50 DELLA PERFETTA
ti non può il buon Poeta soddisfare all’Arte col tessere Drammi. E
a questa mia opinione sottoscriveranno forse tutti gli Iotendenti mi-
gliori, se al sapere avranno accoppiata la sincerità, come s ha vera-
mente il Sig. Àpostolo Zeno. Avvegnachè sia questi un riguardevole
componitore di Drammi, pure in una sua lettera mi scrisfe egli una
volta queste parole, che son degne d’estere qui rapportate: Circa i
Drammi, per dir sinceramente il mio sentimento, tuttochb ne abhia
molti compofli, fono il primo a darne il voto della condanna. il lun-
go efercizio mi ha satto conoscere, che dove non ft dà in moltì abust,
perdeft il primo ssne di tali componimenti, che è il diletto » Piu che
ft vuol ssar sulle regole, piu st dispiace ; e se il Libretto ha qualche
lodatore, la Scena ha poco concorfo. Non son diverfì da qqesti i sen-
tirnenti deli’ Ab. de’ Crescimbeni nella sua erudita Istoria della Volg.
Poes. lib. i. pag. 71. e ne’Coment. alla medesima Istoria lib. 1. cap.
12. Quantunque poi non manchino aii’Itaiia nobiiistime Tragedie,
tuttavia stimo di non errar dicendo, che nel Secoio prostìmo pastato
si sarebbe potuto maggiormenre perfezionar l’arte, e la testitura lo-
ro, e che ora i’Itaiia ne avrebbe maggiore abbondanza, se la tiran-
nia de’Drammi Musicaii non avesie occupato ìe migiiori penne, o
fatto perdere la voglia di compor Tragedie vere, giacchè ii plauso
dovuto a queste, tutto per J’addietro si spendeva :in incensar la Mu-
sica delie non iegittime tragedie, (iccome oggidi st dura a spendere.
Quindi è, che ii Teatro Itaiiano ftnora non sa ripigiiare i’antica sua
dignità; nè per avyentura Ja ripigiierà, finchè Ia Magia delia Musi-
ca non cesti alquanto. Nè può già dirsi, che gl’Istrioni pubblici, da’
quali senza Canto si recitano per i’ Italia Tragedie, e Commedie,
mantengano l’onore de’nostri Teatri. Mille difetti pur sì trovano fra
costoro; e il principale sra estì è ia disonestà cle’ior ijiotti, non sa-
pendo ì’ignoranza di cotal gente svegliare il riso per i’ordinario, che
con freddi Equiyocfii, con rissesfioni, ed arguzie lorde, indegne d’
essere udite da civili persone, e che non fanno ridere bene spesso se
non la gente sciocca. Sono poi le Commedie, che da loro si rappre-
sentano, un mescugiio per lo più d’inyerisimili, e di sole bussònerie
i’ una ali’ altra appiccate per far ridere in qualche maniera i loro
ascoiranti. Anzi le Tragedie steste perdono la lor gravità, recitate
da questi Attoii, non soiendo esti, o non voiendo rappresentarie sen-
za mischiarvi personaggi piacevoli, e Comici.
Grave pecestità perciò hannp gl’ Italiani Teatri d’ essere corretti,
e riformati, acciouchè ia Poesia Teatraie ricoveri l’antico suo spien-
dore.
ti non può il buon Poeta soddisfare all’Arte col tessere Drammi. E
a questa mia opinione sottoscriveranno forse tutti gli Iotendenti mi-
gliori, se al sapere avranno accoppiata la sincerità, come s ha vera-
mente il Sig. Àpostolo Zeno. Avvegnachè sia questi un riguardevole
componitore di Drammi, pure in una sua lettera mi scrisfe egli una
volta queste parole, che son degne d’estere qui rapportate: Circa i
Drammi, per dir sinceramente il mio sentimento, tuttochb ne abhia
molti compofli, fono il primo a darne il voto della condanna. il lun-
go efercizio mi ha satto conoscere, che dove non ft dà in moltì abust,
perdeft il primo ssne di tali componimenti, che è il diletto » Piu che
ft vuol ssar sulle regole, piu st dispiace ; e se il Libretto ha qualche
lodatore, la Scena ha poco concorfo. Non son diverfì da qqesti i sen-
tirnenti deli’ Ab. de’ Crescimbeni nella sua erudita Istoria della Volg.
Poes. lib. i. pag. 71. e ne’Coment. alla medesima Istoria lib. 1. cap.
12. Quantunque poi non manchino aii’Itaiia nobiiistime Tragedie,
tuttavia stimo di non errar dicendo, che nel Secoio prostìmo pastato
si sarebbe potuto maggiormenre perfezionar l’arte, e la testitura lo-
ro, e che ora i’Itaiia ne avrebbe maggiore abbondanza, se la tiran-
nia de’Drammi Musicaii non avesie occupato ìe migiiori penne, o
fatto perdere la voglia di compor Tragedie vere, giacchè ii plauso
dovuto a queste, tutto per J’addietro si spendeva :in incensar la Mu-
sica delie non iegittime tragedie, (iccome oggidi st dura a spendere.
Quindi è, che ii Teatro Itaiiano ftnora non sa ripigiiare i’antica sua
dignità; nè per avyentura Ja ripigiierà, finchè Ia Magia delia Musi-
ca non cesti alquanto. Nè può già dirsi, che gl’Istrioni pubblici, da’
quali senza Canto si recitano per i’ Italia Tragedie, e Commedie,
mantengano l’onore de’nostri Teatri. Mille difetti pur sì trovano fra
costoro; e il principale sra estì è ia disonestà cle’ior ijiotti, non sa-
pendo ì’ignoranza di cotal gente svegliare il riso per i’ordinario, che
con freddi Equiyocfii, con rissesfioni, ed arguzie lorde, indegne d’
essere udite da civili persone, e che non fanno ridere bene spesso se
non la gente sciocca. Sono poi le Commedie, che da loro si rappre-
sentano, un mescugiio per lo più d’inyerisimili, e di sole bussònerie
i’ una ali’ altra appiccate per far ridere in qualche maniera i loro
ascoiranti. Anzi le Tragedie steste perdono la lor gravità, recitate
da questi Attoii, non soiendo esti, o non voiendo rappresentarie sen-
za mischiarvi personaggi piacevoli, e Comici.
Grave pecestità perciò hannp gl’ Italiani Teatri d’ essere corretti,
e riformati, acciouchè ia Poesia Teatraie ricoveri l’antico suo spien-
dore.