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P O E S 1 A L 1 B. 1II. I4S

la lor parfezione, come si vede nelia Greca, e Latina; laonde può
parere inverisimile, che l’Italiana potesfe in un secolo, anzi durante
ia soia vita del Boccaccio, quasi nascere, acquistar corpo, e giunge-
re aila sua più aita perfezione, massimamente sapendosì quanto gran-
de, e universale foise ia rozzezza, ed ignoranza di que’tempi. Fi-
nalmente merita particolar considerazione ciò, che il Petrarca vec-
chio scrive ai Boccaccio suo grande amico, e anch’esso attempato,
intorno allo Stile Voigare, o sia intorno alio scrivere in Lingua Ita-
liana. Ecco Ìe sue paroie prese dalla piiioia 3. dei lib. 5. deile Se-
niii : Mibi aliquando mens fuerat y totum huic 'uulgari fludio tempus
darey quod fìylus altior Latinus eo ufque prifcis ingemis cultus ejjet,
ut psne jam nihil nofìra ope, vel cujuslibet addi pojset ; At bic mo-
do ìnvcntus, adhuc rccens, vajìatoribus crebris, ac raro fqualidus colo-
no, magni fe vel ornamenti capacem ofìenderet y vel ausmenti. ssuid
vis? Hac jpe trassus, Jimulque ftimulis affus adolefce?uiae, magnum
eo in genere opus incoeperam ; jaEl sque jam quasi aedtficii sundamentis
calcem, ac lapides, Ó* lijna co?iPesseram ; dum ad ìiofìram aetatem re-
spictens & fuperbiae matrem, O* ignaviae &c. intellexi tandem molli
Itmo, inflabili arena perdt operam ; meque, laborem meum laceratum
iri. Tanquam ergo qui currens calle medio colubrum ossendit 5 fubfìtti ;

consilium aliud, //f spero, rettius, atque alttus arripui ; quamvis
sparfa illa, brevia y atque vulgaria jam, wr r/òtfs, «o/z amplius,
/&/ 'iWo j potius fntta ejsent. Poscia si volge a declamar contra i’ i-
gnoranza, ia superbia, e i vizj dei secolo suo. Le quali cose da iui
scritte in tempo, che gia le sue Rime, quelle di Dante, e tutte le
Opere migliori del Roccaccio erano pubblicate, aisai palesemente di-
moslrano, come ailora hesfe l’Idioma Italiano. Perciocchè dicesì Io
Stiie Voigare modo inventus, adbuc recens, cioè poco fa nato, e an-
cor bambino; vaftatoribus crebrisy ac raro fquallidus colono {rozzo?

Tow. /X. T. U. T squal-

(<7) Quando il Pctrarca disTe, che Io stile Volqare era wro squaVulus colono, dicea
Vero-, perchè oltre a Dante non ci era chi gli avesse dato luhro, nè era salito su egii
colla gentilislìma sua maniera, nè il luo scolare Boccaccio ; o pure di poco eran saliri
su, nè potevano vederne tutto l’effetto. E di satto il Petrarca sc ne maravigliò delìa
fama, che aveano incontrata fuori della sua cspettazione le sue Rime, e si può dire,
che in parte ne comincialse a sentire qiiello scoppio, che erano per far poi vie più gran-
dislìmo ne’ tempi avvenire. E’ noto il Sonetto: S' ? avesji creauto, cbe sì care Fojser le
voct ds' fosp'tr miei 'n rima. E altrove : che de' suoi detti Jì sacean conscrve in piu db im
luogo. E Dante fu subito Ietto in isludi pubblici, e da per tutto comentato; e dal me-
desìmo Boccaccio letto e spoilo pubblicamente in Firenze. La Dea Maellà per teslimo-
nianza d’Ovidio ne’ Fasli, lo stesso giorno ch’ ella nacque, fu grande. Così la compar-
sa, che fece nel Mondo la noslra Lingua in persona di que’ tre primi Autori, fu tale,
e tanta, che si può dire, che quegli e primi fbsfero, e perfettissimi, come di Omero da
Vellejo fu detto.
 
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