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Muratori, Lodovico Antonio
Opere del proposto Lodovico Antonio Muratori già bibliotecario del Serenissimo Signore Duca di Modena (Band 9,1) — Arezzo, 1769 [Cicognara, 2497-9-1]

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https://doi.org/10.11588/diglit.30674#0466
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434 , DFL ^ FRFETT^
bitare, se que'raggi erano quei dei Sole, o quei di Zelida. Io noa
Io, (e un Poeta polla ulàr Linguaggio più ardito di quello, e sorsè
ci sarà taluno, che non oserà cotanto nè pure in verR. Il medelìmo
Autore dopo aver detto con un bel concetto di contrappoRo, che in
quei Paradifo Zelida paRava il fuo Inferno: rr P^r^Zy,
Z^ZZ^ yà^Zr yòv soggiugne, che R sarebbe potuto dire,
che le Acque, i Fiori, le Piante erano divenute sì belle per la pre-
senza di quella PrincipeRa. L'o?? &<; ^ZZr, Z^-y Z?y PZ^ry,
Zsy FZ^/7^y y'^/ois??; ^w^ZZZ^y yà Altre Immagini
Poetiche, Iperboliche, ed Asfettate R poRimo leggere in quel Libro.
Ma nello Stile de'Prolatori è neceRaria maggior modeRia, e dee la
FantaRa mordere il freno. Saranno talora nobili, e vaghe le Imma-
gini, che s'adoperano in Prcla; ma perciocché avranno il colore Poe-
tico, a lei Riconverranno, come le veRi bizzarre, e giovenili ad
una persbna d'età matura poRa in grave MiniRerio. Bella Immagi-
ne è quella, che ula il Tesàuro nel lib. 20. della Filof. Mor. ove
dopo aver narrato, che Rutilio richiedo da Scauro suo grande ami-
co di una cola ingiuRa negò di farla, dice queRe parole. P ^nZuZ
jsw; Z'^rro, s /incrzo Z^yi<rs. Ma più ac-
conciamente in verR, che in Prola, poteva aver luogo sì fatta Im-
magine. Sarà dunque di meRiere, che collo Rudio de'più famoR Pre-
satori, e Poeti s'intenda bene, qual difserenza palli sra quelli due
Linguaggi, afHnchè la GiuriRlizione degli uni non Ra turbata dagli
altri, e i verR non abbiano odor di Prola, nè la Prola porti la li-
vrea de'verR.
Finalmente un'altro eccello ci è, da cui debbono guardarR i
prudenti, ed è quello del parlare in verR un Linguaggio più che
Poetico. Veggendo alcuni, quanto Ra lodevole in PoeRa l'allontanar-
li dallo Stile del volgo, e il dar maeRà, leggiadria, e novità ai pen-
Reri, s'alzano cotanto, che divengono turgidi, gonR, e disordinati.
Non sanno eRi nominare una colà lenza Metafora, e talora senza
Metafore ardite, e Iperboli smoderate, dai qual vizio non è elente
qualche moderno, anche rinomato. Credono disetto tanto il conce-
pire un penRero, che poteRe cadere in mente ad un'altro, quanto il
veRirlo con ornamenti naturali, e con frale pudica. Quindi s'alzano
sulie penne, e spronano sì sbardellatamente il povero Pegaso verlo
le Stelle, che perdono di viRa la Terra. Un non so qual Poeta,
per delcrivere il luRo degli antichi Romani, sa parlare la sua Mula
in tal modo :
 
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