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222 DELLA P ERF ETT A

fìoretnini, e di quei deila Crusca, e degl’Intronati di Siena, sosse
tiata o nascesse vogìia di pubblicar quelie acure censure e difese, ch’
egiino di quando in quando secondo i’idituto delie ioro nobiii Rau-
canze vanno facendo di varj Componimenti Poerici. Poichè senza
faiio s’avrebbe quivi una Scuola maestra per addehrare il Giudizio
altrui alia Crìtica, madre, o figiiuola deii’ottimo Gusfo.

Se non lo slesio , aimeno un simiie benefizio bramo io intanto
di recare ai Lettori di questa Raccoita , si coli’ accennar brevemente
ciò, ch’io giudico intorno a quaisivogiia di questi Componimenti,
come col notare in generale aicune ragioni de’ miei giudizj, cioè le
virtù, ch’io avrò ravvisate o in tutta la forma, o nelle parti prin-
cipali di ciaschedun lavoro. E conciossiachè ben rade sono queiie
Poesie, che possano vantare una perfezione intera, io animosamente
userò il diritto, che hanno tutti i Letterati di notare eziandio quel-
lo, che a me parra eccessio o difetto dell’Ingegno aìtrui. Non inten-
do io gia per questo di approvar per buono tutto ciò, che non avrò
qm riprovato per cattivo. Io non ho voluto essiere così severo, che
notasfi qualunque cosa mi pare, che potessie megiio dirsi o pensarsi.
E nè pure l’ho potuto per amore della brevità, richiedendosi ad un
minuto esame aitre cure ed altra carta. Anzi in grazia deila sfeffia
brevita non ho per lo più rendute minute ragioni de’ miei giudizj,
supponendo io qu vi di scrivere a coioro che o avran ietto, o ahnen
leggeranno in tanti altri Libri di Poetica, e in parte ancora nei pri-
mo Tomo di quesfa Opera, ampiamente espressii gi’insegnamenti, e
le regole, sulìe quaii ho io fondate queife mie sentenze. Ora la pro-
tesfazione da me fatta di non avere accennato qualunque cosa è, o
parmi non assiai beila ne’versi aitrui, tanto più voglìo che accompa-
gni le composizioni de’viventì Autori, quanto più è cosa evidente,
ch’esiino mal volentieri gradirebbono o soffrirebbono la liberra deiia
mia censura, dispiacendo a turti rnmrare, che altri senza etìere invi-
tato alzi pubbiico Tribunale contro l’Opere ioro. Fors’anche ai me-
desimi pari a, ch’ io sia reo di tropp.o ardire, ancorchè abbia ossier-
vato ben pochi nei dentro i versii icro, e gii abbia osiervari coa
tutta la njoddfia possibiie, e non per ambizione di comparir Giudi-
ce di chi merita d’éssiere da me venerato per Maesfro, usiancio io
una Biiosòfica ingenuita, che s’accorda con un’aita ifima ed affezio-
ne alì’aitruì valore.

Ràstà ora, che dichiamo due parole intorno aila diritta maniera
di giudicare gii altrui Componimenti, si per ammaeltramerito d’aicuni,

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