432 DEI Ex? PERE ETTTys
E' ben cola malagevole a chi non è provveduto di maggiori
lumi il didinguere quelle de'più rinomati, e valenti Poeti, e parti-
colarmente degli Antichi. Tuttavia le lì adopererà quel compaio,
ohe ci propone il buon Guslo, per misurare il Bello, e il difettoso,
potrà pervenirli ancora a dar giudizio di quegli; e la Natura, mae-
Ilra del diritto giudicare, ci scoprira fedeìmente i viz; anche degli
uomini grandi. Prendiamo dunque l'Idolo de'Greci, e de'primi le-
coli, cioè il Divino Omero, e lupponghiamo, che l'occhio nolìro s*
avvenga nel lib. 14. dell'Iliade, ove i Greci feriti, e condotti a mai
partito da Ettore, non tanno a qual deliberazione appigliarli. Nelìo-
re persuade di non combattere più per allora; Agamennone Re loro
conhglia la fuga (non cerco, le con molta prudenza); quella è ri-
provata da Uiilse. Finalmente s'introduce Diomede a parlare; ed
egli coraggiosamente persuade il proseguir la pugna, non ottante le
loro serite. Ma se ben lì dilamina il ragionamento di quello Eroe
(pollo dal Poeta in ventitré verlì, non apparirà molto verilimile, e
naturale, che Diomede ne Ipenda almen (a) diciadette in contar la
sua Genealogia. Eccovi templicemente pollo in prola Italiana ciò,
ch'egli dice; (b) p Gmri, 7;p%
(v) Dioi<7/7otto. ] Così per l'appunto i Toscani, siccome <a?irioffo, Jirivvvovo. Per-
ciocché l'accento, che è lui dittongo Italiano Jo nella parola Toscana D/ori, nel for-
marli la voce di Diori e /òrto in una loia D/riv/Tòffo, si trae più là, e va a polari! lu'la
prima di /èffe; si iiseia il dittongo, sbattendosene la iubiuntiva. Così Tvovo fa poi Tc-,
7/vro, Gi^oro faceva appreso gli antichi Gi/7r^ro,* appreslo noi, Glos<?r?. E così Diori io,
composìzione fa Diri, per non far forza in due luoghi, e lui dittongo, e suti'accenta
p così agevolarne e lilciar la pronunzia,
(^) Omero nel Lib. XIV, dell'Iliade, secondo la mia traduzione, ^ic$
Oz^ivi ^vwovvcr^o-— Or r/?i rsir^r
Fo^or wi^/ior rii y77q/?o,- c vorr/?io, o ^ipvivo^
C& Tvo/to vo/ovsiori v wo riè ys^ ,
^ ^^q/Io ^^^0 i/ prO^O DiowoJo .*
E/ MOV é /z^?^ové rorrvr/o troppo
^4 voi piv rs 7<opo, /o /^^irsir vo/q/^o,
^Vr poi- ri^/rw voi ^i^/w;7/?o,
PeroA? ow voi io pii? '/ wivor rii v^rir<y.
Di %%ov Fvrsro wi vvvto vvr/;' io por
D'p/7òro, rii Tirioo, rvi ropr) iv To^o,
Lv yprr/P I pq/ri;7 rèo ^ Fortoo
N-^r^voro <1^ rro pijsi povero/?,
D '77 P/o^rovo vèitvro, 0 vo//% qrro//ir
€v/irio770, ^rio, o Mo/^, ori i/ Zorx?
ii rVV^/rV77sO L7700 , ri?/ p.TrsrO wio,
Cèo yh pvriro, 0 iv vv/or p.r/yè ^Mo^/i ^
^vo//i iv/ ri w o/o ; o i/ p^<rsro _wio
Forrvo^l iv ^r^o, rrppro//o vvor ^irvso ,
-ۏo sori pivry/ro v Giovo, e %/i v/rri
D'ys^v//?o &//o^/io o,^// 7Ì7M prq/o.
