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per muovere queir ammirazione, eh'è madre dei riso; e perchè to-
Ro ognun s'accorge, che il Poeta quantunque concicele anch'egli P
inveriRmiglianza, e i' impodibilita di si Rravaganti azioni, pure le
ha adoperate a bello Rudio per sarci ridere, noi ne prendiamo di-
letto, noi ridiamo, e commendiamo la piacevolezza dell'Autore.
Nello Stile dunque burlevole, e ne'Poemi giocoli pedono spacciar-
R limili Fallita, e quelle han forza di dilettarci in qualche ma-
niera, quantunque niun Vero quivi lì proponga all'Intelletto. E di-
co, che quivi nulla s'impara dall'Intelletto, perchè non chiudendoli
in sì fatte Immagini alcun Vero, nè l'avvenuto, o reale, nè il pos-
libile, o verilimilie; ed elsendo il Fallo un Nulla; non può per
conleguente l'Intelletto far'acquilìo veruno di Scienza, ovvero d'O-
pinione, e perciò quindi non nasee la dilettazione, che noi provia-
mo in udir cotali Immagini. Ella nalce bensì dallo (coprire l'inlidie
tele all'Intelletto noslro dalla piacevole Fantalia di quel Poeta, il
quale facendo moRra di volerci inlegnare una cola maravigliola, ci
mette davanti agli occhi un Fantasma, che apparentemente, e per
un poco ha dei maravigliolo, ma dall Intelletto noRro R dìscuo-
pre quaR subito non elser tale, perchè R conolce fondato in aria, e
non sui Vero, che è la baie necedaria del Bello nobile, padre della
vera maraviglia. QueRo (coprir dunque, che non è maravigliolo ciò,
che par tale; e nel medeRmo tempo io Icorgere, che il Poeta con-
Rgliatamente ha fabbricato quell'aereo, e insudiRente Fantasma, noti
per ingannarci, ma perchè avedimo il piacere di mandarlo in fumo
con un'occhiata deli Intelletto noRro, ci muove a riio, e cagiona
dentro di noi una lenRbile dilettazione, che ci fa reRare obbligati a
quei Poeta piacevole. Che le il Poeta Ipaccia ne'suoi Poemi l'Inve-
ridmiie, e l'Impedìbile dilavvedutamente, cioè lenz'avvederR, che gli
avvenimenti non podono, o debbono ragionevolmente parerci VeriR-
mili, e Podìbili; noi di queRe sì fatte Immagini lentiamo noja, e
dispiacere, sì perchè nulla impariamo, e sì perchè riconolciamo mol-
to ignorante colui, il quale o non conolce l'inverilimiglianza, e P
impodìbilita di quelle cole, o Rima noi sì fanciulli da crederle Ve-
riRmili, e Podìbili. Ciò da noi tutto giorno R sperimenta in uden-
do, o leggendo alcun de'moderni Drammi MuRcali, o pure alcune
Tow. VX. P. V. O Tra-
ro, che uiando maniere tanto caricate, ne viene suor d'intenzione il riso. L'Anodo
nel Canto 29. dice della pazzia d' Orlando:
Ca?; /ora#, cVe tyrf y/lry
La vuol far comparire forza d'Eroe, forza più che quella, che anno communemente
gli Uomini. Dà nell'eccedo, e perù nei ridicolo.
per muovere queir ammirazione, eh'è madre dei riso; e perchè to-
Ro ognun s'accorge, che il Poeta quantunque concicele anch'egli P
inveriRmiglianza, e i' impodibilita di si Rravaganti azioni, pure le
ha adoperate a bello Rudio per sarci ridere, noi ne prendiamo di-
letto, noi ridiamo, e commendiamo la piacevolezza dell'Autore.
Nello Stile dunque burlevole, e ne'Poemi giocoli pedono spacciar-
R limili Fallita, e quelle han forza di dilettarci in qualche ma-
niera, quantunque niun Vero quivi lì proponga all'Intelletto. E di-
co, che quivi nulla s'impara dall'Intelletto, perchè non chiudendoli
in sì fatte Immagini alcun Vero, nè l'avvenuto, o reale, nè il pos-
libile, o verilimilie; ed elsendo il Fallo un Nulla; non può per
conleguente l'Intelletto far'acquilìo veruno di Scienza, ovvero d'O-
pinione, e perciò quindi non nasee la dilettazione, che noi provia-
mo in udir cotali Immagini. Ella nalce bensì dallo (coprire l'inlidie
tele all'Intelletto noslro dalla piacevole Fantalia di quel Poeta, il
quale facendo moRra di volerci inlegnare una cola maravigliola, ci
mette davanti agli occhi un Fantasma, che apparentemente, e per
un poco ha dei maravigliolo, ma dall Intelletto noRro R dìscuo-
pre quaR subito non elser tale, perchè R conolce fondato in aria, e
non sui Vero, che è la baie necedaria del Bello nobile, padre della
vera maraviglia. QueRo (coprir dunque, che non è maravigliolo ciò,
che par tale; e nel medeRmo tempo io Icorgere, che il Poeta con-
Rgliatamente ha fabbricato quell'aereo, e insudiRente Fantasma, noti
per ingannarci, ma perchè avedimo il piacere di mandarlo in fumo
con un'occhiata deli Intelletto noRro, ci muove a riio, e cagiona
dentro di noi una lenRbile dilettazione, che ci fa reRare obbligati a
quei Poeta piacevole. Che le il Poeta Ipaccia ne'suoi Poemi l'Inve-
ridmiie, e l'Impedìbile dilavvedutamente, cioè lenz'avvederR, che gli
avvenimenti non podono, o debbono ragionevolmente parerci VeriR-
mili, e Podìbili; noi di queRe sì fatte Immagini lentiamo noja, e
dispiacere, sì perchè nulla impariamo, e sì perchè riconolciamo mol-
to ignorante colui, il quale o non conolce l'inverilimiglianza, e P
impodìbilita di quelle cole, o Rima noi sì fanciulli da crederle Ve-
riRmili, e Podìbili. Ciò da noi tutto giorno R sperimenta in uden-
do, o leggendo alcun de'moderni Drammi MuRcali, o pure alcune
Tow. VX. P. V. O Tra-
ro, che uiando maniere tanto caricate, ne viene suor d'intenzione il riso. L'Anodo
nel Canto 29. dice della pazzia d' Orlando:
Ca?; /ora#, cVe tyrf y/lry
La vuol far comparire forza d'Eroe, forza più che quella, che anno communemente
gli Uomini. Dà nell'eccedo, e perù nei ridicolo.