F O E S 1 A L 1 B, 11L x43
non n'erano peranche stabilite le Regole; non era formata la sua
Gramatica; e ciascuno usàva a suo taiento locuzioni, e parole fìra-
nìere, plebee, rozze, senza conoscere quei, che ora sono a noi sole-
eismi, e barbarismi, ch’egli in iscrivendo o parlando commettea.
Quindi nacquero tutti que’disetti di Lingua, che si osìervano ne’ii-
bri di que’tempi, non potendoii ben parlare, o scrivere, senza il
iondamento deila Gramatica, e senza sapere ci.ò ch’è virtù, o vizio
neiia faveiia. Nè vale il dire, che ancor con Soiecismi (a) fì può
puramente in qualunque Linguaggio scrivere, eisendo i soii Barbari-
smi contrarj alia purita delie Lingue; poichè in ogni Lingua è vero
ciò, che fu scritto dail’Autor della Rettorica ad Erennio nel iib. 4.
Latìmtas ( torno a riferir le sue paroie ) eft, qttae sermonem purum
confsr-
»on essersi stabilite le regole, nè porte in iscritto, c scrivendosi tuttavia da tutti, e par-
landosi, in quei tempo regoiatamcnte ( ii che non lì è poi più fatto ne’ Secoii suise-
guenti, nè in Firenxe, nè altrove ) è segno, che in quel tempo era giunta ai non pià
oltre i’Itaiiana favella; e non sa, che le regole naturalmente non ci futìero. Prima una
Lingua fiorisce, e la fan fiorire gii Autori, che ia mostrano, e scuopronla; e poi se ne
formano ie regoie. Anzi quando si sanno le regole, cattivo segno: E’ segno, che la
Lingua non è più nella sua natural perfezione ; è scaduta dal suo primo siore e iustro ;
ha biiogno d’euere puntellata, perchè non sinisca di rovinare. Qiiando Demostene face-
va quelle beiie Orazioni, non vi avea Gramatici, che dirteso avessero Ie coniugaziont
de’verbi; nè le regole pcr domande e risposte avea fatte alcun Crisolora. Nei tempo di
Omero non vi era alctma Poetica; ma tutte le Poetiche, e queiia principaie di Aristo-
tile hanno prese da lui principalmente le regole, tratte dalla iettura, e osservazione su.
i migliori Poeti. Così le Gramatiche son iempre, e hanno da essere sempre posteriori
al tempo di quegli antichi, che come Maestri di Lingua sono citati nelle Gramatiche .
Dei resto, se io leggo qualsisia Manoscritto dei iqoo. o sia d’ Idiota, o sia di Lettera-
to: io lo trovo sempre più accordato, regoiato, e uniforme, che non sono, con tutte
le Gramatiche, tutti gii odierni componimenti ; e non veggio in ioro questo usare a suo
talento, come si suppone, locuzioni , e parole straniere, piehee, rozze, fenza conofcere
i solecismi, e Barbarismi. Gli veggio moito uguaii, e corretti, come se tutti d’una boc-
ca parlassero, e uno stile avessero: segno della bontà, e purità del Linguaggio, mante-
nuto schietto, e sincero, e non ancora imbastardito e guasto. Che per rimetterlo nella
sua pristina limpidezza s’ assaticavano poscia tutti i Gramatici. Comincia prima il buon
uso, e ’1 buon tempo d’una Lingua; e quando ella ha presa buona forrnazione, e per
pubblico tacito accordo del Popolo, c.he naturalmente Ia parla, fì è venuta a fare rego-
lata e pulita, allora escono in campo gli Scrittori, che l’ abbeiliscono, e le dan grido.
Come iono le cose umane, quel felice tempo, che ricca mess'e di Scrittori produsse, sca-
de, e non dura. Allora viene in soccorso la nazione de’Gramatici ; e sponendo, e chio-
sando gli antichi; e quegli avendo in riverenza, le buone regole del parlare ne trae; e
viene, in quel modo che si puote, a rinnovellare e perpetuare quel tempo, e fare, che
i successori godano al possìbile, bello e intatto il glorioso retaggio delia migliore, e
della più puiita favella.
(rf) Con Solecismi non si può puramente in qualunque Linguaggio scrivere; percioc-
cbè è peggior vizio del Barbarismo il Solecismo. Non si può dire peggio, che sconcor-
tlanza; e fare le discordanze, scrivendo in Volgare, cosa è vergognosissima. E perciò
è necessario, malTime a noi Fiorentini, che abbiamo nei nost.ro parlare ordinario faitiilia—
ri una mano di sconcordanze tramandateci dal Secolo del 1400. in cui st guastò la Lin-
gua, checchè cagion se ne fuste, il ricorrere alle Gramatiche; e non avere baldanza per
ìa massa naturale clalle voci, e de’ modi, che è ricca e leggiadra; poicfiè ua Solecistuo,
«he icappi in nobile e pensata scrittura, corrompe tutto.
non n'erano peranche stabilite le Regole; non era formata la sua
Gramatica; e ciascuno usàva a suo taiento locuzioni, e parole fìra-
nìere, plebee, rozze, senza conoscere quei, che ora sono a noi sole-
eismi, e barbarismi, ch’egli in iscrivendo o parlando commettea.
