo: Gli Scavi intorno a l'Athenaion di Siracusa: negli anni 1912-1917
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https://doi.org/10.11588/diglit.9138#0377

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GLI SCAVI INTORNO A l'aTHENAION DI SIRACUSA

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avarizia di notizie delle fonti antiche in fatto di
particolari edilìzi, e per la stupefacente assenza di
titoli. Non una sola epigrafe dedicatoria; non una
traccia qualsiasi di quei preziosi inventari redatti in
epoche diverse a segnare in modo duraturo (pietra o
bronzo), la consistenza patrimoniale del tesoro di un
tempio, dei quali la Grecia ci ha fortunatamente con-
servato copiose e preziosissime relique; ed appena spa-
ruti e troppo mutili campioni di quelli umili 'ógiqccxu,
cocci inscritti con ricordi dedicatori, dei quali taluni
santuari ci hanno restituito intere serie, piene di dati
rivelatori.

Nella lunga ed oscurissima storia siracusana di
due secoli e mezzo, anteriore all'avvento della dina-
stia dinomenidica, non vi è un fatto saliente perve-
nuto a nostra cognizione, che valga come caposaldo
storico divisionale. Ho dovuto quindi ricorrere allo
espediente convenzionale delle dizioni paleogreco e
greco arcaico ad indicare le due sottofasi più antiche
della vita e della civiltà siracusana arcaiche. Ma poiché
non un preciso fatto storico, non un testo epigrafico in-
tervengono a chiarire la lunga e fitta oscurità, la sud-
divisione nei due sottoperiodi della fase arcaica riposa
soltanto sul materiale industriale della stipe, il quale
attesta lo svolgimento di una lunga vita religiosa
nel centro di Ortygia, dall'impianto della città greca
sulle reliquie della borgata sicula fino all'erezione
del tempio nuovo.

Ben io avrei voluto applicare questo criterio, il
quale come massima fondamentale è sicuro, ad una
più precisa datazione cronologica dei singoli monu-
menti; ma il loro stato deplorevole, chè tutti sono
ridotti alle sole infime fondazioni, come mi ha im-
pedito di definirne la destinazione così mi ha vietata
ogni più precisa indicazione cronologica.

In tesi generale ritengo che il materiale dapprima
usato sia stata la « giuggiolena » selvaggia, poi quella
ordinaria, di qualità migliare, per ultimo il bel cal-
care a grana fitta e compatta. Anche la stereotoniia
dei conci, il loro sistema di assestamento, il modo
di combaciare i fronti verticali (anathyrosis) miglio-
rano via via e porgono buoni elementi di datazione,
se non sempre di valore assoluto.

Passando in rapida rassegna gli edifici dirò, che
il presunto tempio arcaico appartiene, per la bontà
delle sue strutture, ad una fase relativamente avan-
Monumknti Antichi — V'ol. XXV.

zata della tectonica; esso cade certamente nel sec. VI
avanzato. Ma la presenza davanti ad esso di una
sffxàga, la quale nel suo nucleo interno presenta
caratteri di grande arcaismo, giustifica l'ipotesi che
nel sito stesso, e forse sotto le ruine del supposto
tempio arcaico, sorgesse quello arcaicissimo in forma
di modesta oi'xoc o di fiéyaqov. Delle altre fabbriche
poco ci è consentito di dire.

Parmi suffragata da sicuri elementi la ricostru-
zione della grande ara o dvfislrj, sorta essa pure
nel sec. VI, e forse contemporaneamente al tempio
arcaico, al quale dovrebbe collegarsi. Sopra ed intorno
ad essa si svolgevano solenni cerimonie sacrificali con
sfarzo di riti ed accompagnamento di musica e forse
di danze. Ingenti sacrifici di bovini, qui si consuma-
vano, perchè quelli animali erano i preferiti dalla
dea (Iliadis Z 90 e sgg.); di tali sacrifici rimasero
cospicue masse di ceneri sacre. Anche i più modesti
sacrifici a fiamma consumati sul piccolo altare deno-
tano in ogni caso, che il culto di Athena in Ortygia
era essenzialmente diverso da quello di Athena Lindia
in Rodi, per la quale si apprestavano esclusivamente
anvQcc isqcc (').

Circa gli altri fabbricati anziché diffondermi in
vacue e presuntuose congetture, io preferisco confes-
sare candidamente la nostra incompetenza a designarli,
la nostra ignoranza a battezzarli. Più che verosimile,
è certo, che entro l'area chiusa dal peribolo, del quale
credo aver riconosciuti frammenti spezzati ed inter-
mittenti, vi dovevano essere anche abitazioni dei sa-
cerdoti o del vewxóoog. Vi doveva altresì essere, con
grande probabilità, un ^rjffavgóg; se esso si abbia
a riconoscere nella c. d. seconda edicola rimane an-
cora in dubbio. Forse vi sarà stato in qualche angolo
più appariate persino un piccolo cantiere, sQyaai^qiov
(riconosciuto ed esattamente individuato in altri te-
menoi, come ad es., in quello di Egina), tanto più
necessario in un'area che era continuamente sottosopra
per il sorgere di nuove fabbriche, per il modificarsi
di quelle più vecchie, per la installazione di sempre
nuovi ex-voto ; per tutti questi lavori si richiedeva

(') Blinkenberg, Vimage d'Athana Lindia, Copenhagen
1917, pag. 7. È verosimile che un rituale analogo sia stato da
Rodi trapiantato anche a Gela, dove attorno al nuovo tempio
arcaico, che si ha buone ragioni di ritenere sacro ad Athena,
non si riconobbe ne altare, nè tracce di sacrifici a fiamma.

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