E' ben cola malagevole a chi non è provveduto di maggiori
lumi il didinguere quelle de'più rinomati, e valenti Poeti, e parti-
colarmente degli Antichi. Tuttavia le lì adopererà quel compaio,
ohe ci propone il buon Guslo, per misurare il Bello, e il difettoso,
potrà pervenirli ancora a dar giudizio di quegli; e la Natura, mae-
Ilra del diritto giudicare, ci scoprira fedeìmente i viz; anche degli
uomini grandi. Prendiamo dunque l'Idolo de'Greci, e de'primi le-
coli, cioè il Divino Omero, e lupponghiamo, che l'occhio nolìro s*
avvenga nel lib. 14. dell'Iliade, ove i Greci feriti, e condotti a mai
partito da Ettore, non tanno a qual deliberazione appigliarli. Nelìo-
re persuade di non combattere più per allora; Agamennone Re loro
conhglia la fuga (non cerco, le con molta prudenza); quella è ri-
provata da Uiilse. Finalmente s'introduce Diomede a parlare; ed
egli coraggiosamente persuade il proseguir la pugna, non ottante le
loro serite. Ma se ben lì dilamina il ragionamento di quello Eroe
(pollo dal Poeta in ventitré verlì, non apparirà molto verilimile, e
naturale, che Diomede ne Ipenda almen (a) diciadette in contar la
sua Genealogia. Eccovi templicemente pollo in prola Italiana ciò,
ch'egli dice; (b) p Gmri, 7;p%
(v) Dioi<7/7otto. ] Così per l'appunto i Toscani, siccome <a?irioffo, Jirivvvovo. Per-
ciocché l'accento, che è lui dittongo Italiano Jo nella parola Toscana D/ori, nel for-
marli la voce di Diori e /òrto in una loia D/riv/Tòffo, si trae più là, e va a polari! lu'la
prima di /èffe; si iiseia il dittongo, sbattendosene la iubiuntiva. Così Tvovo fa poi Tc-,
7/vro, Gi^oro faceva appreso gli antichi Gi/7r^ro,* appreslo noi, Glos<?r?. E così Diori io,
composìzione fa Diri, per non far forza in due luoghi, e lui dittongo, e suti'accenta
p così agevolarne e lilciar la pronunzia,
(^) Omero nel Lib. XIV, dell'Iliade, secondo la mia traduzione, ^ic$
Oz^ivi ^vwovvcr^o-— Or r/?i rsir^r
Fo^or wi^/ior rii y77q/?o,- c vorr/?io, o ^ipvivo^
C& Tvo/to vo/ovsiori v wo riè ys^ ,
^ ^^q/Io ^^^0 i/ prO^O DiowoJo .*
E/ MOV é /z^?^ové rorrvr/o troppo
^4 voi piv rs 7<opo, /o /^^irsir vo/q/^o,
^Vr poi- ri^/rw voi ^i^/w;7/?o,
PeroA? ow voi io pii? '/ wivor rii v^rir<y.
Di %%ov Fvrsro wi vvvto vvr/;' io por
D'p/7òro, rii Tirioo, rvi ropr) iv To^o,
Lv yprr/P I pq/ri;7 rèo ^ Fortoo
N-^r^voro <1^ rro pijsi povero/?,
D '77 P/o^rovo vèitvro, 0 vo//% qrro//ir
€v/irio770, ^rio, o Mo/^, ori i/ Zorx?
ii rVV^/rV77sO L7700 , ri?/ p.TrsrO wio,
Cèo yh pvriro, 0 iv vv/or p.r/yè ^Mo^/i ^
^vo//i iv/ ri w o/o ; o i/ p^<rsro _wio
Forrvo^l iv ^r^o, rrppro//o vvor ^irvso ,
-ۏo sori pivry/ro v Giovo, e %/i v/rri
D'ys^v//?o &//o^/io o,^// 7Ì7M prq/o.