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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 25.1918

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Taramelli, Antonio: Fortezze, recinti, fonti sacre e necropoli preromane: nell'agro di Bonorva (Prov. di Sassari)
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https://doi.org/10.11588/diglit.9138#0453
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889

FORTEZZE, RECINTI, FONTI SACRE ECC.

890

Ammettiamo pure, con l'egregio prof. Ghirardini
e con il Kdrte, che la nazione degli Etruschi deve
essere derivata dalla fusione dei Tirreni con gli ita-
lici conquistati (1), non siamo ancora d'accordo a ri-
conoscere qual' era la facies archeologica che presen-
tavano questi Tirreni conquistatori all'atto delle loro
conquiste. Se questa ci deve essere presentata esclu-
sivamente, come volle il Modestov (2), dalle sole
tombe a camera, anche con le più vetuste di queste
non possiamo, tenuto conto della loro suppellettile,
risalire a data più antica dell'VIII secolo finiente;
e ciò tanto più che il Modestov nega in modo as-
soluto che tettonicamente le camere si possano far
derivare dalle fosse e che ci sia quindi alcuna tran-
sizione tra uno e l'altro tipo di sepoltura; questa
transizione, invece, altri, come il Martha (3), ha cer-
cato con molta sottigliezza di stabilire e le ultime
scoperte della necropoli di Vejo, con le grandi fosse
a camera laterale, sembrano invece confermare; se-
condo questa idea si permetterebbe di risalire con
gli embrioni del tipo, all'inizio dell'VIII secolo a. C.

Il Ghirardini, secondato dal Korte, è sempre più
disposto a credere che gli Etruschi venissero in Italia
dalle coste Asiatiche, — dopo che la loro presenza
nel bacino orientale del Mediterraneo è accertata
fra i sec. XIV e XII — ma che venissero a turbe
divise ad intervalli, in tempo abbastanza lungo, così
da penetrare ed insinuarsi, coi traffici, tra gli abitanti
del paese, contemperandoli ed aggregandoli a poco
a poco a sè, contemperando ed aggiungendo se stessi
a loro, quasi a formare lentamente una sola compa-
gine etnica (4). Ma appunto per rimuovere le obbie-
zioni che può tollerare un siffatto modo di presen-
tare l'invasione di un popolo più altamente dotato
in un ambiente più primitivo, egli osserva che con
la lenta e graduale invasione degli Etruschi sulle
spiaggie tirrene si intende e si spiega come sia dif-
fìcile cogliere nelle necropoli toscane la loro prima
apparizione.

La prima fase dell'età villanoviana non è, osserva
il Ghirardini, limitata all'Etruria, ma estesa in gran

(1) Ghirardini, La questione Etrutca ecc. p. 25, estratto ;
KOrte, in Pauli-Wissova, Realenciclop. VI, pp. 747-48.

(2) Modestov, Introduction a l'histoire romaine, pag. 432.

(3) Martha, l'Art Etrusque, p. 43.

(4) Ghirardini, op. cit. p. 21.

parte della penisola, dalle Prealpi Venete alla Basi-
licata, ed i suoi sepolcreti ad incinerazione comparsi
in luoghi diversi e lontani — ricordiamo Ancarano
di Bassano, Lozzo Atestino, primi strati di Este, Fon-
tanella Mantovana, Pianello, Bismantova. Bologna
Porta S. Vitale, Tolfa e Allumiere, primi strati di
Tarquinia, Vulci, Vetulonia, Colli Albani, Grotte di
Grammiccia e Veio, Timmari — mostrano l'estrema
evoluzione della civiltà del bronzo e sono riferibili
al XI sec. a. C. ('). Non è quindi fase etnisca, ma
fase « italica ».

Una fase seriore di altri sepolcreti, o di zone
meno arcaiche dei sepolcreti medesimi, alternanti col
rito della cremazione quello della umazione « mani-
festano, dice il Ghirardini, una fioritura culturale ve-
ramente nuova, rapida, piena e gagliarda, dirimpetto
alla fase più antica, con i corredi che manifestano
certe note nuove e caratteristiche di forza e di ric-
chezza, improntate di orientalismo, che annunciano la
venuta in Etruria, dal Tirreno, di una gente straniera
evoluta forte, potente e trafficante che a poco a poco,
senza urti troppo violenti, si sovrappone, o per meglio
dire, si associa e si fonde con le genti paesane. Ne
sarebbero le principali caratteristiche i pozzetti accu-
ratamente scavati e ricoperti da grandi massi a forma
di scudo, i magnifici elmi ad apice o a doppia cresta,
scudi, lancie, spade, cinturoni, vasi di bronzo lami-
nato, svariati esemplari di ceramica figulina dipinta,
armi in ferro, cimelii d'oro, d'argento, d'avorio, ido-
letti e scarabei di smalto, materiali tutti nei quali
è visibile il riflesso delle ultime traccio micenee e
massime nell'oreficeria, dove le tradizioni asiatiche
sono temperate e trasformate nel grande crogiolo assi-
milatore della civiltà micenea ».

Ma tale corrente, anzitutto, è riferibile al IX-VIII
sec. ed anzi più verso quest'ultimo secolo, se vogliamo
allacciare ad esso le tombe che hanno prodotti di arte
sempre più decisamente asiatica, cinte da circoli di
pietra ad ampia fossa con loculi, a botte, a tholos,
a corridoio, a cella, a vera e propria camera, a più
camere, conformate talora esteriormente a fastosi aspetti
architettonici e ricoperte da tumuli grandiosi. In questi
sepolcri, dice il Ghirardini (2), appartenenti alle classi

(') Colini, Necropoli del Pianello presso Genga (Bull.
Palet. Ital., XXXIX (1913), pag. 43 seg.; 1914, pag. 12] seg).
(') Op. cit., pag. 33.
 
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