Quindi nacquero tutti que’disetti di Lingua, che si osìervano ne’ii-
bri di que’tempi, non potendoii ben parlare, o scrivere, senza il
iondamento deila Gramatica, e senza sapere ci.ò ch’è virtù, o vizio
neiia faveiia. Nè vale il dire, che ancor con Soiecismi (a) fì può
puramente in qualunque Linguaggio scrivere, eisendo i soii Barbari-
smi contrarj alia purita delie Lingue; poichè in ogni Lingua è vero
ciò, che fu scritto dail’Autor della Rettorica ad Erennio nel iib. 4.
Latìmtas ( torno a riferir le sue paroie ) eft, qttae sermonem purum
confsr-
»on essersi stabilite le regole, nè porte in iscritto, c scrivendosi tuttavia da tutti, e par-
landosi, in quei tempo regoiatamcnte ( ii che non lì è poi più fatto ne’ Secoii suise-
guenti, nè in Firenxe, nè altrove ) è segno, che in quel tempo era giunta ai non pià
oltre i’Itaiiana favella; e non sa, che le regole naturalmente non ci futìero. Prima una
Lingua fiorisce, e la fan fiorire gii Autori, che ia mostrano, e scuopronla; e poi se ne
formano ie regoie. Anzi quando si sanno le regole, cattivo segno: E’ segno, che la
Lingua non è più nella sua natural perfezione ; è scaduta dal suo primo siore e iustro ;
ha biiogno d’euere puntellata, perchè non sinisca di rovinare. Qiiando Demostene face-
va quelle beiie Orazioni, non vi avea Gramatici, che dirteso avessero Ie coniugaziont
de’verbi; nè le regole pcr domande e risposte avea fatte alcun Crisolora. Nei tempo di
Omero non vi era alctma Poetica; ma tutte le Poetiche, e queiia principaie di Aristo-
tile hanno prese da lui principalmente le regole, tratte dalla iettura, e osservazione su.
i migliori Poeti. Così le Gramatiche son iempre, e hanno da essere sempre posteriori
al tempo di quegli antichi, che come Maestri di Lingua sono citati nelle Gramatiche .
Dei resto, se io leggo qualsisia Manoscritto dei iqoo. o sia d’ Idiota, o sia di Lettera-
to: io lo trovo sempre più accordato, regoiato, e uniforme, che non sono, con tutte
le Gramatiche, tutti gii odierni componimenti ; e non veggio in ioro questo usare a suo
talento, come si suppone, locuzioni , e parole straniere, piehee, rozze, fenza conofcere
i solecismi, e Barbarismi. Gli veggio moito uguaii, e corretti, come se tutti d’una boc-
ca parlassero, e uno stile avessero: segno della bontà, e purità del Linguaggio, mante-
nuto schietto, e sincero, e non ancora imbastardito e guasto. Che per rimetterlo nella
sua pristina limpidezza s’ assaticavano poscia tutti i Gramatici. Comincia prima il buon
uso, e ’1 buon tempo d’una Lingua; e quando ella ha presa buona forrnazione, e per
pubblico tacito accordo del Popolo, c.he naturalmente Ia parla, fì è venuta a fare rego-
lata e pulita, allora escono in campo gli Scrittori, che l’ abbeiliscono, e le dan grido.
Come iono le cose umane, quel felice tempo, che ricca mess'e di Scrittori produsse, sca-
de, e non dura. Allora viene in soccorso la nazione de’Gramatici ; e sponendo, e chio-
sando gli antichi; e quegli avendo in riverenza, le buone regole del parlare ne trae; e
viene, in quel modo che si puote, a rinnovellare e perpetuare quel tempo, e fare, che
i successori godano al possìbile, bello e intatto il glorioso retaggio delia migliore, e
della più puiita favella.
(rf) Con Solecismi non si può puramente in qualunque Linguaggio scrivere; percioc-
cbè è peggior vizio del Barbarismo il Solecismo. Non si può dire peggio, che sconcor-
tlanza; e fare le discordanze, scrivendo in Volgare, cosa è vergognosissima. E perciò
è necessario, malTime a noi Fiorentini, che abbiamo nei nost.ro parlare ordinario faitiilia—
ri una mano di sconcordanze tramandateci dal Secolo del 1400. in cui st guastò la Lin-
gua, checchè cagion se ne fuste, il ricorrere alle Gramatiche; e non avere baldanza per
ìa massa naturale clalle voci, e de’ modi, che è ricca e leggiadra; poicfiè ua Solecistuo,
«he icappi in nobile e pensata scrittura, corrompe tutto.