112 DELLA PERFETTA
pcsse nel messesìmo (a) tempo insegnar i’Italiana. II lodevoiissimo s'i,
ma troppo zelo d’instruire i giovani nei Linguaggio Latino, giunge
a segno di non permetter loro l’esereizio deli’ Itaiiano, e di lasciarii
uscir delle pubbiche Scuole ignorantissimi deila lor favella natia. Da
ciò nasce un gravissìrao danno; ed è, che poscia crescendo ne’giova-
ni l’et'a, e dandosi egiino alio studio delle Scienze, più non soffre
loro ii cuore di ritornare aila Gramatica, e di abbassarsi ad appren-
dere la Lingua. Proprio degli anni teneri è un si fatto studio; e per-
ciò dovrebbe con quel della Lingua Latina congiungersi l’altro deii’
Italiana. Gos\ appunto costuraavano i Romani, sacendo insegnare in
un medefìmo tempo ai lor figliuoli la Greca, e la Latina, come
Quintiiiano nel cap. 2. lib. 1., ed aitri Autori fanno fede. E per-
chè mai non può servarsi anche oggidi nelie pubbliche Scuole la stes-
sa usanza? Insegnisi pure il Latino Linguaggio, rna non si trascuri i’
Italiano; affinchè i giovani per divenir dotti in una Lingua stranie-
ra, e morta, non sieno sempre barbari, e stranieri neJla propria,
e viva loro favella.
Nè a’tempi nostri è difficiie il ben’apprendere la nostra Lin-
gua, dappoichè tanti vaientuomini dopo il Bembo han faticato per
iilustrarla, avendo o composti parecchi libri di Gramatica, o usatala
in trattar tutte l’Arti, e le Scienze, o raccolte in Vocabolarj quasi
tutte le voci, quafì tutte le frasi piu gentili ed eleganti, che s’abbia
ia Lingua. Nei che merita assaissimo d’essere commendata la diligen-
za degii Accademici della Crusca, per opera de’quali abbiamo un s\
ricco Vocaboìario, che può servir di scorta a chiunque brama di
leggiadramente scrivere, e pariare in Italiano. Ed io non so punto
approvare la ritrofìa d’alcuni, che non solamente sdegnagno d’accor-
darsi colle leggi di queila dotta, e famosa Accademia, ma per poco
l’accusano eziandio d’ alterigia, quasi col suo Vocabolario ell’abbia
inte-
(*) Ncl mcdcfimt tcnipe, che s’ inscgna la Latina, insegnare 1* Italiana, non dagli
Autori degli ultimi Secoli, ancorchè ottimi ; ma da que’primi del jqoo, siccome la in-
segnb il Bemho . Intendesi coilc sue distinzioni, e cauteie, e con insegnare il buon’uso
corrente. Ma quegìi non vanno perduti mai di viila, Sono i fondamenti della Lingua,
II non permettere 1’ esercixio dell’ Italiarso a chi studia il Latino, ha per fine di fonda-
re prima nclia Lingua deiie Scienze ; neiia Lingua della Religionej neila Lingua, coila
quale i dotti parlano a tutto il Mondo j nella Lingua, senza la quaie non si perviene a
gran segno nella Volgare. E perchè i giovani s’applicherebbero più volentieri a com-
porre neila propria nativa, come stimata da loro cosa più ageyole, che in una remota
e firaniera, per questo i Maefiri Latini gli tengono in sreno, perchè acerbi ancora del
Latino non volino all* Italiano ; il quale, quando avran satto nel Latino buon fonda-
mento, possono a lor bcli’ agio adornare c ripulire, Potrebbero bene insegnar ìoro a
jw.riare corret.to più che fosse poffìbiie quell’ Itaiiano, che s’ impiega dagl’ ìtaliani ncì
tradurre dal Latino.
pcsse nel messesìmo (a) tempo insegnar i’Italiana. II lodevoiissimo s'i,
ma troppo zelo d’instruire i giovani nei Linguaggio Latino, giunge
a segno di non permetter loro l’esereizio deli’ Itaiiano, e di lasciarii
uscir delle pubbiche Scuole ignorantissimi deila lor favella natia. Da
ciò nasce un gravissìrao danno; ed è, che poscia crescendo ne’giova-
ni l’et'a, e dandosi egiino alio studio delle Scienze, più non soffre
loro ii cuore di ritornare aila Gramatica, e di abbassarsi ad appren-
dere la Lingua. Proprio degli anni teneri è un si fatto studio; e per-
ciò dovrebbe con quel della Lingua Latina congiungersi l’altro deii’
Italiana. Gos\ appunto costuraavano i Romani, sacendo insegnare in
un medefìmo tempo ai lor figliuoli la Greca, e la Latina, come
Quintiiiano nel cap. 2. lib. 1., ed aitri Autori fanno fede. E per-
chè mai non può servarsi anche oggidi nelie pubbliche Scuole la stes-
sa usanza? Insegnisi pure il Latino Linguaggio, rna non si trascuri i’
Italiano; affinchè i giovani per divenir dotti in una Lingua stranie-
ra, e morta, non sieno sempre barbari, e stranieri neJla propria,
e viva loro favella.
Nè a’tempi nostri è difficiie il ben’apprendere la nostra Lin-
gua, dappoichè tanti vaientuomini dopo il Bembo han faticato per
iilustrarla, avendo o composti parecchi libri di Gramatica, o usatala
in trattar tutte l’Arti, e le Scienze, o raccolte in Vocabolarj quasi
tutte le voci, quafì tutte le frasi piu gentili ed eleganti, che s’abbia
ia Lingua. Nei che merita assaissimo d’essere commendata la diligen-
za degii Accademici della Crusca, per opera de’quali abbiamo un s\
ricco Vocaboìario, che può servir di scorta a chiunque brama di
leggiadramente scrivere, e pariare in Italiano. Ed io non so punto
approvare la ritrofìa d’alcuni, che non solamente sdegnagno d’accor-
darsi colle leggi di queila dotta, e famosa Accademia, ma per poco
l’accusano eziandio d’ alterigia, quasi col suo Vocabolario ell’abbia
inte-
(*) Ncl mcdcfimt tcnipe, che s’ inscgna la Latina, insegnare 1* Italiana, non dagli
Autori degli ultimi Secoli, ancorchè ottimi ; ma da que’primi del jqoo, siccome la in-
segnb il Bemho . Intendesi coilc sue distinzioni, e cauteie, e con insegnare il buon’uso
corrente. Ma quegìi non vanno perduti mai di viila, Sono i fondamenti della Lingua,
II non permettere 1’ esercixio dell’ Italiarso a chi studia il Latino, ha per fine di fonda-
re prima nclia Lingua deiie Scienze ; neiia Lingua della Religionej neila Lingua, coila
quale i dotti parlano a tutto il Mondo j nella Lingua, senza la quaie non si perviene a
gran segno nella Volgare. E perchè i giovani s’applicherebbero più volentieri a com-
porre neila propria nativa, come stimata da loro cosa più ageyole, che in una remota
e firaniera, per questo i Maefiri Latini gli tengono in sreno, perchè acerbi ancora del
Latino non volino all* Italiano ; il quale, quando avran satto nel Latino buon fonda-
mento, possono a lor bcli’ agio adornare c ripulire, Potrebbero bene insegnar ìoro a
jw.riare corret.to più che fosse poffìbiie quell’ Itaiiano, che s’ impiega dagl’ ìtaliani ncì
tradurre dal Latino.